durigon salvini

VUOI ANDARE IN PENSIONE PRIMA? T’ATTACCHI ALLA LIQUIDAZIONE – LA GENIALE IDEA DI CLAUDIO DURIGON, ESPONENTE “DI PESO” DELLA LEGA E SOTTOSEGRETARIO AL LAVORO: “LA NOVITÀ È LA POSSIBILITÀ DI USARE IL TFR COME RENDITA PER RAGGIUNGERE LA SOGLIA MINIMA E AVERE ACCESSO ALLA PENSIONE A 64 ANNI”. UN INTERVENTO PRATICAMENTE A COSTO ZERO PER LO STATO, MA UNA MEZZA FREGATURA PER I LAVORATORI: CHI SARÀ DISPOSTO A GIOCARSI LA LIQUIDAZIONE? – SENZA UN INTERVENTO, DAL 2027 SCATTA L’AUMENTO AUTOMATICO DELL’ETÀ PENSIONABILE: SERVIRANNO 67 ANNI E TRE MESI PER LA PENSIONE DI VECCHIAIA. PER BLOCCARE IL MECCANISMO SERVONO…

claudio durigon foto di bacco (6)

«PENSIONI, IL TFR COME RENDITA PER USCIRE DAL LAVORO A 64 ANNI OPZIONE DONNA DA RAFFORZARE»

Estratto dell’articolo di Enrico Marro per il “Corriere della Sera”

 

Cosa dobbiamo ragionevolmente attenderci in materia di pensioni?

«Si sta lavorando su una proposta […]», risponde il sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon.

 

Di cosa si tratta?

«Vogliamo estendere la possibilità volontaria di andare a 64 anni con 25 di contributi […] a tutti i lavoratori, quindi anche a quelli che hanno cominciato prima del 1996 e stanno nel sistema misto. Il tutto volontariamente e con una novità».

 

Quale?

«La possibilità, sempre su base volontaria, di usare anche il Tfr presso l’Inps come rendita per raggiungere la soglia minima di pensione, pari a tre volte l’assegno sociale (1.616 euro), che dà accesso alla pensione a 64 anni».

 

PENSIONATI

Faccio un esempio, mi dica se è giusto. Ho 64 anni d’età e 25 di contributi. Ho maturato una pensione di 1.300 euro, ma usando il Tfr come rendita posso aggiungere 400 euro, raggiungere 1.700 euro e andare in pensione anticipata.

«Giusto. Con l’assegno interamente contributivo e senza pregiudicare l’eventuale reversibilità della pensione e del Tfr. E con una tassazione agevolata del Tfr trasformato in rendita, come accade oggi ai fondi che godono di un prelievo fiscale minore del Tfr».

 

Il lavoratore uscirebbe a 64 anni, ma rimettendoci la liquidazione.

INPS

«Non va vista così, ma come una possibilità, per chi vuole ma non ha una pensione sufficiente per uscire prima, di raggiungere questo risultato, utilizzando il Tfr. Si amplia cioè l’accesso alla flessibilità. E si ottiene un altro risultato: non si mettono in pagamento pensioni povere. Infine, il Tfr potrebbe anche essere utilizzato per finanziare fondi sanitari di Long term care (non autosufficienza n.d.r ) di cui ci sarà sempre più bisogno».

 

Ma quanto costa la vostra proposta?

matteo salvini claudio durigon (3)

«Stiamo facendo i conti. Ogni anno l’Inps paga circa 6,8 miliardi di euro di Tfr a chi va in pensione. Con la nostra proposta la spesa sarebbe molto inferiore perché l’Inps verserebbe, per esempio, qualche migliaio di euro in più all’anno sulla pensione, invece che 50-70 mila euro di liquidazione. Inoltre, queste pensioni sarebbero calcolate interamente col contributivo. Alla fine penso che non costerebbe molto […]».

 

E Quota 103 (in pensione a 62 anni con 41 di contributi) che fine fa?

«Se passa la nuova flessibilità non ha senso prorogarla».

