DIROTTA SU AL QAEDA - LE AUTORITÀ SEGUONO TRE PISTE TERRORISTICHE PER LA SCOMPARSA DEL VOLO MALAYSIAN - E I PARENTI SPERANO CHE I PASSEGGERI SIANO ANCORA VIVI IN QUALCHE ANFRATTO ASIATICO

1. L'OMBRA DI AL QAEDA SULL'AEREO FANTASMA
Maurizio Molinari per ‘La Stampa'

Le ultime parole dall'aereo malese scomparso arrivarono alla torre di controllo di Kuala Lumpur dopo la disattivazione dei sistemi di comunicazione di bordo e ciò lascia supporre un dirottamento per il quale vi sono al momento tre possibili sospetti: almeno uno dei piloti, Al Qaeda oppure i separatisti uiguri.

È stato il ministro della Difesa malese, Hishammuddin Hussein, a rivelare che quando una voce dall'aereo disse «All right, Good night» (tutto a posto, buonanotte) alla torre di controllo i sistemi di segnalazione «Acar» erano già disattivati, con l'aggiunta che l'identificatore del volo sulle rotte commerciali era stato spento separatamente. Da qui il sospetto che qualcuno a bordo abbia disattivato i segnalatori e poi detto a terra che tutto era regolare al fine di sparire dai radar e impossessarsi del Boeing decollato da Kuala Lumpur alla volta di Pechino.

Sebbene il dirottamento resti solo un'ipotesi porta con sé l'interrogativo sulla matrice e a tale proposito sono tre le piste che, da Londra a Pechino, gli investigatori seguono.
La prima riguarda Zaharie Ahmad Shah, il pilota del volo MH370, che è un fervente seguace del leader dell'opposizione malese Anwar Ibrahim, condannato a cinque anni di prigione per sodomia il giorno prima del decollo dell'aereo. La polizia malese ha perquisito la casa di Ahmad Shah trovando un simulatore di volo che ora viene esaminato cercando indizi.

C'è poi la pista di Al Qaeda che viene da Londra perché il «Sunday Telegraph» ha rivelato che l'anglomusulmano Sajit Badat, condannato nel 2005 per terrorismo nei ranghi di Al Qaeda, ha dichiarato durante il processo in corso a New York ad Abu Ghaith - nipote ed ex portavoce di Osama bin Laden - di aver incontrato in Afghanistan «4 o 5 jihadisti malesi, uno dei quali era un pilota», consegnandogli «una scarpa munita di microbomba» per far saltare la porta della cabina di pilotaggio.

L'intelligence britannica ritiene Badat una «fonte credibile» e questo spiega perché Michael McCaul, presidente della commissione Sicurezza Interna alla Camera Usa, ipotizzi che Al Qaeda si sia impossessata del Boeing per «usarlo come un missile» in maniera analoga a quanto fece l'11 settembre 2001 con i quattro aerei lanciati contro Washington e New York.

La terza possibilità è che a impossessarsi del volo siano stati gli uiguri già responsabili del recente attacco con coltelli a una stazione ferroviaria in Cina che ha causato 29 vittime. Pochi giorni prima del decollo del volo MH370 una voce anonima aveva chiamato l'aeroporto internazionale di Pechino chiedendo «l'indipendenza della Turchia Orientale» come i separatisti uiguri definiscono la regione del Xinjang.

Lo scenario di un dirottamento porta la task force malese che guida le indagini - con il sostegno di 25 Paesi, inclusi Usa ed europei - a procedere in due direzioni: l'esame minuzioso delle identità delle 239 persone a bordo per verificare la presenza di individui «a rischio» e i controlli sui territori di almeno 15 Paesi dove il Boeing potrebbe essere atterrato.

Sono 634 le piste con le caratteristiche necessarie secondo l'aviazione civile australiana: 45 metri di larghezza e 1500 di lunghezza. Di certo, come spiega Rohan Gunaratna, esperto di terrorismo alla Nanyang Technological University a Singapore, «se è un piano terroristico ha avuto preparativi lunghi». Da qui la necessità per gli investigatori di non escludere nulla: neanche il possibile decollo del Boeing con nuove insegne e identificativi, per confondersi sulle rotte commerciali al fine di colpire l'obiettivo prefissato.


2. TRA I FAMILIARI IN ANSIA CHE SPERANO NEL DIROTTAMENTO: ‘MA ALLORA SONO ANCORA VIVI
Ilaria Maria Sala per ‘La Stampa'

Il Boeing 777 della Malaysia Airlines MH370 è scomparso da nove giorni. A Pechino è una domenica grigia, con i livelli di inquinamento che tornano a superare la soglia di sicurezza: le sessioni plenarie dell'Assemblea Nazionale del Popolo e dell'Assemblea Consultiva sono state chiuse giovedì, e tutte le fabbriche della capitale sono state riaperte, schiacciando la città tra cieli plumbei e traffico esasperante.

All'Hotel Metro Park Lido, nel distretto di Chaoyang, più di duecento familiari restano in attesa di notizie dei passeggeri del volo che da Kuala Lumpur doveva atterrare a Pechino diversi giorni fa (a bordo del Boeing c'erano 153 persone di nazionalità cinese). Questo albergo degli Anni 80, uno dei primi hotel internazionali della capitale, è diventato il centro nevralgico di un dramma che non ha precedenti, ed è qui che vengono tenute le quotidiane conferenze stampa e da cui le troupe televisive trasmettono gli scarsi aggiornamenti disponibili.

E, quando possibile, è qui che vengono intervistati i familiari dei passeggeri, cosa sempre meno facile, man mano che, contro ogni logica, il mistero dell'aereo si infittisce, e i familiari dei passeggeri vengono sottoposti al prolungarsi di un'angoscia e una frustrazione inedite.

È possibile riconoscerli, mentre camminano con aria spersa per il lungo corridoio che divide in due il piano terra del Lido, dai loro cappotti sgualciti e dai volti stanchi. Ma anche dal modo in cui cercano di evitare le televisioni e i numerosi giornalisti, e da come si riuniscono invece in piccoli gruppi nervosi, che tentano di fare il punto della situazione e preparare dichiarazioni collettive. Ogni documento, forza dell'impotenza, ripete le stesse richieste: notizie più tempestive, chiarimenti, precisazioni.

Come può sparire così un aereo di linea, grande settanta metri, in un'epoca in cui perfino un telefonino rubato può essere rintracciato in pochi minuti? I familiari dei passeggeri del volo MH370 sono un gruppo di persone disparato, non hanno quasi nulla in comune oltre alla rabbia sorda contro la Malaysia Airways e il destino, e al dolore di non sapere che cosa sia successo ai propri cari. La pressione li consuma. Già in diverse occasioni i cronisti sono stati fatti allontanare, affinché non testimoniassero delle improvvise liti.
Alcune di queste prendono di mira i funzionari malesi che forniscono il bucherellato resoconto giornaliero delle infruttuose ricerche: gli incontri spesso finiscono con insulti e, in un'occasione, con il lancio di bottigliette d'acqua. Ma la tensione è tale che in questi giorni anche la stampa è stata scacciata via in malo modo, e perfino fra i gruppi dei familiari stessi ci sono stati momenti in cui si è sfiorata la rissa.

Wen Wancheng, dello Shandong, il cui figlio è nel volo scomparso, più volte ha ripetuto a giornalisti e telecamere che «La Malaysia Airlines ha una grossa responsabilità in questa storia. Perché non fanno maggiore chiarezza?». Cammina davanti alla panetteria tedesca con gli occhi scavati dall'ansia, la stanchezza e il dolore, incapace di credere che un aereo possa smaterializzarsi in questo modo.

Domenica, le notizie erano di nuovo contraddittorie. Alcune riescono ancora ad accendere la speranza, come quella che ben 25 Paesi ora sono coinvolti nella ricerca dell'aereo, dall'America alla Cina alla Francia. Altre appaiono senza senso: come quello strano tracciato a zig-zag che dovrebbe rappresentare il possibile percorso dell'aereo una volta disattivato il radar di bordo.

Ma una su tutte ha d'un tratto alimentato il desiderio di continuare a credere in un lieto fine: quella di un possibile dirottamento, da parte dei piloti stessi o di passeggeri del velivolo. La possibilità viene discussa intorno ai tavolini dello Starbucks dell'Hotel Lido, e alla piccola panetteria tedesca dell'albergo.

Da quando l'aviazione civile malese ha comunicato che è tecnicamente possibile che alcuni dei segnali satellitari inviati dall'aeromobile siano provenuti da terra, di nuovo, qualcuno osa accennare un sorriso. «Forse sono vivi, allora?», dice la signora Ma, immediatamente ripresa dalla televisione cinese, il cui cognato è nell'aereo scomparso.
Di nuovo, tutti cercano di chiamare i cellulari dei passeggeri del volo, che a volte suonano a vuoto. Si tratta, sicuramente, solo di un segnale che rimbalza sui radar, ma ugualmente le dita corrono sui telefonini, e ancora chiamano, nella frustrante attesa di un miracolo.

 

 

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