ORA SÌ CHE È CRISI DAVVERO: GLI ITALIANI RINUNCIANO ANCHE A RICOMPRARSI IL CELLULARE

Gianluca Nicoletti per "La Stampa"

Aprile è il mese più crudele. L'ha poeticamente scritto Eliot nell'incipit de «La terra desolata», lo dice oggi con angoscia la Confcommercio, segnalandoci che le famiglie italiane, per la prima volta, hanno tagliato le spese nel campo delle comunicazioni.

Sembra l'inizio di una vera desolazione emotiva, mai prima d'ora la crisi aveva addentato quella che sembrava l'ultima, e intoccabile, voce nella lista delle voluttà cui dover rinunciare.

L'annuncio cade sul fare dell'estate, in totale controtendenza rispetto a quanto è finora avvenuto, tanto da sembrare di pessimo auspicio per la spensieratezza cui questo periodo dovrebbe corrispondere.

Prima di questo maledetto aprile mai c'eravamo fatti mancare alcunché, nella vasta possibilità di rinnovare periodicamente il nostro parco macchine, composto di telefonini, smartphone e tablet.

Ci siamo sentiti pronti a rinunciare a tutto, ma giammai a mantenere alta la frequenza di upgrade delle nostre fantastiche protesi relazionali. Eravamo quindi sempre riusciti egregiamente a destinare una parte del sempre più magro budget domestico all'ultimo modello di qualcosa che servisse per segnalare la nostra esistenza, ancor più per farci sentire parte di un'umanità perennemente connessa.

L'ultimo baluardo della speranza di una ripresa era rappresentato proprio da quella nostra residua, e tenace, volontà di non rinunciare a restare in contatto tra noi; anche per dirci nulla, pure per futilissime attività, persino per sentirci perdutamente dipendenti da un tweet che ci segnalasse l'attenzione di un nostro simile, da una faccina sorridente che ci corroborasse un'illusione amorosa, dalla possibilità di mettere in comune all'istante la foto che sanciva un nostro banalissimo attimo, pur sempre degno di passare alla dimensione eccelsa dell'epica digitale.

Le difficili condizioni occupazionali e reddituali delle famiglie, spiega nel freddo linguaggio dei numeri la Confcommercio, rappresentano un impedimento crudele alla voglia di spendere, in particolare l'aggravarsi della congiuntura che non accenna a diminuire è arrivata a erodere anche quelle sacche di spesa che ancora avevano fino ad oggi resistito. Questo significa che ci stiamo rassegnando a essere, oltre che più poveri, anche scomunicati.

Lo scomunicato è sempre stato condannato a essere un reietto, una persona con cui nessuno poteva più parlare, né comunicare per iscritto, né stare sotto lo stesso tetto, né leggere qualsiasi cosa lui potesse scrivere.

In questi termini, a metà del Seicento, fu condannato Spinoza in quanto eretico, se oggi volessimo rileggere il verdetto della Confcommercio come una moderna scomunica, dovremmo cominciare a riflettere sul fatto che di questo passo arriveremo a negarci di accarezzare un touch screen ancora vergine, mai più potremo sognare la vertigine del multitasking ostentando l'ultimo modello di smartphone, quello di cui esiste qualche fantomatica anticipazione solo nei forum dei cyber tossici.

 

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