 

E Opzione donna, che consente l’uscita anticipata alle lavoratrici?

«Qui è diverso. Anche questo canale di uscita anticipato, come Quota 103, è stato poco utilizzato. Ma penso che vada conservato e potenziato. Si tratta quindi di studiare qualche soluzione per avere, anche per chi sceglie Opzione donna, pensioni di importo adeguato, tanto più che le lavoratrici spesso hanno dovuto caricarsi del lavoro di cura».

 

PENSIONATI ITALIANI ALL ESTERO

A fine anno scade anche il bonus Giorgetti per chi resta al lavoro anziché andare in pensione anticipata. Lo confermerete?

«Anche se le domande non sono state molte, tutto ciò che serve a incentivare la permanenza al lavoro, soprattutto se su base volontaria, è importante e va mantenuto».

 

Torniamo al Tfr. C’è chi dice, per esempio l’ex presidente dell’Inps Antonio Mastrapasqua, che sarebbe meglio versarlo direttamente nella retribuzione: equivarrebbe a uno stipendio in più all’anno.

giorgia meloni e giancarlo giorgetti - question time alla camera

«No, non è questa la strada per aumentare i salari. Noi pensiamo invece a una norma da inserire nella prossima manovra che sostenga la contrattazione».

 

Come?

«Bisogna far in modo che quando un contratto scade, in attesa del rinnovo, ci sia comunque un aumento degli stipendi, per esempio commisurato all’Ipca o ad altri indicatori, che poi sarà compensato quando il nuovo contratto stabilirà gli incrementi dei minimi. Un meccanismo simile a quello che c’è già nei grandi contratti dell’industria. Anche qui, come sulle pensioni, l’obiettivo è di evitare prestazioni povere».

 

CLAUDIO DURIGON AL MEETING DI RIMINI

PROMESSA PENSIONI "IN MANOVRA STOP ALL'AUMENTO DELL'ETÀ"

Estratto dell'articolo di Massimo Ferraro per "la Repubblica"

 

[…] Senza un intervento del governo che sterilizzi l'adeguamento automatico per l'uscita dal mercato del lavoro alla speranza di vita, dal 2027 serviranno 67 anni e tre mesi per la pensione di vecchiaia e 43 anni e un mese di contributi per l'anticipata (uno in meno per le donne).

 

Per bloccare il meccanismo, e lo slittamento di 3 mesi in avanti per andare in pensione, il sottosegretario al Lavoro aveva chiarito che era stata stimata in via preliminare una spesa di 200 milioni di euro. Assai meno dei circa 3 miliardi conteggiati dall'Inps.

 

PENSIONE

Ora Durigon registra la disponibilità del Mef e ogni valutazione definitiva dovrà esser fatta nella stesura della legge di Bilancio. Lato previdenza, Durigon ha poi ammesso l'insuccesso di due strumenti di pensione anticipata cari alla Lega. Opzione donna, che «andrebbe rafforzata perché oggi risulta una misura poco efficiente e ha avuto scarso appeal», e quota 103, che «visto anche lo scarso utilizzo, non penso possa rappresentare una forma ottimale di flessibilità in uscita».

 

giancarlo giorgetti giorgia meloni al senato

[…] infine la rottamazione. Su questo, i costi della misura devono essere ancora formalizzati, ma c'è un disegno di legge in esame al Senato e «con le giuste e adeguate formule ci sarà una sostenibilità per dare un ristoro alle famiglie in difficoltà con le cartelle».

 

Durigon ha spiegato che non verrebbero cancellate, ma verrebbe data «un'agevolazione» con la possibilità di rateizzazione lunga per saldare il dovuto. «È vero che è necessaria una copertura nei primi anni - ha aggiunto - ma c'è una sostenibilità futura». Poi, «se costerà 2 o 3 miliardi vedremo il conteggio finanziario e come poter trovare queste risorse».

