BANDITI COL PUGNO CHIUSO - PARLA SANTE NOTARNICOLA, LUOGOTENENTE DELLA BANDA CAVALLERO: “RAPINAVO LE BANCHE NON PER ARRICCHIRMI. ERAVAMO PROLETARI E COMUNISTI” - IL SUO NOME TRA I 13 DETENUTI CHE LE BR CHIEDEVANO IN CAMBIO DELLA LIBERAZIONE DI MORO

Emiliano Liuzzi per “il Fatto Quotidiano

 

   Che nel suo passato ci siano condanne a cinque ergastoli e 28 anni di carcere lo sanno in pochi. Non sanno chi era la banda Cavallero, di cui fu lui anima e luogotenente del capo. Era di quelli che in carcere chiamano irriducibili: mai pentito, mai dissociato. Da niente. Si è fatto 30 anni, poi, a sessant'anni è uscito e ha vissuto quello che la vita gli ha lasciato in un altro modo.

 

Sante Notarnicola, nella vita ha fatto il fioraio, poi il bandito e rapinatore di banche (ne ha svaligiate 25), il simpatizzante delle Brigate Rosse. Il suo nome finì tra i 13 che le Br chiedevano in cambio della liberazione di Aldo Moro. Non era uno dei loro, lo era diventato in cella, tra Nuoro e Palmi.

 

Sante 
Notarnicola 
Sante Notarnicola

Lo apprezzavano perché sapevano che non avrebbe mai tradito. E soprattutto era un eversore, come lo erano stati i terroristi. Non è un uomo di molte parole. Porta addosso tutti i trent’anni di galera: mescola il caffè nella moka, prima di versarlo nelle tazze, e lo fa solo chi ha molto tempo; illumina il bagno con una di quelle luci al neon che usano soprattutto i detenuti; non ha un rasoio, perché in carcere erano vietati, e si fa ancora la barba con la macchinetta. Ma soprattutto, quando parla, non fa mai un nome. Solo riferimenti.

  

Lei segnò un periodo nero della storia di questo Paese. Non c'erano state le bombe, ma il nome della banda Cavallero faceva paura...

   Rapinavamo le banche. Eravamo diventati professionisti, non sbagliavamo un colpo. Sapevamo di avere quattro minuti di vantaggio sulla polizia: allora esistevano già degli allarmi con le centrali, ma la polizia faceva sempre un giro strano prima di arrivare. Se c’era una delle pattuglie nella zona dove noi eravamo in azione, al segnale di allarme erano obbligati a passare prima dalla questura. Poi finì, al venticinquesimo colpo finì.

  

La rapina a Milano e una sparatoria che non sembrava finire più.

   Sì, quella. 23 settembre 1967. Ci presero, io e Piero, dopo una breve latitanza, otto giorni, per una serie di circostanze. Altrimenti non avremmo sbagliato.

Il Pericolo delle banche del Nord  - Ritorna la Banda Cavallero - Vincino dal CorriereIl Pericolo delle banche del Nord - Ritorna la Banda Cavallero - Vincino dal Corriere

  

Quali circostanze?

   Mentre eravamo in banca con le armi in pugno un detenuto salì sul tetto di San Vittore. Pensavano a un’evasione di massa. Tutti i carabinieri e poliziotti di Milano erano davanti a San Vittore. A cento metri dal Banco di Napoli di largo Zandonai dove eravamo noi a fare la rapina. Quando partì l'allarme perdemmo i minuti di vantaggio. Alla fine ci presero.

  

I titoli dei giornali raccontano dei "30 minuti che terrorizzarono Milano".

   Io ne ho calcolati quaranta. Sparavano loro, la questura, e sparavamo noi. Quaranta minuti sono un’eternità. La fuga, i morti, i feriti. Uno dei nostri preso subito.

  

Morirono tre persone, proletari come voi, un fattorino, un ragazzo di 17 anni, un emigrato dal sud. Qualche giorno dopo morì anche l'uomo che aiutò i poliziotti a bloccare Adriano Rovoletto. Un bollettino di guerra. Sono morti sotto i vostri colpi e sono sulle vostre coscienze.

   Noi eravamo in guerra. Volevamo sovvertire il sistema. Dopo 25 rapine sarei stato milionario, ma in realtà noi prendevamo la nostra paga da proletari e comunisti, il resto andava a finanziare i combattenti in Algeria. Non eravamo ladri, eravamo rapinatori. Politici, venivamo dal Pci, tutti, pur con la smania di non starci dentro al Pci, troppo moderato.

  

Eravate meticolosi nel preparare le rapine?

