la giuditta attribuita a caravaggio

IL CARAVAGGIO DELLA DISCORDIA - DAL RIFIUTO DI ESPORLO DI PALAZZO BARBERINI E CAPODIMONTE AL REBUS DELLA VENDITA: RETROSCENA DELLA DISCUSSA MOSTRA A BRERA - IL DUBBIO RESTA: PUÒ UN MUSEO DELLO STATO “CONSACRARE” UN QUADRO INCERTO, CHE, SE ACCOSTATO A MERISI, VALE 120 MILIONI DI EURO?

LA GIUDITTA ATTRIBUITA A CARAVAGGIO LA GIUDITTA ATTRIBUITA A CARAVAGGIO

Dario Pappalardo per la Repubblica

 

«Non è una mostra. Ma un dialogo tra opere d’arte voluto dal direttore di Brera James Bradburne. L’iniziativa è stata sua. Io ho solo attribuito l’opera a Caravaggio con una relazione, sollecitato dallo Stato francese».

 

Nicola Spinosa, lo studioso che ha assegnato a Caravaggio la Giuditta della discordia che sarà a Milano dal 7 novembre, si smarca dalle polemiche. Anche se Giovanni Agosti, contrario a esporre in un museo pubblico un quadro dubbio, scoperto in Francia nel 2014 e destinato alla vendita, si è dimesso dal comitato scientifico della Pinacoteca di Brera.

 

Anche se, si scopre oggi, altri due musei statali – Palazzo Barberini a Roma e Capodimonte a Napoli – hanno rifiutato la stessa mostra o non le hanno prestato opere certe di Caravaggio.

 

Il dubbio è: può un museo dello Stato “consacrare” un quadro incerto, che, se accostato a Merisi, vale, come decretato in Francia, 120 milioni di euro? Secondo Spinosa, che ha stilato una relazione che autentica il dipinto sottoposta al commissario francese Eric Turquin senza sentirsi in nessun modo in conflitto di interessi, sì.

CARAVAGGIOCARAVAGGIO

 

Lui stesso, che nel dettagliato parere redatto per i francesi definisce la tela come «un sicuro originale del maestro lombardo», ha scritto il saggio che ribadisce l’attribuzione all’interno del catalogo della mostra di Brera che sarà pubblicato da Skira. «Non ho preso un centesimo dai proprietari del quadro – precisa Spinosa – Nemmeno li ho conosciuti. E, seppure l’avessi fatto, non vedo cosa c’entri con l’operazione di Brera. Sono in pensione da nove anni, dopo essere stato soprintendente e direttore di Capodimonte.

 

Sono un uomo libero. Anzi, i soli soldi che ho preso sono quelli che mi ha dato la Pinacoteca di Brera per il nuovo allestimento delle opere dal manierismo a barocco. Il museo non è la garanzia che un quadro sia certamente di un artista.L’importante è sottoporre l’opera a un dibattito critico. Per questo ci vuole uno spazio pubblico. Bradburne, che è l’unico vero direttore manager che ora abbiamo in Italia, l’ha capito».

 

Bradburne ha intitolato la mostra della discordia Attorno a Caravaggio - Una questione di attribuzione e fa sapere che «un museo non si assume alcuna responsabilità in merito alle attribuzioni fornite dai prestatori, siano essi pubblici o privati ». Accanto al nome di Caravaggio apposto sulla didascalia della Giuditta francese ci sarà un asterisco che rimanderà alle polemiche sull’attribuzione.

 

Il quadro sarà esposto accanto alla Cena in Emmaus e ad altri quattro lavori di caravaggisti, tra cui la Giuditta della collezione Intesa di Napoli assegnata al fiammingo Luis Finson, che è molto simile alla tela ritrovata in Francia. Come richiesto dal dimissionario Agosti, poi, una giornata di studi a porte chiuse permetterà agli storici dell’arte di esprimersi. A rimetterci, a questo punto, dicono da Brera, potrebbero essere gli stessi proprietari dell’opera, se, dai confronti, per la maggioranza degli studiosi la nuova Giuditta non risulterà essere di Caravaggio. A Milano, comunque, ribadiscono: l’opera non è sul mercato.

CARAVAGGIOCARAVAGGIO

 

Spinosa, invece, non esclude per niente la possibilità che la Giuditta francese diventi presto un oggetto conteso da chi offre il prezzo più alto. Anzi. «Il 6 febbraio la Giuditta se ne torna in Francia – spiega – Magari, scaduto il diritto di prelazione dello Stato francese, che dura tre anni, la comprerà il collezionista milionario François Pinault. A me spiace che un Caravaggio come questo non sia stato esposto in un museo come Capodimonte che ha la Flagellazione. Eppure l’avevo suggerito».

