BESTIE MOTORIZZATE IN PROVINCIA DI BERGAMO – PEGGIO DEL BRONX: LA DOTTORESSA UCCISA PER AVER SOCCORSO UN IMMIGRATO ACCOLTELLATO DURANTE UNA RISSA

1. LA DOTTORESSA UCCISA PER AVER SOCCORSO UN INDIANO
Fabio Poletti per "La Stampa"

L'ultima telefonata partita dal suo cellulare è al 118 per chiamare le ambulanze. L'ultima immagine della dottoressa Eleonora Cantamessa, ripresa dalle telecamere in faccia a un mobilificio su questo stradone che porta da Trescore Balneario a Chiuduno, la vede con un vestito elegante mentre esegue il massaggio cardiaco su un immigrato indiano a terra.

Se fossimo a «Grey's anatomy» ci sarebbe il lieto fine. E invece questa è la provincia di Bergamo dove quasi due persone su dieci sono straniere, dove basta una birretta di troppo per fare un disastro e dove alla fine si muore per niente, solo per il gesto generoso di un medico scrupoloso di 44 anni con la specializzazione in Ginecologia. La dottoressa Cantamessa è morta su questo stradone alle dieci e mezza dell'altra sera, investita da un indiano ubriaco che prima ha accoltellato un suo connazionale per una lite senza perché, poi lo ha investito e con lui la sua soccorritrice.

Quattro auto coinvolte, otto persone ferite, alcune in modo grave, spalmate negli ospedali della provincia, e due morti rimasti sull'asfalto. Dove si vedono ancora i segni delle sgommate, le macchie di sangue lavate via con la segatura, i segni col gessetto della Stradale e i mazzolini di fiori bianchi, i lumini e il cuore di plastica con su scritto a pennarello «Ely dolce angelo», lasciato da mani pietose.

Quello che è successo lo hanno raccontato ai carabinieri i testimoni. Poi ci sono le riprese delle telecamere per strada. E il racconto di Gianluca Bartoli, l'amico della dottoressa che era con lei in auto e adesso è in ospedale a Seriate con un paio di costole rotte, contusioni ovunque e gli occhi lucidi: «Eravamo stati con amici a un aperitivo a Cologne... Abbiamo visto quello che sembrava un incidente stradale ma io che guidavo ero già andato avanti di duecento metri... È stata Eleonora ad insistere perché tornassimo indietro... Ha insistito anche quando abbiamo capito che si trattava di una rissa... Era fatta così, Eleonora...».

Passa meno di un minuto da quando Gianluca Bertoli fa inversione: «Ho visto l'auto che ci veniva addosso. Ho sentito un gran botto e un grande dolore... Mi sono accorto subito che Eleonora non respirava più, ma solo stamattina mi hanno detto...».

La notizia della morte della dottoressa rimbalza di paese in paese insieme alle indagini dei carabinieri che non ci mettono niente a ricostruire quello che è successo e a individuare tutte le persone coinvolte nella gigantesca rissa sfociata in un duplice omicidio. Si tratta di indiani che lavorano nelle serre della zona. Uno di loro finisce in caserma al mattino. Individuare gli altri sarà cosa da niente. Così come scoprire i motivi all'origine della gigantesca rissa anche se cambia poco sapere perché questo stradone di Chiudono è diventato un Far West.

«Come il Bronx, questo oramai è il Bronx...», si sfoga Luigi Cantamessa, il fratello della dottoressa uccisa che aveva lo studio in centro a Trescore Balneario e che tutti conoscevano perché da anni ogni bambino nato in questo paesone passava dal suo ambulatorio. «Mia sorella era una donna generosa. È morta da eroina. Nel dolore straziante che proviamo siamo però orgogliosi di sapere che è morta facendo il suo dovere. Come ha fatto per tutta la vita. Quando apriva il suo studio agli immigrati e li visitava anche se non potevano pagare...».

«Mia figlia era altruista, lo è stata fino in fondo», dice dal balcone sua mamma Mariella. Non può esserci ancora rassegnazione nelle loro parole. Ma non c'è nemmeno l'odio che ci si aspetta. Solo Luigi, il fratello, è sconsolato: «Queste cose succedono in questo Paese che non ha più Stato. Gli immigrati sono troppi, ma soprattutto sono incontrollati». Parole dignitose, alla fine. Su cui altri costruiscono i teoremi della politica.

Il sindaco di Trescore, Alberto Finazzi, maglietta verde leghista d'ordinanza, tuona contro il governo: «La troppa solidarietà agli immigrati porta a questo. Il sistema dell'accoglienza non va bene. Tocca a certi ministri dare delle risposte, noi abbiamo le mani legate». Il suo collega di Chiudono, Stefano Locatelli, stessa fede padana alza il tiro: «Agli immigrati è concesso tutto. Ma da quando è stato cancellato il pacchetto sicurezza di Maroni, la situazione è precipitata». Niente, rispetto all'ex ministro Roberto Calderoli che, come sempre, si staglia allo zenit: «Chi ha ucciso va trattato come una bestia. Bisogna riflettere se sia stata opportuna o meno l'abolizione della pena di morte».

