
SULLA WEB TAX, I LEADER EUROPEI SI DANNO LA ZAPPA SUI PIEDI – LA VERGOGNOSA RESA A TRUMP DEL G7, CHE HA ESENTATO LE AZIENDE AMERICANE DALLA MINIMUM GLOBAL TAX, RISCHIA DI COMPROMETTERE ANCHE LE “TASSE WEB” NAZIONALI, LE “DIGITAL SERVICES TAXES” VIGENTI IN ALCUNI PAESI, TRA CUI L’ITALIA – IL COMMISSARIO UE AL COMMERCIO, MAROS SEFCOVIC, VOLA DI NUOVO A WASHINGTON PER TRATTARE SUI DAZI…
Estratto dell’articolo di Claudio Tito per “la Repubblica”
https://www.repubblica.it/economia/2025/07/01/news/dazi_ue_global_tax_web_tax-424702234/
«Le nostre leggi non sono in discussione». È la precisazione formulata ieri dalla Commissione europea in relazione all'accordo siglato dal G7 sulla Minimum global tax che prevede un'esenzione per le aziende americane. Ma se le norme Ue non vengono toccate da quell'intesa, le "web tax" nazionali sì. E anche quella che Bruxelles ha minacciato di imporre.
La Minimum tax del 15 per cento, concordata ormai quasi quattro anni fa, infatti, era lo strumento per contrastare l'elusione fiscale di molte società — soprattutto le Big Tech, ma non solo — che pur facendo affari in molti Paesi del mondo, fissano la sede legale nei cosiddetti "paradisi fiscali".
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Donald Trump aveva sempre contestato questa soluzione […] utilizzando come argomento che le compagnie statunitensi già pagano le tasse in Usa. In particolare faceva riferimento alla "Global Intangible Taxed Income". A suo giudizio, dunque, si tratta di un'imposta extraterritoriale «illegale». Peraltro al momento prevista solo nell'Unione europea, in Giappone e in Corea del sud. Due "giganti" come India e Cina, tanto per fare un esempio, non l'hanno mai recepita.
E in effetti la "deroga" — che avvantaggia soprattutto chi opera online e quindi le Big Tech — per le imprese a stelle e strisce non modifica la normativa europea.
Perché? Perché il "Digital Market act" e il "Digital Services Act" sono un insieme di regole volte in primo luogo a tutelare gli utenti, i cittadini. Hanno come obiettivo quello di garantire la trasparenza e la concorrenza e non di imporre una tassa.
[…] Ma l'accordo in sede G7 rischia invece di compromettere o almeno di rendere molto più complicata, la possibilità di introdurre la "Web tax europea". Ossia una delle armi brandite a Bruxelles nel negoziato sui dazi. E uno degli obiettivi di equità fiscale e di parità di condizioni tra aziende che l'Unione studia da tempo.
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Di fatto, dunque, mina il nucleo delle "web tax nazionali", le "Digital Services Taxes" vigenti in Italia, Francia, Spagna, Austria, Gran Bretagna, Turchia e India. Paesi che ora dovranno stabilire come comportarsi. «La tassazione nazionale — ha infatti ricordato la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, mettendo le mani avanti — è la fonte di finanziamento più sostenibile per servizi come l'assistenza sanitaria o l'istruzione, e un sistema fiscale equo è fondamentale per attrarre investimenti privati. […]».
In questo quadro il commissario dell'Unione al Commercio, Maros Sefcovic, volerà oggi di nuovo a Washington per trattare sui dazi e provare a siglare un armistizio nella guerra commerciale. «Posso solo dirvi — è la sua posizione — che vogliamo ottenere il massimo possibile, qualcosa che sia equo per entrambe le parti». Ma forse adesso le sue armi sono un po' meno affilate.