 

E invece no perché il direttore di Capodimonte, francese per altro, Sylvain Bellenger, nominato nella stessa tornata che ha portato Bradburne a Brera, è di tutt’altro avviso. «Il ruolo del museo non è quello di agevolare il lavoro del mercato dell’arte – dice lui che occupa il posto un tempo di Spinosa – Un funzionario dello Stato non ha il diritto di esprimere un’opinione su un’opera che appartiene a una collezione privata e che sarà destinata alla vendita. La presa di posizione del museo rischia di influenzare seriamente il mercato. Non so perché Bradburne l’abbia fatto».

 

Ma c’è un altro museo statale che si è tirato fuori dalla partita giocata da Brera. È Palazzo Barberini a Roma, dove si trova la Giuditta che taglia la testa di Oloferne, quella sì certa, che fu dipinta da Caravaggio per il banchiere Ottavio Costa all’inizio del Seicento. «Non mi andava di prestarlo – dice secca la direttrice Flaminia Gennari Santori – In ogni caso, non credo che avrebbe avuto senso esporre la Giuditta Barberini accanto a quella trovata in Francia. Sono due opere molto diverse. Non ho mai visto da vicino l’opera francese. Dalle fotografie mi pare un bellissimo quadro, ma è un prototipo napoletano, non sembra di Caravaggio».

 

GIOVANNI AGOSTI GIOVANNI AGOSTI

Sulla possibilità di mettere in mostra un Caravaggio molto discusso da Palazzo Barberini si sollevano perplessità. «A volte i privati hanno dipinti interessantissimi, ma esporre in uno spazio pubblico un dipinto in vendita è problematico. Il lavoro di un museo non è quello di convalidare opere che sono sul mercato. Muoversi bene spetta al direttore. Comunque non penso che Bradburne abbia la necessità di fare un favore a un mercante».

 

Pure Keith Christiansen del Metropolitan di New York ha fatto il nome di Caravaggio per la Giuditta francese, «anche se alcuni particolari mi lasciano perplesso», sottolinea. «Esponendolo a Brera, i proprietari si sono assunti un rischio. Non c’è alcuna certezza che vi sia un ampio consenso su questa attribuzione ».

 

GIOVANNI AGOSTI  GIOVANNI AGOSTI

Ultimi Dagoreport

donald trump vladimir putin giorgia meloni

DAGOREPORT - IL VERTICE DELLA CASA BIANCA È STATO IL PIÙ  SURREALE E “MALATO” DELLA STORIA POLITICA INTERNAZIONALE, CON I LEADER EUROPEI E ZELENSKY IN GINOCCHIO DA TRUMP PER CONVINCERLO A NON ABBANDONARE L’UCRAINA – LA REGIA TRUMPIANA: MELONI ALLA SINISTRA DEL "PADRINO", NEL RUOLO DI “PON-PON GIRL”, E MACRON, NEMICO NUMERO UNO, A DESTRA. MERZ, STARMER E URSULA, SBATTUTI AI MARGINI – IL COLMO?QUANDO TRUMP È SCOMPARSO PER 40-MINUTI-40 PER “AGGIORNARE” PUTIN ED È TORNATO RIMANGIANDOSI IL CESSATE IL FUOCO (MEJO LA TRATTATIVA PER LA PACE, COSÌ I RUSSI CONTINUANO A BOMBARDARE E AVANZARE) – QUANDO MERZ HA PROVATO A INSISTERE SULLA TREGUA, CI HA PENSATO LA TRUMPISTA DELLA GARBATELLA A “COMMENTARE” CON OCCHI SPACCANTI E ROTEANTI: MA COME SI PERMETTE ST'IMBECILLE DI CONTRADDIRE "THE GREAT DONALD"? - CILIEGINA SULLA TORTA MARCIA DELLA CASA BIANCA: È STATA PROPRIO LA TRUMPETTA, CHE SE NE FOTTE DELLE REGOLE DEMOCRATICHE, A SUGGERIRE ALL'IDIOTA IN CHIEF DI EVITARE LE DOMANDE DEI GIORNALISTI... - VIDEO

francesco milleri gaetano caltagrino christine lagarde alberto nagel mediobanca

TRA FRANCO E FRANCO(FORTE), C'E' DI MEZZO MPS - SECONDO "LA STAMPA", SULLE AMBIZIONI DI CALTAGIRONE E MILLERI DI CONTROLLARE BANCHE E ASSICURAZIONI PESA L’INCOGNITA DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA - CERTO, PUR AVENDO IL 30% DI MEDIOBANCA, I DUE IMPRENDITORI NON POSSONO DECIDERE LA GOVERNANCE PERCHÉ NON HANNO REQUISITI DETTATI DALLA BCE (UNO FA OCCHIALI, L'ALTRO CEMENTO) - "LA STAMPA"  DIMENTICA, AHINOI!, LA PRESENZA DELLA BANCA SENESE, CHE I REQUISITI BCE LI HA TUTTI (E IL CEO DI MPS, LOVAGLIO, E' NELLE MANI DELLA COMPAGNIA CALTA-MELONI) - COSA SUCCEDERÀ IN CASO DI CONQUISTA DI MEDIOBANCA E DI GENERALI? LOR SIGNORI INDICHERANNO A LOVAGLIO DI NOMINARE SUBITO IL SOSTITUTO DI NAGEL (FABRIZIO PALERMO?), MENTRE TERRANNO DONNET FINO ALL'ASSEMBLEA DI GENERALI...