   Molto. Non lasciavamo niente al caso. Intanto c’erano gli incontri prima. Noi vivevamo in Piemonte e ci incontravamo la notte nei boschi per preparare il colpo. L’auto che ci sarebbe servita per la fuga la rubavamo la notte prima. L’ultima fu una 1100. Anche in questo avevamo affinato la tecnica, rapidi, poco rumore. Si entrava in azione dopo tre mesi di appostamenti.

banda cavallero  4banda cavallero 4

 

Era calcolato al secondo ogni passaggio della questura. Sapevamo chi scendeva col cane al guinzaglio, a che ora, quanti clienti c’erano, quanti impiegati al lavoro. Sapevamo dov’era l’allarme. Tutto quello che c’era da sapere, all’esterno, noi lo sapevamo. E anche la rapina a Milano, tecnicamente fu perfetta. Avevamo un grande autista, il migliore. C’era un giovane alla sua prima e ultima rapina nella banda. Eravamo al massimo. In realtà non ci avrebbero preso se non per quello che stava sul tetto.

  

La prima rapina?

   Alla Fiat, sei milioni. Nel 1960 potevi acquistare sei appartamenti in centro a Torino, con quei soldi. Case di 80, cento metri quadrati.

  

Paura, adrenalina? Come vi sentivate prima e nei momenti del colpo?

   Non ricordo, o più semplicemente non voglio ricordare. Non avrei mai accettato quest’intervista se avessi saputo come andava a finire. Per me è una vita passata. Un ricordo che resta, ma non da evocare. Le prime volte, mi chiede? Tesi, mai impauriti. Dopo era diventata una questione molto tecnica. Sapevamo tutto quello che era possibile sapere. Anche quanti soldi era possibile portare via. Era uno studio complesso.

banda cavallero  3banda cavallero 3

  

Era difficile rapinare una banca?

   Allora, e parlo degli anni Sessanta sì, molto più difficile di quello che accadde poi nei 20 anni dopo. Non potevi sbagliare niente nella programmazione, nei dettagli. Un disegno con un lampione fuori posto e sarebbe saltato tutto.

  

Le banche di oggi?

   Non lo so, non voglio saperlo. Rischieresti di uscire con cento euro. Oggi bisognerebbe andare a rubare ai mafiosi della politica, non alle banche.

  

Vota ancora comunista?

   Non voto, ho perso i diritti civili. Ma non ne sento la mancanza . Non avrei sicuramente votato, questa non è una sinistra. Vedo giovani sonnolenti, anche i più impegnati si cibano di pacifismo. Io non sono un pacifista, se c’è una guerra si combatte.

 

Ma i banditi di oggi, la vengono a cercare? Lei in fondo nelle storie della mala è un personaggio riverito. Le hanno addirittura dedicato canzoni. Carlo Lizzani fece un film sulla Banda Cavallero, Banditi a Milano, il suo ruolo lo interpretava Don Backy. Sanno che non devono cercarmi, che ho cambiato vita.Ma neanche per assaporare il carisma del bandito buono, che buono non era?

   Non devono cercarmi, ho una compagna, lei ha un figlio che vive con noi, e io per quindici anni ho lavorato fino alle 4 del mattino. Sono stanco, molto. E soprattutto non sono quello di quando avevo vent’anni. Io pensavo davvero di poter fare la rivoluzione.

  

banda cavallero  2banda cavallero 2

Perché in carcere si innamora dei brigatisti?

   Perché molti erano compagni, comunisti veri. E perché sognavano lì dove io avevo fallito. Ma la loro è una storia diversa. Però ho sempre familiarizzato con quelli rimasti leali: i pentiti, i dissociati, per me loro non esistono più, fatico ad ascoltare i loro nomi.

  

Anche Cavallero era uomo di grande “carisma”?

   Preparato, un intellettuale. Subivamo il fascino. Io e Piero eravamo fratelli. La banda eravamo noi. Poi ci furono brevi incursioni.

  

Non è il mio lavoro chiederle pentimenti. Ma vorrei sapere cosa pensa di aver fatto di buono nella sua vita.

   Ho combattuto per un carcere migliore. E lì non ho fallito. Anzi, tutt’altro. Chiusero l’Asinara. Per questo mi politicizzai in carcere. Sapevamo di non essere soli. E a ogni rivolta ci menavano, ce ne davano tante di botte. Si sapeva quando iniziava la rivolta e non come sarebbe finita.

 

Era una guerra, tra noi e i secondini. Noi tornavamo a vivere il tempo della rivolta. Poi era di nuovo buio, isolamento, trasferimenti di carcere ogni 15 giorni. Ma sapevamo di non essere soli. Dall’isolamento sapevo che qualcuno al piano di sopra, o fuori, si preoccupava per me.

