gentiloni bollore tim

LA SANTA ALLEANZA PER DISARCIONARE BOLLORE’ (PER LA GIOIA DI MACRON) – LA CASSA DEPOSITI A BRACCETTO CON ELLIOT CONTRO VIVENDI: PRENDERA’ IL 5% DI TIM PER BLOCCARE I FRANCESI – VIA LIBERA A GENTILONI ANCHE DA BERLUSCONI, LEGA E PURE CINQUE STELLE – BLITZ DECISO DURANTE IL WEEK END DI PASQUA

 

1. IL DOPPIO GIOCO DI MUSTIER E DONNET

Andrea Greco per la Repubblica

 

Controffensiva patriottica su Tim. Con un blitz deciso nel ponte di Pasqua il governo sguinzaglia la Cassa depositi e prestiti sul dossier più delicato e congegna un' operazione che dovrebbe estromettere Vivendi dal controllo della società.

FABIO GALLIA CLAUDIO COSTAMAGNA

 

Il consiglio di Cdp, oggi, dovrebbe infatti deliberare l' acquisto sul mercato di una quota fino al 5% di Tim. Un "presidio", lo definiscono fonti di governo. Lo schema, secondo due fonti attive sul dossier, sarebbe quello di schierare il pacchetto già nell' assemblea del 24 aprile dove il fondo attivista Elliott metterà ai voti la sua proposta di sostituire sei consiglieri di nomina Vivendi con altrettanti nomi di "indipendenti" non legati ai francesi.

 

La mossa è stata rinvigorita dal parere del collegio sindacale di Tim, che ha ribaltato l' iniziale decisione del cda. E Cdp, nei piani, si dovrebbe schierare con il suo 5% o la quota che avrà al momento, proprio a fianco di Elliott. Il governo in carica vuole infatti assicurarsi che il piano di Elliott vada a buon fine, e schiera le munizioni pesanti - un investimento che potrà arrivare a circa 750 milioni - per escludere che qualche tribunale possa modificarla.

 

vincent bollore

Il passo successivo è quello di far convolare la prossima Tim a trazione mista "di Stato e di mercato" verso una fusione con Open Fiber, la controllata di Enel e della stessa Cdp nata per stendere la fibra ottica in Italia. Il governo guardava da alcuni giorni con interesse al tentativo di formare una lista comune di candidati consiglieri, tra Elliott e i fondi di investimento italiani, per l' assemblea Tim del 4 maggio, chiamata a eleggere il cda dopo che Vivendi, primo azionista con il 24%, con mossa tattica aveva ritirato i suoi amministratori per ostacolare l' ascesa di Elliott.

philippe donnet

 

C' era tempo fino a martedì perché Elliott integrasse l' odg assembleare, e chiedesse la nomina di un presidente "indipendente" da parte di tutti i soci, facendo confluire il suo 9,9% in Tim con le quote dei fondi istituzionali in una lista di minoranza, ma garantita da un presidente super partes.

 

L' offerta non si è mai concretizzata, si dice per la freddezza dei gestori dei fondi che fanno capo a Generali e a Unicredit. Due colossi retti dai manager francesi Philippe Donnet e Jean Pierre Mustier, che avrebbero preso parte per Vivendi e messo in minoranza i fondi di Intesa Sanpaolo; confortati anche dai buoni rapporti con Mediobanca, di cui Bolloré è secondo socio, e dello scetticismo del ministro del Tesoro Pier Carlo Padoan.

 

JEAN PIERRE MUSTIER

Sfumata questa opzione, rischiava di concretizzarsi uno scenario a tre liste: Vivendi, i gestori e il fondo Usa. Scenario che avrebbe consegnato la maggioranza dei voti e del cda ancora ai francesi. Per scongiurarlo, si è mosso Palazzo Chigi, sentiti anche i leader dei partiti. In una riunione fra il premier Paolo Gentiloni, il ministro dello Sviluppo Carlo Calenda e lo stesso Padoan, si è imposta la volontà dei primi due.

