marcello lippi documentario francesco totti noemi daniele de rossi zinedine zidane

ADESSO VINCE MARCELLO LIPPI – DA TOTTI E NOEMI BOCCHI (CON PANCINO SOSPETTO) A DE ROSSI, DA ZIDANE A CIRO FERRARA, AL CINEMA MODERNO DI ROMA SERATA PALLONARA PER CELEBRARE MARCELLO LIPPI E IL DOCUMENTARIO A LUI DEDICATO ”ADESSO VINCO IO” – DOPO LA VITTORIA DEL MONDIALE 2006 IL PAUL NEWMAN DEGLI ALLENATORI ABBANDONÒ LA NAZIONALE, PER PROTEGGERE IL FIGLIO DAVIDE, PROCURATORE, DA UN’INDAGINE CHE LO RIGUARDAVA - “NON PUOI TOCCARE A UN UOMO LA FAMIGLIA” – VIDEO

Alberto Piccinini per https://www.rollingstone.it/ - Estratti

marcello lippi

 

Che cos’è il carisma? Come si dice in cinese “attacca la profondità”? Vincere il Mondiale è l’unica cosa che conta davvero nel calcio? Nel salotto di casa sua, che potrebbe essere quello di un medico o di un ingegnere da poco in pensione, col mare di Viareggio fuori dal balcone, le foto incorniciate e i pochi trofei che contano, Marcello Lippi parla appena di sé e delle sue imprese. 

 

Adesso vinco io, il documentario girato da Herbert Simone Paragnani e Paolo Geremei (al cinema solo il 26-27-28 febbraio come evento speciale), sceglie come titolo una sua frase, laconica come il resto. Voleva vincere. Forse per un senso di rivalsa, il calcio giocato in provincia fino a trent’anni. Ha vinto parecchio e quando ha perso ha dato le dimissioni per primo: dalla Juventus, dall’Inter, poi ancora dalla Juve, dalla Nazionale italiana e persino da quella cinese non qualificata ai Mondiali in Qatar.

marcello lippi con i suoi ex giocatori della juventus e della nazionale

 

Anche se con lui ha calcato il campo una generazione di campioni assoluti, non si ricorderà per il bel gioco ma per la capacità di risolvere le situazioni, il fiuto dei vecchi giocatori di carte nel sapere quando si mettono i carichi. [...]

 

Il “Paul Newman dei poveri” con gli occhi ancora gelidi, che già batteva in fascino tutti i suoi compagni di squadra quando giocava nella Sampdoria, non è cambiato quasi in nulla. Lascia che siano gli altri a ricordare per lui: i collaboratori tecnici, i giocatori della Juve “operaia” anni ’90 che vinse tutto perdendo tre coppe dei campioni in finale, quelli della Nazionale del 2006, la sporca dozzina, dopo Berlino e la notte del più pazzesco rave di massa che si ricordi nel nostro Paese. Ravanelli e Del Piero, Cannavaro e Ciro Ferrara, il dottor Castellacci, Bobo Vieri, Totti del rigore al 91esimo contro l’Australia.

francesco totti noemi bocchi

 

Ampia scelta di repertori, molti droni in volo secondo la moda, stadi e manti erbosi piallati come biliardi. C’è posto anche per il rituale di un pranzo assieme ai “vecchi” della Juve con quattro calci al pallone dopo il caffè, reso ancor più malinconico da un toccante messaggio video di Gianluca Vialli malato. 

 

Ci resterebbe la curiosità di ascoltare uno dei discorsi di spogliatoio di Lippi che, secondo Del Piero, facevano venire la pelle d’oca. Al contrario, nelle vecchie immagini di repertorio possiamo apprezzare il suo controllo sovrumano dell’espressione: “Sono bravo a non far capire l’emozione che sto provando”, spiega. Fa parte del carisma. L’anticamera della faccia tosta. “Io se fossi il presidente”, disse ai microfoni dopo aver perso 2 a 0 con la Reggina, “manderei subito via l’allenatore e prenderei a calci i giocatori”. Allenava l’Inter. E così fu.

 

fabio cannavaro

Alla fine Adesso vinco io riesce a mettere insieme tutto ciò che è possibile su uno degli allenatori più pragmatici e meno letterari (a parte il sigaro perennemente acceso), il cui mito sta nei risultati e i risultati sono l’unica mitologia possibile. Certo che giocava da ragazzino nella Stella Rossa di Viareggio e prima di andare alla partite cantava Bella ciao. Certo che quando stava per firmare come allenatore della Juventus andò sulla tomba di suo padre a chiedere perdono. Ma quand’era più giovane, da capitano della Sampdoria aveva sposato la figlia del presidente del Genoa – il calcio mica è una cosa da prendere così sul serio. 

 

[...]

 

daniele de rossi

Il documentario vale per quel che racconta. E anche per quello che non racconta, confidando nel tempo passato e nella melassa dei ricordi che rammollisce i più duri di cuore. Marcello Lippi è stato uno dei protagonisti del tumultuoso passaggio dall’Italia del boom e delle rotonde sul mare (come si karaoka nei titoli di coda) fin dentro la modernità degli anni ’90. Post-Tangentopoli, ferocissima, berlusconiana. Paese diviso, diseguale, affossato dai suoi privilegi e dai toni di un aziendalismo di maniera.

 

Sua la Juventus del preparatore atletico Ventrone, soprannominato il “marine”, squadra verticale e muscolare che subì un processo per doping dal quale uscì assolta tra molte ombre. Squadra amata da milioni di tifosi di ogni parte di Italia, odiata da tutti gli altri: doping o non doping, arbitri compiacenti o no. Con Luciano Moggi e Zinedine Zidane, il feroce difensore Montero e “Pinturicchio” Del Piero. La Juventus del 5 maggio 2002, e fa strano sentire una delle peggiori sciagure della storia nerazzurra raccontata dal punto di vista dei vincitori a distanza.

