eureka

EUREKA CON LA DENTIERA - IL COLPO DI GENIO PUO’ ARRIVARE ANCHE A SESSANT’ANNI, LO DICE UNO STUDIO SU 10 MILA SCIENZIATI - NON E’ VERO CHE I GIOVANI FANNO LE RICERCHE MIGLIORI: NE FANNO SOLTANTO DI PIU’ - IL CASO DEI PREMI NOBEL PENSIONATI

 

Anna Meldolesi per il “Corriere della Sera”

 

PITAGORAPITAGORA

L' età non conta. Almeno nella scienza. Lo dice la rivista «Science» che si basa su uno studio effettuato su 10 mila scienziati. Sfatato il mito che le maggiori scoperte siano opere di giovani ricercatori. Secondo l' autrice, italiana, della ricerca a contare sono talento e fortuna: «Per chi insiste c' è sempre speranza». Il successo può arrivare anche a sessant' anni e oltre, magari alle soglie della pensione.

 

Albert Einstein ha rivoluzionato la fisica a 26 anni. James Watson ne aveva uno di meno quando ha contribuito a scoprire la doppia elica del dna. Persino il cinema ci ha abituato a credere che il picco della creatività coincida fatalmente con la giovinezza. Ma il successo può baciare gli scienziati anche quando hanno ormai i capelli bianchi. A sessant' anni e oltre, magari alle soglie della pensione.

 

EINSTEIN SECONDA MOGLIEEINSTEIN SECONDA MOGLIE

A dimostrarlo è uno studio che viene pubblicato oggi su «Science»: non è vero che un ricercatore che tarda a fare la sua grande scoperta sia destinato a non emergere mai. «Per chi continua a provarci c' è sempre speranza», dice al Corriere della Sera la prima firmataria del lavoro, Roberta Sinatra. Laureata in fisica a Catania, Sinatra insegna scienze delle reti a Budapest, mentre a Boston collabora, tra gli altri, con il guru della complessità Albert-László Barabási. Lei e i suoi colleghi hanno analizzato la carriera di oltre duecentomila scienziati dalla fine dell' Ottocento a oggi. Poi li hanno ridotti a diecimila, tenendo soltanto quelli che avevano almeno vent' anni di lavoro all' attivo.

 

Hanno utilizzato database differenti, spaziando dalla fisica all' ecologia, dall' economia alle neuroscienze. In questo modo hanno potuto osservare l' evoluzione della produttività degli autori nell' arco della vita, soffermandosi in particolare sul timing dei lavori a maggiore impatto. Il successo di un articolo scientifico, infatti, può essere misurato in modo piuttosto semplice, contando le citazioni che riceve da parte degli altri scienziati in tutto il mondo.

 

JOHN FENNJOHN FENN

Con questi dati in mano hanno scoperto che se i giovani tendono a oscurare i ricercatori maturi è perché mediamente sono più produttivi, non più geniali come ci piace pensare. «Chi pubblica di più ha maggiori chance, come chi compra più biglietti della lotteria», spiega Sinatra. L' eureka con la «e» maiuscola può bussare alla porta di scienziati già esperti, nel bel mezzo della carriera. Ma anche i debuttanti possono fare bingo, come il fisico Frank Wilczek che si è meritato il Nobel con la sua prima pubblicazione scientifica. Oppure può andare in scena un gran finale.

 

Lo sa bene il chimico John Fenn che è stato onorato dall' Accademia di Stoccolma per un lavoro uscito quando, per motivi anagrafici, era già stato costretto ad andare in pensione. A parità di sforzi la tempistica è casuale, non sembra esserci una stagione della vita più adatta alla scienza.

 

ALEXANDER FLEMINGALEXANDER FLEMING

Ma lo studio di «Science» individua un altro parametro che conta per la buona riuscita di una carriera scientifica e potrebbe aiutare a identificare i ricercatori più promettenti. È il fattore Qp, che indica il talento, unito alla persistenza e alla fortuna, compresa la capacità di cogliere al volo le occasioni.

 

Forse se si tenesse conto di queste dinamiche, che sono più complesse di un semplice numero, per giudicare il merito dei candidati a un posto o per decidere l' allocazione delle risorse, si raggiungerebbero risultati migliori, ragionano i ricercatori. Ma il messaggio principale è che non è mai il caso di scoraggiarsi e mollare.

MADAME CURIEMADAME CURIE

 

Molte scoperte sono frutto di uno strano mix in cui l' intelligenza è alleata con il caso, e a cui talvolta viene dato il nome di serendipità. Basta pensare alla penicillina di Alexander Fleming o alla radioattività di Marie Curie, ma anche all' invenzione del teflon e persino alla dinamite. In fondo lo diceva anche Pasteur, la fortuna favorisce la mente preparata.

 

«Se le donne nella scienza sono sottorappresentate, probabilmente, è perché il successo non è influenzato solo dalle abilità ma anche da opportunità e pregiudizi», nota Roberta Sinatra. Lei, con un lavoro firmato a trentatré anni su «Science», può considerarsi molto brava e anche un po' fortunata.

 

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