 

Sulla prossima legge di Bilancio potrebbe pesare, in termine di costi, anche l'ultima idea del vicepremier Matteo Salvini: l'altro ieri dal palco della Festa della Lega di Pinzolo ha parlato di una interlocuzione in corso con via XX Settembre per togliere dal calcolo dell'Isee la prima casa, con l'obiettivo di allargare la platea di beneficiari di alcuni bonus.

 

PENSIONATI ITALIANI ALL ESTERO

«Siamo ad agosto, quindi è il mese delle idee», ha scherzato il sottosegretario. Per poi dirsi d'accordo col titolare del Mit: «Sulla prima casa, essendo la prima, credo sia giusto che venga tolta. L'incidenza dell'Isee è sempre più forte, se vogliamo dare un ristoro sui bonus dobbiamo agire lì». E il costo? «Non ho fatto conti, vedremo come fare e gli scaglioni. È una fase istruttoria ma è un'idea molto interessante».

claudio durigon foto di bacco (5)claudio durigon giorgia meloni

Ultimi Dagoreport

spionaggio paragon spyware giorgia meloni fazzolari mantovano giorgetti orcel francesco gaetano caltagirone flavio cattaneo

DAGOREPORT - E TRE! DALLO SPIONAGGIO DI ATTIVISTI E DI GIORNALISTI, SIAMO PASSATI A TRE PROTAGONISTI DEL MONDO DEGLI AFFARI E DELLA FINANZA: CALTAGIRONE, ORCEL, CATTANEO - SE “STAMPA” E “REPUBBLICA” NON LI FANNO SMETTERE, VEDRETE CHE OGNI MATTINA SBUCHERÀ UN NUOVO E CLAMOROSO NOME AVVISATO DI AVERE UN BEL SPYWARE NEL TELEFONINO - COME NEL CASO DEGLI ACCESSI ABUSIVI ALLA PROCURA ANTIMAFIA (FINITI IN CHISSÀ QUALCHE SCANTINATO), I MANDANTI DELLO SPIONAGGIO NON POSSONO ESSERE TROPPO LONTANI DALL’AREA DEL SISTEMA DEL POTERE, IN QUANTO PARAGON FORNISCE I SUOI SERVIZI DI SPYWARE SOLO AD AUTORITÀ ISTITUZIONALI - A QUESTO PUNTO, IL CASO È CORNUTO: O SI SONO TUTTI SPIATI DA SOLI OPPURE IL GOVERNO MELONI DEVE CHIARIRE IN PARLAMENTO SE CI SONO APPARATI “FUORILEGGE”. PERCHÉ QUANDO IL POTERE ENTRA NEI CELLULARI DEI CITTADINI, NON C’È PIÙ DEMOCRAZIA…

matteo salvini roberto vannacci giorgia meloni massimiliano fedriga luca zaia

DAGOREPORT – GIORGIA MELONI HA GLI OCCHI PUNTATI SULLA TOSCANA! NELLA REGIONE ROSSA SARÀ CONFERMATO EUGENIO GIANI, MA ALLA DUCETTA INTERESSA SOLO REGISTRARE IL RISULTATO DELLA LEGA VANNACCIZZATA – SE IL GENERALE, CHE HA RIEMPITO LE LISTE DI SUOI FEDELISSIMI E SI È SPESO IN PRIMA PERSONA, OTTENESSE UN RISULTATO IMPORTANTE, LA SUA PRESA SULLA LEGA SAREBBE DEFINITIVA CON RIPERCUSSIONI SULLA COALIZIONE DI GOVERNO – INOLTRE ZAIA-FEDRIGA-FONTANA SONO PRONTI A UNA “SCISSIONE CONTROLLATA” DEL CARROCCIO, CREANDO DUE PARTITI FEDERATI SUL MODELLO DELLA CDU/CSU TEDESCA - PER LA MELONI SAREBBE UNA BELLA GATTA DA PELARE: SALVINI E VANNACCI POTREBBERO RUBARLE VOTI A DESTRA, E I GOVERNATORI IMPEDIRLE LA PRESA DI POTERE AL NORD...