 

marcello lippi e la moglie simonetta

Della vittoria mondiale, che doveva lavare come un’indulgenza il peccato mortale di Calciopoli, il documentario consegna anche il punto di vista di Davide Lippi. Il figlio, ex calciatore convinto da suo padre a fare il procuratore, si commuove fino alle lacrime nel ricordare che Marcello Lippi vinse il Mondiale e, soprattutto, abbandonò in fretta e furia la sua Nazionale, per proteggerlo da un’indagine che lo riguardava. “Non puoi toccare a un uomo la famiglia”, dice uno dei suoi collaboratori. Nel mezzo dei traffici di arbitri e giocatori svelati da Calciopoli, la società Gea dei “figli di” Moggi, Lippi, Geronzi, De Mita – che uno dopo l’altro uscirono dall’inchiesta con assoluzioni e prescrizioni – simbolicamente rappresentava uno stile inamovibile del potere italiano.

 

E il passaggio di generazioni, l’esordio del calcio ultramoderno dei procuratori e dei social, si scontrava non poco con il carisma dell’allenatore Lippi, le leggende dei suoi manipoli di uomini con in testa una sola direzione e nessun piano B oltre alla sconfitta. Ma tant’è. Dopo aver girato le imprese italiane distribuendo consigli motivazionali, Lippi accettò la proposta di andare ad allenare in Cina: prima il Guangzhou – col quale ha vinto una Champions asiatica – e poi la Nazionale, forse l’ultima spiaggia nelle quali simili imprese militari e muscolari avessero ancora una qualche cittadinanza.

davide lippi zinedine zidaneadesso vinco io documentario su marcello lippi 9adesso vinco io documentario su marcello lippi 8adesso vinco io documentario su marcello lippi 3adesso vinco io documentario su marcello lippi 1adesso vinco io documentario su marcello lippi 10adesso vinco io documentario su marcello lippi 11adesso vinco io documentario su marcello lippi 12adesso vinco io documentario su marcello lippi 15adesso vinco io documentario su marcello lippi 16adesso vinco io documentario su marcello lippi 2adesso vinco io documentario su marcello lippi 4adesso vinco io documentario su marcello lippi 5adesso vinco io documentario su marcello lippi

Ultimi Dagoreport

sergio mattarella quirinale

DAGOREPORT - DIRE CHE SERGIO MATTARELLA SIA IRRITATO, È UN EUFEMISMO. E QUESTA VOLTA NON È IMBUFALITO PER I ‘’COLPI DI FEZ’’ DEL GOVERNO MELONI. A FAR SOBBALZARE LA PRESSIONE ARTERIOSA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SONO STATI I SUOI CONSIGLIERI QUIRINALIZI - QUANDO HA LETTO SUI GIORNALI IL SUO INTERVENTO A LATINA IN OCCASIONE DEL PRIMO MAGGIO, CON LA SEGUENTE FRASE: “TANTE FAMIGLIE NON REGGONO L'AUMENTO DEL COSTO DELLA VITA. SALARI INSUFFICIENTI SONO UNA GRANDE QUESTIONE PER L'ITALIA”, A SERGIONE È PARTITO L’EMBOLO, NON AVENDOLE MAI PRONUNCIATE – PER EVITARE L’ENNESIMO SCONTRO CON IL GOVERNO DUCIONI, MATTARELLA AVEVA SOSTITUITO AL VOLO ALCUNI PASSI. PECCATO CHE IL TESTO DELL’INTERVENTO DIFFUSO ALLA STAMPA NON FOSSE STATO CORRETTO DALLO STAFF DEL COLLE, COMPOSTO DA CONSIGLIERI TUTTI DI AREA DEM CHE NON RICORDANO PIU’ L’IRA DI MATTARELLA PER LA LINEA POLITICA DI ELLY SCHLEIN… - VIDEO

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE AMERIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO

banca generali lovaglio francesco gaetano caltagirone philippe donnet alberto nagel milleri

DAGOREPORT - DA QUESTA MATTINA CALTAGIRONE HA I SUDORI FREDDI: SE L’OPERAZIONE DI ALBERTO NAGEL ANDRÀ IN PORTO (SBARAZZARSI DEL CONCUPITO “TESORETTO” DI MEDIOBANCA ACQUISENDO BANCA GENERALI DAL LEONE DI TRIESTE), L’82ENNE IMPRENDITORE ROMANO AVRÀ BUTTATO UN PACCO DI MILIARDI PER RESTARE SEMPRE FUORI DAL “FORZIERE D’ITALIA’’ - UN FALLIMENTO CHE SAREBBE PIÙ CLAMOROSO DEI PRECEDENTI PERCHÉ ESPLICITAMENTE SOSTENUTO DAL GOVERNO MELONI – A DONNET NON RESTAVA ALTRA VIA DI SALVEZZA: DARE UNA MANO A NAGEL (IL CEO DI GENERALI SBARRÒ I TENTATIVI DI MEDIOBANCA DI ACQUISIRE LA BANCA CONTROLLATA DALLA COMPAGNIA ASSICURATIVA) - PER SVUOTARE MEDIOBANCA SOTTO OPS DI MPS DEL "TESORETTO" DI GENERALI, VA BYPASSATA LA ‘’PASSIVITY RULE’’ CONVOCANDO  UN’ASSEMBLEA STRAORDINARIA CHE RICHIEDE UNA MAGGIORANZA DEL 51% DEI PRESENTI....