rosalba livrerio bisceglia michele di bari

NEANCHE IN UNA BARZELLETTA - SOLO DIECI GIORNI FA IL PREFETTO MICHELE DI BARI HA FIRMATO UNA CIRCOLARE PER COMBATTERE LO SFRUTTAMENTO E IL CAPORALATO - E POI SI DIMETTE PERCHE’ LA MOGLIE, L’IMPRENDITRICE AGRICOLA, ROSALBA LIVRERIO BISCEGLIA, TRATTAVA DIRETTAMENTE CON IL “CAPORALE” GAMBIANO BAKARY SAIDY, ESSENDO “CONSAPEVOLE DELLE MODALITÀ DI RECLUTAMENTO E SFRUTTAMENTO” DA LUI PRATICATE - LA PROMOZIONE DI MICHELE DI BARI AL VERTICE DEL DIPARTIMENTO IMMIGRAZIONE E’ STATA UNA SCELTA DI SALVINI, CONFERMATA DAL MINISTRO LAMORGESE...

Giovanni Bianconi per il “Corriere della Sera”

 

MICHELE DI BARI

Mercoledì 1 dicembre aveva inviato a tutti i prefetti d'Italia una circolare in cui richiamava l'attenzione sul «Protocollo d'intesa per la prevenzione e il contrasto dello sfruttamento lavorativo in agricoltura e il caporalato», siglato in estate tra i ministeri dell'Interno, del Lavoro e delle Politiche agricole; per ricordare alle «Signorie Loro» che erano disponibili finanziamenti su un apposito fondo e altri se ne potevano programmare per i prossimi sette anni; confermando dunque «il sostegno alle iniziative in tema di lotta al caporalato, per l'erogazione di servizi e azioni utili a una migliore gestione del fenomeno».

 

Firmato: prefetto Michele Di Bari, capo del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione. Ventiquattr' ore prima, il 30 novembre, la giudice di Foggia Margherita Grippo, aveva sottoscritto l'ordinanza, eseguita ieri, in cui afferma che Rosalba Livrerio Bisceglia, moglie di Di Bari, trattava direttamente con il «caporale» gambiano Bakary Saidy, arrestato ieri, essendo «consapevole delle modalità di reclutamento e sfruttamento» da lui praticate.

Rosalba Livrerio Bisceglia

 

Un'accusa ancora da dimostrare, ma accompagnata dall'obbligo di dimora per l'imprenditrice e sufficiente a mettere in imbarazzo il prefetto. Il quale, estraneo all'indagine e avvertito ieri mattina dalla signora della visita dei carabinieri nella casa in Puglia, ha subito informato la ministra dell'Interno Luciana Lamorgese, comunicandole la decisione di dimettersi immediatamente. Condivisa dalla ministra. Per una questione di opportunità, indipendente dal contenuto dell'inchiesta.

 

Nella lettera con cui ha ufficializzato la sua scelta, Di Bari si dice certo che la moglie sia estranea ai fatti contestati, avendo sempre «assunto comportamenti improntati al rispetto della legalità», e si dichiara fiducioso in ciò che la magistratura potrà accertare. Tuttavia ritiene doveroso il passo indietro per motivi di «lealtà e trasparenza». Lamorgese era stata informata la sera prima dai vertici dell'Arma, ma ha semplicemente atteso la mossa del prefetto. Consapevole che la vicenda avrebbe scatenato un nuovo temporale sul suo ministero.

MICHELE DI BARI

 

Puntualmente arrivato con le dichiarazioni dei leader di centrodestra (da Salvini a Meloni) e in questo caso pure dalla sinistra di Leu, memore delle ispezioni della prefettura di Reggio Calabria, all'epoca retta proprio da Di Bari, che misero in crisi Mimmo Lucano, il sindaco di Riace poi arrestato e condannato per i suoi metodi di accoglienza dei migranti. Stavolta però al Viminale pensano di avere un ombrello sufficientemente largo.

 

BRACCIANTI A LAVORO

Perché dell'indagine di Foggia Lamorgese non sapeva nulla fino all'altra sera; e perché la nomina di Di Bari al vertice del dipartimento Immigrazione non fu una scelta sua ma del suo predecessore: Matteo Salvini. Che lo propose al Consiglio dei ministri del 30 aprile 2019, prelevandolo proprio da Reggio Calabria, dove evidentemente ne aveva apprezzato il lavoro. Pochi mesi dopo, approdata al ministero, Lamorgese lo confermò nell'incarico.

 

BRACCIANTI A LAVORO

Un posto strategico e delicato nella gestione del Viminale. Basti pensare ai numeri dei migranti e alla situazione che Di Bari ha dovuto affrontare con la pandemia; è lui l'ideatore e il «soggetto attuatore» delle navi-quarantena con le quali s' è cercato di evitare i rischi sanitari connessi agli arrivi dall'Africa del Nord, di nuovo in aumento.

 

Oltre al contrasto al fenomeno del caporalato, di cui Di Bari si occupa per competenza e come membro della Consulta istituita a ottobre e presieduta dall'ex ministro leghista Roberto Maroni. Il quale ieri ha preferito non fare commenti, limitandosi a dire che «il prefetto avrà controllato bene la posizione dell'azienda della moglie, dal momento che molte imprese in Puglia sono soggette a questo fenomeno».

 

caporalato

Ma di là del merito dell'inchiesta, resta il problema di immagine e di opportunità balzato agli occhi di tutti. Non solo al Viminale; forse anche in Vaticano, dove Di Bari conta su entrature e ruoli importanti. È consigliere di amministrazione di Casa sollievo della sofferenza, l'ospedale di San Giovanni Rotondo legato all'Opera di padre Pio e alla Santa Sede. E quando nel 2019 il prefetto fu messo a capo del Dipartimento, sul profilo facebook dall'ospedale è comparso questo messaggio: «La sua nomina, oltre a riconoscere le sue elevate doti professionali, onora anche tutto il territorio garganico. Congratulazioni!».

 

braccianti

Un annuncio corredato dalla foto di Di Bari che stringe le mani a papa Francesco sorridente. Proprio ieri il Pontefice è tornato a parlare contro il caporalato e lo sfruttamento dei lavoratori nell'agricoltura: «Quanti braccianti sono, scusatemi la parola, "usati" per la raccolta dei frutti o delle verdure, e poi pagati miserabilmente e cacciati via, senza alcuna protezione sociale? Negare i diritti fondamentali, il diritto a una vita dignitosa, a cure fisiche, psicologiche e spirituali, a un salario giusto significa negare la dignità umana». Nemmeno queste parole hanno a che vedere con l'indagine in cui è rimasta coinvolta la moglie del prefetto; ma - come la circolare del 1° dicembre - sono un'altra, sfortunata coincidenza.

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