1. ORE 19 E 45: MONTI DICE SÌ A CASINI. QUELLA CHE VA IN SCENA AL PALAEXPO NON È SOLO IL RESTYLING DEL “MESSAGGERO”, MA UNA BELLA AMMUCCHIATONA ROMANA PER FESTEGGIARE “IL CONTRATTO CON IL PROFESSORE” AL COSPETTO DI MEZZO GOVERNO IN ESTASI 2- DA FINI A SCHIFANI, DA TREMONTI A LETTA, PER I POLITICI SI FA PRIMA A DIRE CHI MANCA: BERSANI. A CONFERMA DEL VALORE TUTTO POLITICO DELL’OPERAZIONE (M), MONTI BIS 3. UN TRIONFO PER CALTARICCONE OMAGGIATO DA MONSIGNORI (FISICHELLA), CARABINIERI (GALLITELLI), IMPRENDITORI MANAGER E BANCHIERI, DE SICA E VERDONE, GILETTI E I VANZINA 4. MONTI SALUTA RUTELLI. A BARBARA PALOMBELLI (“POSSO DARTI UN BACIO?”, OSA IL PROF) 5. PETTEGOLEZZI E CHIACCHIERE SULL’ASSO NELLA MANICA CHE CALTARICCONE METTERÀ IN CAMPO PER IL DOPO-ALEMANNO: IL GANZO MASCELLUTO ALFIO MARCHINI SARÀ A CAPO DI UNA LISTA SENZA POLITICI. DAL SINDACO PIACIONE AL SINDACO TRONISTA?

Francesco Persili per Dagospia

«Un giornale che guarda avanti, una buona notizia per l'Italia». Ore 19 e 45 quando Mario Monti dice sì a Casini. Già, perché quella che va in scena al Palazzo delle Esposizioni non è solo la celebrazione, come sostiene il premier, di «un momento di rinnovata vitalità di una colonna del sistema informativo italiano». La presentazione del nuovo Messaggero, infatti, diventa il party per festeggiare "il contratto con il Professore", un'intesa politica destinata a proseguire anche nei prossimi mesi.

La santa alleanza tra Casini e Monti chez Caltagirone si consolida tra cinquanta sfumature di "ignorantissimo" fritto de' noantri (olive ascolane, alici e arancini, etc.) e le immagini proiettate sulle pareti dell'Open Colonna su cui campeggia la M (di Messaggero e di Monti) in mezzo ad una agorà riservata ai soci della meglio Roma potentona che comprende le più alte cariche dello Stato (il presidente della Camera, Gianfranco Fini e quello del Senato, Renato Schifani) e il governo al gran completo, monsignori e i più alti rappresentanti delle forze dell'ordine, il sottosegretario Gianni De Gennaro, il portavoce del presidente della Repubblica, Pasquale Cascella e il vicepresidente del Csm, Michele Vietti.

Una rete di poteri che mette insieme Palazzo e consigli di amministrazione, impresa e finanza, cinematografari e direttori di giornali, il mondo Rai e i circoli sportivi, lo star system capitolino e i papaveri dello sport italiano. Si fa prima a dire chi manca: Bersani. E questo conferma il valore tutto politico dell'operazione (M), Mario Monti bis.

«Le crisi fanno soffrire ma sono anche un fermento da cui possono nascere idee e stimoli nuovi», scolpisce l'ottavo imperatore de Roma Francesco Gaetano Caltagirone, presidente del gruppo editoriale, che invita a reagire affinché «l'Italia torni a essere vincente e il Messaggero con l'Italia». Così nelle immagini del filmato che ripercorre i 134 anni dello storico quotidiano della Capitale viene dato ampio risalto alle vittorie azzurre ai Mondiali e all'Oscar a Benigni in mezzo alle prime pagine da collezione per l'uomo sulla Luna, in morte di papa Giovanni Paolo II e con quel No gigante del 12 maggio 1974, il giorno - non solo del primo scudetto della Lazio - ma del referendum per l'abrogazione della legge sul divorzio contro «il tentativo clerico-fascista di sopprimere la democrazia e l'autonomia dello Stato».

Nella buona come nella cattiva sorte, il quotidiano fondato nel 1878 da Luigi Cesana, «ha protetto la Costituzione - rimarca Azzurra Caltagirone, vicepresidente del gruppo editoriale - si è battuto per i valori civili di questo Paese e ne ha spinto la modernizzazione. L'ha sempre fatto con passione, dedizione ed equilibrio», senza mai cedere «al qualunquismo e all'antipolitica». Anche se, poi, politicamente, il giornale di via del Tritone, come ha scritto Giuseppe Talamo in «Il Messaggero e la sua città», si è contraddistinto nel corso della sua storia per aver adottato «atteggiamenti ispirati da un buon senso fin troppo facile, con venature di moralismo spicciolo e di ripetuta condanna della politica».