matteo salvini luca zaia giorgia meloni orazio schillaci

FLASH! – L’”HUFFPOST” RIPORTA CHE SALVINI VUOL CONVINCERE LUCA ZAIA A PORTARE IL SUO 40% DI VOTI IN VENETO MA SENZA CHE IL SUO NOME BRILLI SUL SIMBOLO – PER ACCETTARE IL CANDIDATO LEGHISTA STEFANI, LA MELONA INSAZIABILE, PAUROSA CHE L’EX GOVERNATORE VENETO PORTI VIA TROPPI VOTI A FDI, L’HA POSTO COME CONDIZIONE A SALVINI – PER FAR INGOIARE IL ROSPONE, OCCORRE PERÒ CHE ZAIA OTTENGA UN INCARICO DI PESO NEL GOVERNO. IL MAGGIORE INDIZIATO A LASCIARGLI LA POLTRONA SAREBBE ORAZIO SCHILLACI, MINISTRO TECNICO IN QUOTA FDI, ENTRATO IN COLLISIONE CON I TANTI NO-VAX DELLA FIAMMA - AVVISATE QUEI GENI DI PALAZZO CHIGI CHE ZAIA SUI VACCINI LA PENSA ESATTAMENTE COME SCHILLACI…

monique veaute

NO-CAFONAL! – ARCO DI TRIONFO PER MONIQUE VEAUTE, QUELLA VISPA RAGAZZA FRANCESE CHE NEL 1984 GIUNSE A ROMA PER LAVORARE ALL’ACCADEMIA DI FRANCIA DI VILLA MEDICI - DA ABILISSIMA CATALIZZATRICE DI GENIALI E VISIONARIE REALTÀ ARTISTICHE INTERNAZIONALI, DETTE VITA A UN FESTIVAL CHE SCOSSE LO STATO DI INERZIA E DI AFASIA CULTURALE IN CUI ERA PIOMBATA ROMA DOPO L’ERA DI RENATO NICOLINI – L'ONORIFICENZA DI ''COMMANDEUR DE L'ORDRE DES ARTS ET DES LETTRES'' NON POTEVA NON ESSERE CONSEGNATA DALL’AMBASCIATORE FRANCESE SE NON A VILLA MEDICI, DOVE 40 ANNI FA TUTTO È NATO….

de luca manfredi schlein tafazzi conte landini silvia salis

DAGOREPORT - LA MINORANZA DEL PD SCALDA I MOTORI PER LA RESA DEI CONTI FINALE CON ELLY SCHLEIN. L’ASSALTO ALLA GRUPPETTARA (“NON HA CARISMA, CON LEI SI PERDE DI SICURO”), CHE HA TRASFORMATO IL PD DA PARTITO RIFORMISTA IN UN INCROCIO TRA UN CENTRO SOCIALE E UN MEETUP GRILLINO – NONOSTANTE LA SONORA SCONFITTA SUBITA NELLE MARCHE E IL FLOP CLAMOROSO IN CALABRIA, LA SEGRETARIA CON TRE PASSAPORTI E UNA FIDANZATA RESISTE: TRINCERATA AL NAZARENO CON I SUOI FEDELISSIMI QUATTRO GATTI, NEL CASO CHE VADA IN PORTO LA RIFORMA ELETTORALE DELLA DUCETTA, AVREBBE SIGLATO UN ACCORDO CON LA CGIL DI “MASANIELLO” LANDINI, PER MOBILITARE I PENSIONATI DEL SINDACATO PER LE PRIMARIE – IL SILENZIO DEI ELLY ALLE SPARATE DI FRANCESCA ALBANESE - I NOMI DEL DOPO-SCHLEIN SONO SEMPRE I SOLITI, GAETANO MANFREDI E SILVIA SALIS. ENTRAMBI INADEGUATI A NEUTRALIZZARE L’ABILITÀ COMUNICATIVA DI GIORGIA MELONI – ALLARME ROSSO IN CAMPANIA: SE DE LUCA NON OTTIENE I NOMI DEI SUOI FEDELISSIMI IN LISTA, FICO RISCHIA DI ANDARE A SBATTERE…