 

franco bernabe

Da qui il mandato ai consiglieri di Cdp. Se nell' assemblea Tim del 24 aprile sarà nominato il consigliere Amos Genish (finora cooptato), il cui ruolo come amministratore delegato pare andare bene a tutti, se poi Elliott nominerà i suoi sei consiglieri, affiancandoli ai cinque della minoranza e a Franco Bernabé, a quel punto mancherebbero due consiglieri per i 15 previsti dal nuovo statuto Tim. Due figure da cooptare con calma. A quel punto l' assemblea del 4 maggio potrebbe essere sconvocata e a Vivendi non resterebbe che trascinare Tim in una guerra di tribunali. E lo Stato italiano dietro di lei.

 

2. LE LARGHE INTESE SI FANNO SOLO NELLA FINANZA

Francesco Manacorda per la Repubblica

 

Un fondo attivista Usa, un governo moderato e per di più in uscita come quello di Paolo Gentiloni, i vincitori di segno opposto scelti dalle ultime elezioni. Tutti uniti nella lotta. Solo lo spregiudicato finanziere francese Vincent Bolloré poteva riuscire - suo malgrado - a cementare una così improbabile alleanza. Eppure, se il copione scritto in queste ultime ore andrà in scena come previsto, le scelte dettate da pura logica finanziaria del fondo Elliott, le preoccupazioni del governo uscente sui rischi di una gestione troppo disinvolta di un asset nazionale e le aspettative di centrodestra e Cinque Stelle si allineeranno in modo quasi miracoloso nella prossima assemblea della Telecom Italia.

 

berlusconi bollore vivendi mediaset

Tutti uniti con l' obiettivo appunto di disarcionare Bolloré e i suoi fedelissimi dal consiglio d' amministrazione.

 

A guardare il ribaltone clamoroso con la lente della politica ecco la grande coalizione - impossibile in Parlamento - materializzarsi a sorpresa in campo finanziario. Il Pd e i tecnici d' area come Padoan, e soprattutto Calenda, che dicono basta alle scorribande finanziarie in terra italiana del corsaro Bollorè e decidono di stabilire un "presidio" in Telecom attraverso la quota Cdp; un Berlusconi che pur decadente patron di Forza Italia non può che gioire nel vedere un altro colpo assestato all' ex amico Vincent che voleva sfilargli Mediaset, peraltro subito dopo il cazzotto che lo stesso Berlusconi si è premurato di sferrargli firmando un' alleanza a sorpresa tra la tv del Biscione e Sky; e poi la Lega neonazionalista ed antieuropeista che non disdegna certo un intervento in nome del pubblico contro i capitali stranieri, fino ai 5 Stelle che proprio ieri hanno chiesto di «riprendere da mano straniera la nostra infrastruttura tecnologica e di telecomunicazioni».

 

paul singer fondo elliott

Il governo uscente ha vissuto male - per usare un eufemismo - le mosse scomposte - altro eufemismo - di Bollorè. Nella lista delle contestazioni che nessuno potrà mai fare pubblicamente ai francesi, ma che pesano molto nella decisione presa, c' è non solo l' arroganza del bretone che è sbarcato in una società strategica italiana senza bussare alla porta, anzi infilando un piede nel battente, ma anche alcune mosse successive.

 

Ad esempio quelle che lo stesso governo attribuisce a Unicredit e Generali, entrambe oggi a guida francese, per spingere i fondi di investimento italiani a presentare una lista diversa da quella di Elliott. O la lettera spedita qualche settimana fa dal ministero dello Sviluppo economico a Telecom per chiedere di andarci piano con le gare al massimo ribasso su call center e appalti vari, dove a sorpresa era spuntata anche una società francese.

 

BOLLORE' VIVENDI

Certo è che l' ingresso di Cdp nel capitale di una società privata, con l' obiettivo dichiarato di "presidiare" Telecom ed entrare nella conta dei voti tra i soci, suscita più di una perplessità. Perplessità che dai palazzi del governo si rimandano al mittente anche ricordando che la Caisse des dépots et consignations - l' equivalente francese della Cdp - è andata spesso in assemblea di Telecom con una quota sopra l' 1%.

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