LA CARITÀ DELLO SPIONE ZUCKERBERG - IL CAPOCCIA DI FACEBOOK, CHE PAGA POCHE TASSE IN GIRO PER IL MONDO, HA DONATO NEL 2013 UN MILIARDO DI DOLLARI AI SENZA TETTO DI SILICON VALLEY

Federico Rampini per "la Repubblica"

MARK Zuckerberg balza in testa alla classifica dei filantropi 2013, chiudendo l'anno con un miliardo di dollari donato in beneficenza. Ma la vera notizia è un'altra. Il fondatore di Facebook non indirizza la sua generosità verso i poveri dell'Africa o le zone malariche dell'Asia, come fa da tempo Bill Gates. La totalità del suo dono va a una ong che combatte la povertà... nella Silicon Valley, a due passi da casa sua.

E a New York non si spengono le polemiche sul discorso- shock di Harry Belafonte. Parlando all'Inauguration Day del sindaco Bill de Blasio, il celebre cantante afro-americano ha descritto la New York di oggi come «una piantagione »: un'economia dove prosperano minoranze opu-lente, circondate da poveri. Le due zone più dinamiche della East Coast e della West Coast conoscono lo stesso problema.

Il Nuovo Boom americano sta generando i suoi nuovi poveri. Che si manifestano, con le loro forme di protesta. Se il 2011 fu l'anno di Occupy Wall Street, l'Inauguration Day di de Blasio è giunto a poche settimane dallo sciopero dei dipendenti dei fast-food newyorchesi. Attorno a San Francisco, altri sono i bersagli.

Una recente manifestazione ha cinto d'assedio la sede di Twitter, per denunciare l'abuso di sgravi fiscali offerti dalla città, elargiti a un'azienda il cui collocamento in Borsa ha coperto di miliardi i fondatori. Altre proteste sociali hanno preso di mira i lussuosi pulmini privati con cui le aziende hi-tech della Silicon Valley trasportano i loro giovani pendolari (mentre la maggioranza della popolazione ha trasporti pubblici scadenti).

La sensazione che questi squilibri stiano diventando insostenibili assilla Zuckerberg, il giovane re (compie 30 anni a maggio) dei social network. Lui il suo miliardo di dollari in beneficenza lo ha donato alla Silicon Valley Community Foundation, che cerca di curare la miseria più sconcertante, quella dietro l'angolo.

Il Financial Times commenta il gesto del fondatore di Facebook: «Cresce la consapevolezza che la povertà esiste a due passi dalle ville di lusso della Silicon Valley, o vicino ai ristoranti modaioli e carissimi di San Francisco».

Non ci vuole un grande sforzo per visitare l'altra faccia del boom. East Palo Alto, a due passi dalla Stanford University e dal quartier generale di Google, è una zona degradata, infestata da gang di giovani ispanici, piccoli delinquenti, spacciatori. Oakland, sulla sponda della Baia dirimpetto a San Francisco e a fianco di Berkeley, è una delle città col più alto tasso di omicidi d'America.

Questa prossimità non sembra casuale. La natura del boom tecnologico, nutre anche il fenomeno opposto, l'emarginazione dei più deboli. La stessa Università di Berkeley ha fior di economisti, guidati da Robert Reich che fu ministro del Lavoro di Bill Clinton, i quali studiano gli effetti perversi della nuova ricchezza californiana.

Uno dei meccanismi d'impoverimento passa proprio attraverso scuola e università. I giganti hi-tech della West Coast (Apple e Google, Microsoft e Amazon, Facebook e Twitter) reclutano e premiano i detentori di talenti speciali. Chi ha ricevuto l'istruzione giusta spunta retribuzioni sempre più elevate. Per gli altri le spinte divaricanti sul mercato del lavoro sono feroci: nei mestieri di serie B il potere d'acquisto dei salari ristagna, anche dopo tre anni di ripresa Usa.

Un altro meccanismo agisce sul mercato immobiliare. La ricchezza generata da Apple, Google e Facebook moltiplica i ragazzini milionari, i quali fanno lievitare fitti e prezzi delle case in tutta la Silicon Valley. Gli altri, inclusi perfino i prof. universitari di Berkeley coi loro stipendi "normali" vengono cacciati sempre più lontano. Le recenti manifestazioni di protesta a San Francisco agitavano cartelli con due parole- chiave: "Gentrification", "Evictions".

La gentrification è la metamorfosi socio-economica delle aree urbane invase dalla nuova élite. Eviction, lo sfratto, è il motore giudiziario che accelera l'espulsione degli antichi abitanti, i ceti sociali meno abbienti. Tutto accade mentre l'atmosfera dei campus di Apple, Google e Facebook è impregnata di valori liberal, progressisti, come descritto nel romanzo orwelliano "The Circle" di Dave Eggers.

A New York, de Blasio ha invitato alla cerimonia del suo giuramento la piccola Dasani Coates, 12 anni, che da poche settimane era diventata a modo suo una star tragica. La sua storia apriva una serie di reportage del New York Times sui 22.000 bambini senzatetto nella città.

La piccola Coates vive in un decrepito centro di accoglienza di Brooklyn. La stessa Brooklyn, con quartieri come Williamsburg e Dumbo, ormai gareggia con il Greenwich Village, con Soho e Chelsea, per le gallerie d'arte, i teatri d'avanguardia, i ristoranti di alta gastronomia dove un tavolo va prenotato due mesi prima. Belafonte suscita un vespaio di polemiche, lo stesso New York Times in un editoriale giudica troppo radicale il suo discorso.

Ma il vecchio artista nero, compagno di battaglie di Martin Luther King e amico di Nelson Mandela, ha visto qualcosa che per tanti altri è diventato normale: una città di 400.000 milionari, la massima concentrazione di ricchezza del globo, dove quasi la metà della popolazione ha redditi definiti di "semi-povertà", in rapporto al costo della vita.

 

 

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