  

Quanti carceri ha girato?

banda cavallero  1banda cavallero 1

   Non lo so più. Tutti, direi. Ero a Palmi, gli anni delle rivolte. Ero a Nuoro, carcere di Badu ‘e Carros. Mi trasferivano ogni 15 giorni, più o meno. Senza avvisare. Venivano la mattina e mi traducevano altrove, senza che sapessi dove. Lo capivo lungo la strada cosa poteva essere. Ero considerato uno tra quelli non opportuni a rimanere a lungo nello stesso penitenziario.

  

Quante vite ha avuto?

   Quella più importante è stata in carcere. Trent’anni. Avevo avuto un’infanzia in collegio, a Bari. Quando ci trasferimmo a Torino diventai subito rapinatore. Fu un passaggio di consegne con quelli che avevano fatto la Resistenza. Era la rivoluzione contro la Democrazia cristiana e la politica di oggi che ci avrebbe addormentati tutti, come poi è successo.

 

Non rivendico eroismo, non sono niente, sono un vecchio ergastolano. Ma rapinavo le banche da politico, non per arricchirmi. Nacqui proletario, e da tale morirò. Ma ho un piatto di minestra. E se vuole rimanere a cena questa è anche casa sua. Ho il brodo sul fornello, è quasi pronto.

Ultimi Dagoreport

ignazio la russa theodore kyriakou pier silvio berlusconi giorgia meloni matteo salvini

DAGOREPORT - LA TRATTATIVA DI ELKANN PER LA VENDITA DEL GRUPPO GEDI AL GRECO THEO KYRIAKOU STA SCOMBUSSOLANDO IL GOVERNO MELONI E DINTORNI - SE LA “GIORGIA DEI DUE MONDI” VEDE DI BUON OCCHIO LA TRANSIZIONE ELLENICA E SALVINI HA BEN GRADITO LA PROSPETTIVA CHE IL GRECO ANTENNATO SISTEMI PER LE FESTE I “COMUNISTI” DI ‘REPUBBLICA’ E ‘STAMPA’, PER FORZA ITALIA C’È STATO IL VEEMENTE INTERVENTO DEL ‘’PRESIDENTE IN PECTORE’’ DEL PARTITO, PIER SILVIO BERLUSCONI, CHE VEDE IN KYRIAKOU UN COMPETITOR PERICOLOSISSIMO, ALFIERE DI QUEL CAPITALISMO DI STAMPO LIBERISTA, PER NULLA “LIBERAL”, CHE PREDICA IL PRIMATO DELL’ECONOMIA SULLA POLITICA - COSI', DIMENTICANDO IL SUO ATTIVISMO IN GERMANIA PER CREARE UN GIGANTE EUROPEO DELLA TV COMMERCIALE, L’EREDE DEL BISCIONE NON HA TROVATO DI MEGLIO CHE RISPOLVERARE LA BANDIERINA DELL’ITALIANITÀ (“CHE UN PEZZO DI STORIA DELL'INFORMAZIONE DEL NOSTRO PAESE VADA IN MANI STRANIERE UN PO' DISPIACE’’) - MA IL COLPO DI SCENA ARRIVA DAL CO-FONDATORE DI FRATELLI D’ITALIA E SECONDA CARICA DELLO STATO, IGNAZIO LA RUSSA, QUANDO SI È DICHIARATO DISPOSTO A FARE DA INTERMEDIARIO TRA I GIORNALISTI “COMUNISTI” DI GEDI E IL GRECO USURPATORE (ULTIMA USCITA DELLA GUERRIGLIA DI ‘GNAZIO IN MODALITÀ ''LA RISSA'' CONTRO LA DITTATURA DELLE SORELLE MELONI...)

2025agnoletti

CAFONAL ''AGNOLETTI & TORTELLONI'' – AL CIRCOLO CANOTTIERI ANIENE, PER IL PARTY DI “JUMP COMUNICAZIONE” DI MARCO AGNOLETTI, EX PORTAVOCE DI RENZI, E "SOCIAL COM" DI LUCA FERLAINO, UNA MARIA ELENA BOSCHI IN MODALITA' PIN-UP SI PRESENTA CON LA SUA NUOVA FIAMMA, L'AVVOCATO ROBERTO VACCARELLA, CHE QUI È DI CASA (SUA SORELLA ELENA È LA COMPAGNA DI MALAGÒ, GRAN VISIR DEL CIRCOLO DELLA “ROMA BENISSIMO”) – UN GRAN MISCHIONE ALLA ROMANA DI DESTRA E SINISTRA E TIPINI INTERMEDI HA BRINDATO AL NATALE, STARRING: LUCIO PRESTA, PEPPE PROVENZANO, ANTONELLA GIULI, FITTIPALDI, ALESSIA MORANI, FAUSTO BRIZZI, PAOLO CORSINI, NELLO MUSUMECI, SIMONA SALA, ALBERTO MATANO, SALVO SOTTILE, MYRTA MERLINO E MARCO TARDELLI, MICHELA DI BIASE, ITALO BOCCHINO, LAURA TECCE CON VESTITUCCIO SBRILLUCCICANTE CHE NON AVREBBE SFIGURATO AL MOULIN ROUGE, GIORGIA CARDINALETTI IN LOVE... 

