colosseo pozzanghera

PANICO A ROMA: CERCASI DISPERATAMENTE UNA BOMBA D’ACQUA! - UNA CAPITALE DESERTIFICATA DALLE PAURE DEL SINDACO E DEL PREFETTO, IN ATTESA DEL PEGGIO CHE NON ARRIVA. SEMPRE MEGLIO CHE LAVORARE

Marianna Rizzini per “Il Foglio”

 

La giornata vissuta in attesa del peggio che tarda ad arrivare (ieri, a Roma, climaticamente parlando) comincia con la sensazione che quel peggio in qualche modo sfugga: sarà questa la “bomba d’acqua” di cui si parla, e per cui sono state chiuse le scuole?, si domandavano ieri mattina i cittadini che vedevano il cielo rabbuiarsi nella cappa di nuvoloni neri, e poi le gocce d’acqua fitte fitte, come in un tipico acquazzone di novembre (è novembre), con le pozzanghere da aggirare in galosce e l’acqua che sull’asfalto forma bolle e torrentelli.

 

ALLAGAMENTI A ROMA ALLAGAMENTI A ROMA

Sarà normale o è la “bomba d’acqua”?, era il dubbio che sorgeva, e non c’era verso di scioglierlo, ché appena il cielo diventava meno scuro, a metà mattina, subito i siti web spostavano più in là nello spazio e nel tempo – a Ostia e alle quattro di pomeriggio, anzi alle sei, anzi a mezzanotte – quell’imprendibile “allerta meteo” che dal giorno precedente confondeva gli ansiosi: “Arriverà nel pomeriggio”, si leggeva a mezzogiorno su Twitter. “L’emergenza è passata”, si leggeva alla stessa ora su Facebook.

 

“E’ nubifragio” ma “non ancora diluvio”, era la sentenza dei siti web dei principali quotidiani (intanto la Polizia municipale twittava il problema e pure l’avvenuta soluzione: chiusa la fermata-metro di Porta Furba; riaperta la fermata di Porta Furba; chiuso il sottopasso tiburtino; riaperto il sottopasso tiburtino).

 

“Forse domani prorogheremo le misure precauzionali”, diceva dopo pranzo il sindaco Ignazio Marino, non da Roma ma da Milano (ma se io sono qui vuol dire che a Roma siamo una grande squadra, twittava a un certo punto da una riunione Anci sotto la Madunina).

 

ALBERI CADUTI PER NUBIFRAGIO A ROMA ALBERI CADUTI PER NUBIFRAGIO A ROMA

Domani scuole di nuovo aperte”, lo smentiva involontariamente la prefettura, e tutto si teneva, nella rappresentazione preventiva della catastrofe annunciata e del suo graduale scioglimento. “Uscite di casa solo se necessario, prendete la macchina solo per andare al lavoro”, avevano detto sindaco e prefetto il giorno precedente.

 

E l’effetto, quello sì, era stato stupefacente, al mattino: strade vuote, piazze spettrali, un temporale alle otto e mezzo, poi la beffa: “Ma è quasi una schiarita!”, dicevano increduli i romani di fronte al cielo non più così fosco, togliendosi gli impermeabili con cui erano arrivati timorosi e in fretta nei loro uffici, dopo aver piazzato i figli tenuti a casa da scuola (per pioggia e per volere del sindaco) presso nonni o baby sitter a loro volta angosciati all’idea di prendere l’autobus (“c’è l’allerta meteo”).

Ignazio Marino Ignazio Marino

 

“Ma sarà prudente andare a un appuntamento a Prati?”, era il messaggio whatsapp che correva da un cellulare all’altro alle 6,50 del mattino, sulle chat delle mamme dei compagni d’asilo, tam-tam animale nella giungla. La “bomba d’acqua” era diventata reale senza bisogno di cadere. Tanto che, dopo un primo forte scroscio senza cataclisma (“allagamenti a Roma sud”), qualcuno, pur sollevato, pareva quasi deluso: ma allora non era “la bomba”.

 

E’ questione di lessico, prima di tutto: “bomba d’acqua” invece di “nubifragio”, “allerta meteo” invece di “pioggia forte in arrivo”. E’ ansia da attesa del Giudizio (abbiamo inquinato troppo, è l’immancabile senso di colpa instillato dai catastrofisti ecologici nascosti tra gli amici di social network). E’ l’Apocalissi immaginata (un panorama da “La strada” di Cormac McCarthy appariva ieri sotto la finestra all’alba, ma era solo una Roma senza traffico, forse).

Pecoraro IL Prefetto GIuseppe Pecoraro Pecoraro IL Prefetto GIuseppe Pecoraro

 

Apocalissi temibile, sì, ma poi non immediatamente riconoscibile: alle quattro il nuvolone nero tornava, con la grandine vera (foto sui social) e dieci minuti di pioggia anche violenta, anche sbieca: “Colosseo allagato”, “disagi” a Fiumicino, Casilina “in tilt”, Ostia con pioggia a catinelle buttata in aria dal vento, ma che fosse “bomba d’acqua” oppure no, vallo a capire, pensavano i cittadini, autosuggestionati ma memori di altri nubifragi autunnali così simili alla presunta “bomba”.

 

Sul sito dell’aeronautica militare (www.meteoam.it), quello che, tra gli altri, viene letto dalla Protezione civile, nel tardo pomeriggio si leggeva: “Persistono per le prossime 12-18 ore precipitazioni temporalesche intense su Lazio e Campania…”. Quale rischio vederci, quale non vederci?

 

Paralizzare tutto per paura che qualcosa di brutto accada, ed essere criticato per “eccessivo allarme”, oppure non paralizzare ed essere criticati per “mancato allarme”? Dilemma di ogni sindaco, chissà (Gianni Alemanno si faceva vedere a spalare neve, dopo aver irriso le previsioni, Marino non vuole essere accusato d’ignavia). E’ l’insopportabilità dell’incertezza in un mondo dove il principio di precauzione viene applicato per paura (o convenienza) a quasi tutto. Intanto il Codacons fa i conti in tasca all’allerta romana: scuole chiuse, gente a casa, “cinque milioni di danni da mancata produttività”. E dal web si leva il coro: Marino, pulisci i tombini!.

 

Gianni Alemanno Gianni Alemanno

A New York, tre anni fa, ai tempi dell’uragano “Irene” (presunto uragano spazza-tutto) la città era stata immobilizzata e mezza evacuata a monte dal sindaco Bloomberg. “Il principio di precauzione fa vivere meglio o peggio?”, si era domandato allora Carlo Stagnaro (Istituto Bruno Leoni) su questo giornale, paragonando il caso New York a quello del “no preventivo” al Ddt e agli Ogm e alla lotta allarmistica, ma non sempre “scientifica”, al “degrado ambientale”. E aveva citato le parole dello scienziato sociale Aaron Wildavsky: l’abolizione del rischio demolisce il processo di creazione della conoscenza.
 

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