donald trump grandi della terra differenza mandati

FLASH! - FA MALE AMMETTERLO, MA HA VINTO DONALD TRUMP: NEL 2018, AL G7 IN CANADA, IL TYCOON FU FOTOGRAFATO SEDUTO, COME UNO SCOLARO CIUCCIO, MENTRE VENIVA REDARGUITO DALLA MAESTRINA ANGELA MERKEL E DAGLI ALTRI LEADER DEL G7. IERI, A WASHINGTON, ERA LUI A DOMINARE LA SCENA, SEDUTO COME DON VITO CORLEONE ALLA CASA BIANCA. I CAPI DI STATO E DI GOVERNO EUROPEI, ACCORSI A BACIARGLI LA PANTOFOLA PER CONVINCERLO A NON ABBANDONARE L'UCRAINA, NON HANNO MAI OSATO CONTRADDIRLO, E GLI HANNO LECCATO VERGOGNOSAMENTE IL CULO, RIEMPIENDOLO DI LODI E SALAMELECCHI...

pietrangelo buttafuoco alessandro giuli beatrice venezi

DAGOREPORT – PIÙ CHE DELL’EGEMONIA CULTURALE DELLA SINISTRA, GIULI E CAMERATI DOVREBBERO PARLARCI DELLA SEMPLICE E PERENNE EGEMONIA DELL’AMICHETTISMO E DELLA BUROCRAZIA – PIAZZATI I FEDELISSIMI E GLI AMICHETTISSIMI (LA PROSSIMA SARÀ LA DIRETTRICE DEL LATO B VENEZI, CHE VOCI INSISTENTI DANNO IN ARRIVO ALLA FENICE), LA DESTRA MELONIANA NON È RIUSCITA A INTACCARE NÉ LO STRAPOTERE BARONALE DELLE UNIVERSITÀ NÉ LE NOMINE DIRIGENZIALI DEL MIC. E I GIORNALI NON NE PARLANO PERCHÉ VA BENE SIA ALLA DESTRA (CHE NON SA CERCARE I MERITEVOLI) CHE ALLA SINISTRA (I BUROCRATI SONO PER LO PIÙ SUOI)

donald trump giorgia meloni zelensky macron tusk starmer

DAGOREPORT - DOVE DIAVOLO È FINITO L’ATTEGGIAMENTO CRITICO FINO AL DISPREZZO DI GIORGIA MELONI SULLA ‘’COALIZIONE DEI VOLENTEROSI”? - OGGI LA RITROVIAMO VISPA E QUERULA POSIZIONATA SULL'ASSE FRANCO-TEDESCO-BRITANNICO, SEMPRE PRECISANDO DI “CONTINUARE A LAVORARE AL FIANCO DEGLI USA” - CHE IL CAMALEONTISMO SIA UNA MALATTIA INFANTILE DEL MELONISMO SONO PIENE LE CRONACHE: IERI ANDAVA DA BIDEN E FACEVA L’ANTI TRUMP, POI VOLA DA MACRON E FA L’ANTI LE PEN, ARRIVA A BRUXELLES E FA L’ANTI ORBÁN, INCONTRA CON MERZ E FA L’ANTI AFD, VA A TUNISI E FA L’ANTI SALVINI. UNA, NESSUNA, CENTOMILA - A MANTENERE OGNI GIORNO IL VOLUME ALTO DELLA GRANCASSA DELLA “NARRAZIONE MULTI-TASKING” DELLA STATISTA DELLA GARBATELLA, OLTRE AI FOGLI DI DESTRA, CORRONO IN SOCCORSO LE PAGINE DI POLITICA INTERNA DEL “CORRIERE DELLA SERA”: ‘’PARE CHE IERI MACRON SI SIA INALBERATO DI FRONTE ALL’IPOTESI DI UN SUMMIT A ROMA, PROPONENDO SEMMAI GINEVRA. MELONI CON UNA BATTUTA LO AVREBBE CALMATO” - SÌ, C’È SCRITTO PROPRIO COSÌ: “CON UNA BATTUTA LO AVREBBE CALMATO”, MANCO AVESSE DAVANTI UN LOLLOBRIGIDA QUALSIASI ANZICHÉ IL PRESIDENTE DELL’UNICA POTENZA NUCLEARE EUROPEA E MEMBRO PERMANENTE DEL CONSIGLIO DI SICUREZZA DELL'ONU (CINA, FRANCIA, RUSSIA, REGNO UNITO E USA) - RIUSCIRÀ STASERA L’EROINA DAI MILLE VOLTI A COMPIERE IL MIRACOLO DELLA ‘’SIRINGA PIENA E MOGLIE DROGATA’’, FACENDO FELICI TRUMP E MACRON?