alfredo mantovano papa leone xiv italia agenti servizi segreti

OGGI ALLE 11 ALFREDO MANTOVANO E I VERTICI DELL’INTELLIGENCE ITALIANA SONO STATI RICEVUTI IN UDIENZA DA PAPA LEONE XIV, A CITTÀ DEL VATICANO – SARANNO PRESENTI I COMPONENTI COPASIR, IL DIRETTORE GENERALE DEL DIPARTIMENTO DELLE INFORMAZIONI PER LA SICUREZZA (DIS), VITTORIO RIZZI, I DIRETTORI DELLE AGENZIE INFORMAZIONI E SICUREZZA ESTERNA (AISE), GIOVANNI CARAVELLI, E INTERNA (AISI), BRUNO VALENSISE. È LA PRIMA VOLTA DI UN PAPA TRA GLI SPIONI (DI CERTO NON E' LA PRIMA VOLTA DI SPIE INTORNO A UN PAPA...) - PREVOST: "MAI USARE INFORMAZIONI PER RICATTARE" (SI VEDE CHE L'INTELLIGENCE NON È IL SUO FORTE)

brunello cucinelli giorgia meloni mario draghi massimiliano di lorenzo giuseppe tornatore nicola piovani

DAGOREPORT - L’AUTO-SANTIFICAZIONE DI BRUNELLO CUCINELLI È COSTATA CARA, NON SOLO AL “SARTO CESAREO” DEL CACHEMIRE, MA ANCHE ALLE CASSE DELLO STATO - IL CICLOPICO DOCU-FILM “IL VISIONARIO GARBATO”, DIRETTO DAL PREMIO OSCAR GIUSEPPE TORNATORE E BATTEZZATO CON TANTO DI PARTY ULTRACAFONAL IN UNO STUDIO DI CINECITTÀ ALLA PRESENZA DI GIORGIA MELONI E MARIO DRAGHI, È COSTATO LA SOMMETTA DI 9.987.725 MILIONI DI EURO. DI QUESTI, I CONTRIBUTI RICEVUTI DAL MINISTERO DELLA CULTURA CON IL MECCANISMO DEL TAX CREDIT RAGGIUNGONO LA CIFRA DI 3.955.090 MILIONI - DA PARTE SUA, PEPPUCCIO TORNATORE AVREBBE INTASCATO 2 MILIONI PER LA REGIA E 500 MILA PER SOGGETTO E SCENEGGIATURA – A PRODURLO, OLTRE A BRUNELLO STESSO, LA MASI FILM DI MASSIMILIANO DI LUDOVICO, CHE IN PASSATO HA LAVORATO SPESSO CON IL PRODUTTORE MARCO PEROTTI, COINVOLTO NEL CASO KAUFMANN (FU LUI A INOLTRARE LA DOMANDA DI TAX CREDIT PER IL FILM “STELLE DELLA NOTTE” DEL FINTO REGISTA-KILLER) - IL MONUMENTO A SE STESSO GIUNGE AL MOMENTO GIUSTO: DUE MESI FA, UN REPORT DI ''MORPHEUS RESEARCH'' ACCUSO' L'AZIENDA DI CUCINELLI DI VIOLARE LE SANZIONI UE ALLA RUSSIA…

volodymyr zelensky donald trump vladimir putin valery zaluzhny

DAGOREPORT - ZELENSKY, FINITO NELLA TENAGLIA PUTIN-TRUMP E SOSTENUTO SOLO PARZIALMENTE DA UNA UNIONE EUROPEA BALCANIZZATA, CERCA LA MOSSA DEL CAVALLO PER SPARIGLIARE LE CARTE E SALVARE IL SALVABILE: PORTARE L’UCRAINA A ELEZIONI NEL GIRO DI 2-3 MESI. SAREBBE UNA VITTORIA DI PUTIN, CHE HA SEMPRE CHIESTO DI RIMUOVERE IL PRESIDENTE (DEFINITO “DROGATO”, “TOSSICOMANE”, “MENDICANTE”). IN CAMBIO “MAD VLAD” DOVREBBE ACCONSENTIRE A UNA TREGUA PER PERMETTERE IL VOTO, SOTTO ATTENTO CONTROLLO DEGLI OSSERVATORI OCSE – IN POLE POSITION L’EX CAPO DI STATO MAGGIORE, VALERY ZALUZHNY. MA SIAMO SICURI CHE UN INTEGERRIMO GENERALE COME LUI SIA DISPOSTO A METTERE LA FACCIA SULLA RESA?