2. MORIRE DA SAMARITANI SOCCORRENDO UN FERITO
Francesco Merlo per "La Repubblica"

Il grande eroismo del piccolo gesto è costato la vita a una di noi, una dolce signora di Bergamo, che è morta nella guerra a bassa intensità che ogni giorno si combatte nelle strade d'Italia. Animali travestiti da uomini, per finire un uomo già finito, hanno infatti ucciso anche lei che lo stava soccorrendo come appunto avrebbe fatto ciascuno di noi.
Non il buon Samaritano della parabola o san Francesco, ma chiunque si fosse trovato a passare di lì e avesse visto quell'indiano steso per terra, straziato dalle sprangate, boccheggiante e rantolante.

Eleonora Cantamessa era una ginecologa di 44 anni, un medico. E dunque non era mossa soltanto dalla pietà ma anche dalla fedeltà al giuramento di Ippocrate, dalla competenza, dall'abitudine a soccorrere. Il medico si mette sempre di traverso davanti alla morte, cerca di fermarla, di ritardarla, di renderla meno dolorosa. Eleonora Cantamessa per professione aveva dichiarato morte alla morte.

Ma quattro bestie a bordo di una Golf sono tornate indietro, non come i killer freddi che seguono una logica, ma come furie appunto, travolgendo tutti quelli che, nonostante l'ora, si erano fermati ad aiutare il ferito, un'auto che passava, qualsiasi ostacolo che intralciava la loro corsa verso quel corpo da finire.

Sono questi i nuovi mostri che perdono i controlli e picconano i passanti come a Milano, sparano in pizzeria come a Pozzuoli, penetrano nelle case come a Perugia e uccidono chiunque si metta di mezzo, si accaniscono a coltellate come a Bari. È una nuova antropologia che ha ormai invaso le nostre strade, non più luogo di incontro e di passaggio ma discarica di frustrazioni, aggressività, malumori, spietatezza.

Che si tratti di indiani non ha molta importanza, perché la macelleria non è un appannaggio né razziale né etnico ma è il prodotto più visibile dell'imbarbarimento generale che non conosce meticciati e transnazionalità, melting pot e incroci.

Sappiamo già, prima ancora di sentirli, di cosa stanno straparlando i leghisti che vanno avanti a meccanismi pavloviani perché sono il rovescio, l'uguale contrario dei cattivi immigrati, che certo ci sono, perché la sola democrazia che al mondo funziona perfettamente è la distribuzione in dosi uguali di stupidità e di ferocia.

Ma le strade italiane sono trincee e percorsi di guerra come in America, come in Inghilterra, come in Francia, senza il bilancino milligrammato delle nazionalità: non ci sono razze più stupide e più feroci di altre ma ci sono uomini più stupidi e più feroci in tutte le razze.

La foto della dottoressa Cantamessa ci mostra una faccia piena di luce, predisposta al sorriso. E vale la pena correre il rischio della retorica e mettere sotto la lente di ingrandimento l'Italia che la dottoressa rappresenta, la stessa che a Lampedusa, a Ragusa, a Catania accorre ad aiutare i disperati che sbarcano dalle carrette del mare. Il paese di Chiuduno, dove è morta, di Trescore Balneare dove viveva, la città di Bergamo dove era nata, sono l'Italia minore, cattolica ricca e per bene, dove anche i legisti sono ormai tollerati e metabolizzati.

E voglio dire che questa tragedia non rischia di incrementare la xenofobia contro la quale stiamo, tutto sommato, mostrando di avere prodotto gli anticorpi. Il pericolo vero è che vinca don Abbondio che «proseguiva il suo cammino guardando a terra e buttando con un piede verso il muro i ciottoli che facevano inciampo nel sentiero».

Alessandro Manzoni non immaginava che il suo buon parroco vigliacco sarebbe stato rilanciato come tentazione, come modello anche per noi, per chi appunto non è samaritano né francescano, ma per noi italiani che siamo sempre pronti a quegli atti di piccola prospettiva senza eroismo, come quello che è costato la vita alla dottoressa, che sono l'immensa forza di una democrazia.

Perché, come notava l'Uomo senza qualità «la loro somma collettiva mette in circolo una quantità di energia molto superiore a quella che viene impiegata in atti di eroismo, anzi al confronto le azioni eroiche appaiono nel loro insieme minuscole come un granello di sabbia posto per illudersi in cima a un monte».

La dottoressa di Bergamo era un campione di questi italiani pietosi, qualcuno pio, qualcuno medico, altri infervorati di senso civico ..., c'è chi è preso da generosità, chi ha la solidarietà come cultura e chi per istinto sa infilarsi con carità non pelosa nelle minuscole e terribili tragedie di ogni giorno, sempre senza calcoli e senza mai immaginare che possa arrivare un'auto omicida, una valanga di follia.

Se è vero che la storia si fa con le piccole storie e anche nella morte di una sola persona può nascondersi il significato di un'epoca, ebbene dobbiamo impedire che con la dottoressa muoia l'Italia dei piccoli grandi gesti quotidiani.

 

 

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