SPEZZATINO TELECOM: I TELEFONINI AI CINESI, LA RETE ALLO STATO (CDP)

1. SOCI TELCO IN CAMPO PER TUTELARSI DALLA CARTA CINESE
Marigia Mangano per "Il Sole 24 Ore"

Si aspettava un mandato esplorativo per approfondire i contatti con i cinesi di Hutchinson Whampoa nel giro di 3-4 mesi. Ha dovuto incassare, a sorpresa, l'istituzione di un comitato tecnico che lo affiancherà in questi approfondimenti da chiudere in tempi molto più stretti, si parla di 2 o 3 settimane.

Franco Bernabè, presidente di Telecom Italia - dicono - è rimasto spiazzato. Sarà infatti un comitato ristretto composto oltre che da due indipendenti (Luigi Zingales e Elio Catania), dai rappresentanti del primo azionista italiano di Telco, Generali (Gabriele Galateri di Genola), e dal primo socio straniero, Telefonica (Julio Linares) a dire l'ultima parola su un progetto che, allo stato attuale, sembra vedere Telco piuttosto fredda. All'interno le posizioni sono sfumate, con alcuni soci più possibilisti, ma è opinione condivisa che la strada H3g sia una matassa assai difficile da gestire.

Che la tensione tra i soci e il management fosse già particolarmente alta lo si era capito negli scorsi mesi. Non foss'altro perché nella riunione del cda che si è tenuta agli inizi di marzo i malumori sono filtrati, con una lettura critica dei risultati ottenuti dall'attuale management.

E non è un mistero che gli azionisti italiani di Telco, ovvero Mediobanca, Generali e Intesa Sanpaolo, siano insoddisfatti dei risultati e della strategia finora attuata dall'operatore tlc. Questo dopo aver visto in Borsa il titolo Telecom Italia scendere senza freni e i dividendi dimezzarsi con conseguenze importanti sugli equilibri finanziari del veicolo a cui fa capo il 22,4% di Telecom Italia.

Criticità della gestione, si diceva. Ed è proprio questo il punto chiave su cui i soci Telco si sono più volte confrontati con un inevitabile aumento del pressing nei confronti di Bernabè. L'erosione della marginalità, la mancanza di un progetto industriale di ampio respiro e più proiettato fuori dai confini nazionali e le quotazioni di Borsa sono i tre elementi chiave che vengono sollevati all'attuale gestione.

Per gli azionisti, è opinione unanime, serve un deciso cambio di passo in termini di strategia. Ma da qui a dire che H3g sia la soluzione, ce ne passa. Certo, vale la pena valutare in modo approfondito tutte le strade, ma la scelta è stata quella di seguire da vicino l'evoluzione di questa partita che, allo stato attuale - si osserva - presenta delle criticità. Tra queste il fatto, non secondario, che il gruppo di Li Ka Shing brucia cassa e non si vedono grandi margini di sviluppo, senza contare i rischi legati all'Antitrust.

Negli ultimi giorni, inoltre, si sarebbe registrata una chiusura più esplicita da parte di Telefonica di fronte a tale ipotesi. Non a caso proprio ieri, secondo quanto si apprende, nel corso della riunione del consiglio di amministrazione di Telecom Italia gli spagnoli avrebbero fatto un intervento molto critico sull'andamento dell'azienda. Ora: proprio gli spagnoli rappresentano un tassello cruciale negli equilibri di Telco.

A loro spetta infatti il diritto di prelazione nel caso i soci italiani della scatola a cui fa capo il 22,4% di Telecom Italia decidesse di vendere i loro titoli. E i soci italiani, dunque, non possono non tenerne conto. Del resto Telefonica, in quanto partner industriale, rappresenta il socio più titolato a verificare le opportunità strategiche del gruppo Telecom, anche in termini di potenziali alleanze e percorsi di consolidamento a livello geografico. Ai partner italiani - Generali, Intesa Sanpaolo e Mediobanca - che per forza di cose sono soci finanziari spetterebbe invece l'onere di trovare una quadra per il rinnovo del vertice.


2. IMPOPOLARE SPEZZATINO BUONO SOLO PER LA BORSA
Antonella Olivieri per "Il Sole 24 Ore"

L'odore di spezzatino da sempre aguzza l'appetito della Borsa. E se la situazione è sufficientemente fluida e confusa per poter trarre conclusioni, le premesse per uno smembramento di Telecom ci sono tutte. Se l'ipotesi di integrazione con 3 Italia andasse avanti sul percorso delineato da Hutchinson Whampoa, non sarebbe Telecom a rilevare 3, bensì H3G a rilevare Telecom.

Il gruppo che fa capo al magnate Li Ka Shing ha confermato che il conferimento di 3 in Telecom si farà solo se Hong Kong entrerà nella stanza dei bottoni, quale nuovo azionista di riferimento dell'incumbent tricolore. Ben lontani i tempi della mamma di tutte le Opa, un'offerta da 100mila miliardi di vecchie lire.

Il controllo di Telecom è prezzato dai cinesi quanto il più piccolo degli operatori mobili del mercato (per di più in perdita dalla nascita) più quei 2 miliardi che servirebbero a rilevare le quote degli italiani di Telco al prezzo di carico che è il doppio delle quotazioni di Borsa.

Nelle casse della società, come al solito, non entrerebbe niente. Per i piccoli azionisti dell'Asati questa è una «provocazione», perchè «i soci di minoranza si sentirebbero tutelati solo da un'Opa». Ma questo non risolverebbe comunque tutti i problemi. Poichè non è plausibile - e nemmeno i cinesi se lo aspettavano - che la rete fissa, asset strategico, possa cambiare bandiera, Telecom ha accelerato infatti sulla procedura di scorporo dell'infrastruttura per la quale da un anno è in trattativa con Cdp.

Ma Cdp, che fa capo al Tesoro, difficilmente si troverebbe a suo agio in posizione di azionista di minoranza di una società controllata da un gruppo che risponde a Hong Kong. Così lo spezzatino, con lo sganciamento della rete che tornerebbe pubblica, diventerebbe lo scenario più probabile.

La rete allo Stato, i telefonini ai cinesi. Che fine farebbero le superstiti province dell'impero, Brasile e Argentina, non è chiaro. Che fine farebbe il patrimonio di competenze aziendali che aveva fatto di Telecom pioniere di successo proprio nella telefonia mobile è invece facilmente immaginabile. Senza contare le ricadute sul piano occupazionale di uno spezzatino di tal fatta.

Uno scenario impopolare, che farebbe felice solo la Borsa. Tanto impopolare che persino l'azionariato italiano di Telco, per sua natura finanziario, non se la sente di sostenerlo. Nemmeno se i cinesi staccassero l'assegno che consentisse loro di chiudere la partita senza ulteriori perdite.

 

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