SVIZZERA MON AMOUR! - I GRANDI PATRIMONI NON SCAPPANO PIÙ PERCHÉ SONO GIÀ SUI C/C DI LUGANO (E SINGAPORE), ORA TOCCA AI PICCOLI GRUZZOLI, “QUELLI DEGLI IMPRENDITORI CHE HANNO PAURA CHE IL FISCO ITALIANO SI MANGI TUTTO” - NEL 2011 LA FINANZA HA INTERCETTATO 15 MLN € E PIÙ DI 51 MILA FRONTALIERI A CACCIA DI LAVORO - IL GOVERNO ELVETICO STA INTRODUCENDO TASSE DI SUCCESSIONE MOLTO PIÙ ELEVATE CHE IN PASSATO, E L'EUROPA PREME OGNI GIORNO PER MAZZOLARE I FUGGITIVI...

Claudio Del Frate per il "Corriere della Sera"

Avremo anche la mozzarella pugliese che viene dalla Svizzera. A prima vista sembra una specie di ogm e invece è un'idea con la quale occorrerà fare i conti. Tra le circa 100 imprese italiane che nel corso del 2011 hanno provato a traslocare armi e bagagli a nord di Chiasso c'è anche un caseificio pugliese. Grandi movimenti si susseguono da mesi sulla linea di confine tra Lombardia e Canton Ticino;

e se il fenomeno delle aziende che delocalizzano in Svizzera è quello più nuovo, anche capitali e persone cercano riparo o fortuna oltreconfine: a dispetto di qualunque crisi nel corso del 2011 il numero dei cosiddetti frontalieri (lavoratori che hanno residenza in Italia e impiego in Svizzera) è cresciuto del 7,8% mentre la Guardia di Finanza di Como nello stesso periodo ha stanato, attraverso controlli di frontiera e bancari, oltre 40 mila euro al giorno di contanti fuggiti verso conti di Lugano.

Il destino dell'Italia in tempo di crisi, verrebbe da dire, resta lo stesso da secoli: emigrare. E la regola stavolta vale sotto molteplici aspetti. Tanto da dare vita a professioni nuove, come il «facilitatore» per le piccole e medie imprese. Gianluca Marano è uno di loro: il suo studio fa da apripista alle aziende tricolori che sempre più numerose decidono di aprire una sede nella Svizzera italiana.

Ultima ad aggiungersi all'elenco è Tom Ford, la «griffe» della moda che ha avviato una struttura logistica a Stabio, appena un passo al di là del confine, preceduta nel recente passato da altri marchi dell'abbigliamento come Ermenegildo Zegna, Prada, North Face.

«Ma tra marzo e oggi - sottolinea Marano - almeno un centinaio di persone hanno chiesto come fare a spostare l'azienda in Ticino; e un terzo di loro ha mandato in porto l'operazione». Le ragioni di tale migrazione, incurante del fatto che la manodopera a Lugano o Bellinzona costa di più rispetto alla Lombardia o al Veneto sono elencate dallo stesso Marano: «Tasse che non superano il 20%, burocrazia e giustizia efficienti, stabilità politica e pace sindacale. Dunque, non sono gruppi che aprono qui una semplice "azienda di carta" per sfuggire al fisco. È il sistema elvetico ormai a proporre condizioni di lavoro migliori rispetto all'Italia».

Le imprese intenzionate a spostarsi sono aumentate proprio in coincidenza della crisi e dello spauracchio di nuove tasse in Italia. E non solo loro: nei primi 11 mesi dell'anno appena concluso le Fiamme Gialle hanno intercettato o portato alla luce 15 milioni di euro esportati; fatto il banale conto della serva fanno una media di 41 mila euro al giorno, ma si tratta solo della quota incappata nelle maglie dei controlli.

«Quello a cui stiamo assistendo - commenta Luca M. Venturi, consulente a Lugano - è la dimostrazione della paura che sta assalendo parti della società italiana. Non stanno scappando i grandi patrimoni, che magari sono in Svizzera da decenni, ma i piccoli gruzzoli, quelli di piccoli imprenditori che hanno paura che il fisco italiano si mangi tutto. Ecco allora le aziende che delocalizzano, ecco quelli presi in dogana con i contanti. Ecco spiegato persino l'aumento dei frontalieri».

La Svizzera, dal canto suo, non respinge nessuno: non le imprese, come s'è visto e nemmeno i lavoratori italiani (anche a dispetto delle campagne della Lega dei Ticinesi, partito che con i suoi toni anti italiani ha scalato le vette del consenso popolare): i frontalieri nel 2011 hanno sfondato quota 51 mila unità con una crescita come detto del 7,8%.

A voler cercare altri segnali di questi «movimenti di confine» basta gettare un'occhiata al sito del Centro di studi bancari di Vezia, autorevole «think tank» finanziario diretta emanazione dell'associazione dei banchieri rossocrociati. Per il 20 gennaio prossimo ha in programma un incontro di formazione dall'eloquente titolo: «Imposta sullo scudo e patrimoniale estera. Prima analisi della manovra salva-Italia».

E sempre sullo stesso sito ecco cosa scrive Karin Meiners a proposito di un altro convegno dal titolo «Pianificazione finanziaria in una logica transfrontaliera»: «Vi sono strumenti e veicoli di diritto lussemburghese particolarmente interessanti per il contribuente italiano. E' possibile proporre alla clientela soluzioni di pianificazione patrimoniale previste dalla piattaforma lussemburghese». Come dire che la piazza finanziaria elvetica torna a strizzare l'occhio alla clientela italiana desiderosa di traghettare i suoi beni verso lidi sicuri.

Ma anche il fortino svizzero potrebbe rivelarsi ben presto meno accogliente per gli esportatori di capitali e di patrimoni: il governo elvetico sta introducendo tasse di successione molto più elevate che in passato tanto che i notai di tutta la Confederazione stanno ricevendo una marea di domande di donazioni (anche da parte di cittadini stranieri) da padre ai figli. Senza contare che l'Europa preme ogni giorno per una tassazione severa dei depositi di cittadini stranieri in Svizzera.

 

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