QUELLO SPAVALDO DI BERNESCHI - NONOSTANTE IL SILURO PARTITO A SETTEMBRE, l’EX PRESIDENTE ALLA FINE DI APRILE SI ERA PRESENTATO ALL'ASSEMBLEA DI CARIGE CON L'1,34% DEL CAPITALE, SOPRATTUTTO PER CONTO DEL MISTERIOSO CENTRO FIDUCIARIO SU CUI ORA INDAGA LA PROCURA...

Carlotta Scozzari per Dagospia

Al diavolo i rilievi di Bankitalia e le pulci al bilancio di Consob. Deve aver ragionato così l'ex presidente di Carige, Giovanni Berneschi, se si pensa che, nonostante il polverone che si era sollevato già da febbraio del 2013 e che a fine settembre aveva portato alla sua uscita dalla banca, ha tranquillamente continuato a parlare al telefono delle presunte operazioni irregolari su cui ora sta indagando la Procura di Genova.

Addirittura, lo faceva dal quell'ufficetto a due passi dalla banca ligure che gli avevano affidato quasi come contentino dopo la sua uscita di scena e che è facile ipotizzare fosse, per usare un eufemismo, tenuto sotto massima sorveglianza dalle authority, che ormai già avevano drizzato le antenne sulla Carige.

Ma il banchiere settantasettenne, dal carattere spigoloso e con il piglio del comando, forse ha davvero ritenuto di essere invincibile. Altrimenti non si spiegherebbe perché, ancora nei giorni scorsi, quando già era agli arresti domiciliari, sbraitasse e impartisse ordini mentre faceva telefonare dalla moglie a un broker che, a quanto riportato oggi dai giornali, si sarebbe dovuto occupare di "spostare soldi". Un'intercettazione che gli è costata la "spedizione" in carcere senza nemmeno più passare dal "via" degli arresti domiciliari, nell'ambito dell'inchiesta che vede i pm genovesi indagare sulla distrazione di una ventina di milioni che da Carige Vita Nuova avrebbe preso la direzione della Svizzera.

Nell'ambito della stessa indagine, gli inquirenti si sono concentrati anche sul ruolo di "scudo" di alcuni clienti vip (da intendersi come amici di Berneschi) che avrebbe ricoperto negli anni il Centro Fiduciario collegato alla banca. E a confermare la sensazione di invincibilità che, nonostante tutto, Berneschi sembra avere provato fino a pochissimo tempo fa (e che forse prova ancora) è anche il fatto che l'ex banchiere, soltanto il 30 aprile scorso, si è recato spavaldo all'assemblea di Carige, forte dei suoi quasi 1,5 milioni di azioni ordinarie, pari allo 0,069% del capitale dell'istituto di credito, votando a favore di tutte le proposte, compresa quella legata all'approvazione del bilancio del 2013.

A questi titoli vanno, però, sommati gli altri 2,77 milioni che Berneschi aveva in mano per delega della moglie Umberta Rotondo e del figlio Alberto, ma soprattutto i quasi 12 milioni di azioni che aveva in delega proprio per conto del Centro Fiduciario, che pure in questo caso fa da schermo ai soci effettivi. In altri termini, all'ultima assise dei soci, Berneschi si è presentato con un totale di circa 16,2 milioni di titoli, corrispondenti all'1,34% del capitale ordinario della banca. Mica male per un manager appena spedito via dalla presidenza dello stesso istituto di credito.

Va ricordato che lo stesso ex manager, con i suoi familiari, fa parte di un mini patto di sindacato che include, tra gli altri, Coop Liguria, le famiglie Gavio e Bonsignore e alcune piccole fondazioni. Il fatto che Berneschi continui ad avere un piede dentro Carige come azionista sembra in qualche modo avvalorare la tesi complottista di qualche osservatore, secondo cui con il presunto tesoretto accumulato in Svizzera Berneschi avrebbe potuto decidere di partecipare all'aumento di capitale che Carige sta per avviare, così da tornare in plancia di comando. Se è così, l'anziano ex banchiere non aveva calcolato che i magistrati avrebbero potuto fare saltare il suo progetto.

 

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