Dalla scalata di Cefis alla guerra dei Perrone, dal tycoon anni Ottanta Gardini - che va a canestro con l'acquisto della Virtus Roma, quella del cubo al Palaeur, di Michael Cooper e Dino Radja - fino all'avvento di Caltagirone, Il Messaggero ha raccontato (anche) un capitolo fondamentale di storia dell'establishment italiano e dell'intreccio tra capitalismo e potere politico.

A cosa servono i giornali, dunque? A favorire accordi, a mettere a punto strategie, a rinsaldare patti di governo (presenti e futuri) anche quando cambia la grafica, e con le pagine, aumentano gli approfondimenti. Tocca al direttore de Il Messaggero, Mario Orfeo, annunciare il varo di una nuova sezione, Macro («una finestra aperta sulla società contemporanea...», ma è meglio stare attenti agli spifferi) e tagliare simbolicamente il nastro della grande opera di ingegneria editoriale (e politica): «Il ponte che lanciamo tra passato e futuro si fonda su una simbiosi tra il giornale di carta e il giornale on line».

Ad ascoltare quello che il Porfirio Rubirosa dei Parioli, Malagò, si diverte a presentare come «l'uomo più potente di Roma», c'è tutta la Roma che conta, e che vuole continuare a contare. Monti saluta il suo caro amico Rutelli che gli presenta la moglie Barbara Palombelli («Posso darti un bacio?», osa il Professore). Qualche metro più in là ci sono a poco distanza, l'uno dall'altro, i gemelli diversi Gianni Letta e Goffredo Bettini, registi della politica capitolina per (più di) un ventennio.

Presenti anche il sindaco Alemanno e quello mancato, Zingaretti. C'è anche chi avrebbe potuto esserlo, Raffaele Ranucci, senatore del Pd, che sulla barca di sua proprietà presentò Pierferdy ad Azzurra Caltagirone, e chi, al momento, lo esclude. Come fa Luisa Todini, consigliere d'amministrazione Rai, che parla di parla di primarie Pdl («se fanno emergere volti nuovi sono salvifiche...») e dell'abbraccio tra Barack Obama e sua moglie Michelle («Una meraviglia: da soli si fa molto, in due si cambia il mondo»...) ma sul suo futuro non si sbilancia: «Sono fortemente impegnata a fare la mamma, ho una serie di attività e sono felice di fare politica pagando gli stipendi a chi lavora. E, poi, Roma, per ora, il sindaco ce l'ha...».

Ma l'asso nella manica di Caltagirone si chiama Alfio Marchini, erede di una delle più importanti famiglie di costruttori romani - lo zio, Alvaro, calce e martello, fu quello che donò al Pci la sede di Botteghe Oscure. Il grillino in giacca e cravatta, a quanto pare, ballerà da solo. Scenderà, infatti, in campo a capo di una lista civica senza politici. Dalla Lista Beautiful del sindaco piacione (Rutelli) al sindaco tronista che assomiglia a Ridge? Mentre impazza il toto-nomi per il Campidoglio, si fa concreta la possibilità che, se continuano ad aumentare i candidati, finiremo per tenerci altri 5 anni Aledanno.

Tra pettegolezzi e chiacchiere che circolano nel salone, il gossip più insistente è quello sulle possibili dimissioni (per ragioni di salute) del capo della Polizia, Manganelli. Intanto si rivedono anche il socialista di ritorno, Tremonti e il teorico dello sbullonamento del modello Roma, Umberto Croppi, non manca l'us(ur)ato sicuro dell'infotainment politico e il gotha degli attori della scuola romana: il maestro Gigi Proietti e l'allievo Enrico Brignano, i cognati irresistibili della commedia all'italiana, Carlo Verdone e Christian De Sica, che scatta una foto a Diego Della Valle e Proietti e poi si ferma a chiacchierare con Dagospia di Roma («avrebbe bisogno di una manutenzione migliore delle strade»), dell'Italia («questo è il Paese non solo di er Batman, ma di Benedetto Croce e di tanta gente onesta»), del Satyricon della Regione Lazio e delle feste con ancelle e maiali: «Sembrava un film mio, la rappresentazione perfetta in forma di commedia del generone romano».

Mentre si sbriciola ogni confine tra realtà e commedia, cade anche la barriera tra vero e verosimile con Monti che riconosce dignità (e utilità) al retroscena politico, «categoria che fa della verosimiglianza, un postulato di verità». E, dunque, dietro la M del nuovo Messaggero non c'è solo «un giornale nuovo ma fedele alla tradizione» che, secondo i desiderata di Orfeo, continuerà ad essere schierato dalla parte dei cittadini, ma anche il quotidiano nazionale che, come sostiene il premier, prova ad alzare l'asticella della sfida. Per non rassegnarsi ad un destino già scritto, quello di diventare l'house organ del Monti bis.

 

 

 

 

 

 

Caltagirone Fornero Monti Clini La Regina e Comin Monti Fornero Orfeo Mario Monti Giuseppe Patroni Griffi Giulio Anselmi Giovanni Toti Giovanni Floris Casini e Bettini Gianni Letta Gianni De Gennaro Barbara Palombelli Andrea Vianello e Bianca Berlinguer Azzurra Caltagirone e Corrado Clini Mara Carfagna Catricala Antonio dietro a sinistra Paolo Liguori

Ultimi Dagoreport

francesco milleri andrea orcel carlo messina nagel donnet generali caltagirone

DAGOREPORT - COSA FRULLA NELLA TESTA DI FRANCESCO MILLERI, GRAN TIMONIERE DEGLI AFFARI DELLA LITIGIOSA DINASTIA DEL VECCHIO? RISPETTO ALLO SPARTITO CHE LO VEDE DA ANNI AL GUINZAGLIO DI UN CALTAGIRONE SEMPRE PIÙ POSSEDUTO DAL SOGNO ALLUCINATORIO DI CONQUISTARE GENERALI, IL CEO DI DELFIN HA CAMBIATO PAROLE E MUSICA - INTERPELLATO SULL’OPS LANCIATA DA MEDIOBANCA SU BANCA GENERALI, MILLERI HA SORPRESO TUTTI RILASCIANDO ESPLICITI SEGNALI DI APERTURA AL “NEMICO” ALBERTO NAGEL: “ALCUNE COSE LE HA FATTE… LUI STA CERCANDO DI CAMBIARE IL RUOLO DI MEDIOBANCA, C’È DA APPREZZARLO… SE QUESTA È UN’OPERAZIONE CHE PORTA VALORE, ALLORA CI VEDRÀ SICURAMENTE A FAVORE” – UN SEGNALE DI DISPONIBILITÀ, QUELLO DI MILLERI, CHE SI AGGIUNGE AGLI APPLAUSI DELL’ALTRO ALLEATO DI CALTARICCONE, IL CEO DI MPS, FRANCESCO LOVAGLIO - AL PARI DELLA DIVERSITÀ DI INTERESSI BANCARI CHE DIVIDE LEGA E FRATELLI D’ITALIA (SI VEDA L’OPS DI UNICREDIT SU BPM), UNA DIFFORMITÀ DI OBIETTIVI ECONOMICI POTREBBE BENISSIMO STARCI ANCHE TRA GLI EREDI DELLA FAMIGLIA DEL VECCHIO RISPETTO AL PIANO DEI “CALTAGIRONESI’’ DEI PALAZZI ROMANI…

sergio mattarella quirinale

DAGOREPORT - DIRE CHE SERGIO MATTARELLA SIA IRRITATO, È UN EUFEMISMO. E QUESTA VOLTA NON È IMBUFALITO PER I ‘’COLPI DI FEZ’’ DEL GOVERNO MELONI. A FAR SOBBALZARE LA PRESSIONE ARTERIOSA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SONO STATI I SUOI CONSIGLIERI QUIRINALIZI - QUANDO HA LETTO SUI GIORNALI IL SUO INTERVENTO A LATINA IN OCCASIONE DEL PRIMO MAGGIO, CON LA SEGUENTE FRASE: “TANTE FAMIGLIE NON REGGONO L'AUMENTO DEL COSTO DELLA VITA. SALARI INSUFFICIENTI SONO UNA GRANDE QUESTIONE PER L'ITALIA”, A SERGIONE È PARTITO L’EMBOLO, NON AVENDOLE MAI PRONUNCIATE – PER EVITARE L’ENNESIMO SCONTRO CON IL GOVERNO DUCIONI, MATTARELLA AVEVA SOSTITUITO AL VOLO ALCUNI PASSI. PECCATO CHE IL TESTO DELL’INTERVENTO DIFFUSO ALLA STAMPA NON FOSSE STATO CORRETTO DALLO STAFF DEL COLLE, COMPOSTO DA CONSIGLIERI TUTTI DI AREA DEM CHE NON RICORDANO PIU’ L’IRA DI MATTARELLA PER LA LINEA POLITICA DI ELLY SCHLEIN… - VIDEO

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE AMERIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO