
QUANDO SALE LA SCIMMIA - L'HOMO NALEDI ERA 'IN PARTE AVANZATO E IN PARTE ARCAICO, IN GRADO DI COSTRUIRE STRUMENTI O UTENSILI''. PARLA L'ITALIANO CHE HA PARTECIPATO AGLI SCAVI: ''SE SI SCOPRISSE CHE RISALE A 1 O ADDIRITTURA 2 MILIONI DI ANNI FA, SAREBBE INCREDIBILE''
1. L’IDENTIKIT: CERVELLO COME UN’ARANCIA CON GAMBE E MANI SIMILI ALLE NOSTRE”
Stefano Rizzato per “la Stampa”
«Era un ominide moderno e primitivo insieme. Camminava eretto, ma si arrampicava sugli alberi. Il suo cervello era grande quanto un’arancia. Ed era alto un metro e mezzo circa, come i pigmei attuali, con un peso tra 39 e 50 chili». A tracciare l’identikit dell’Homo naledi è Damiano Marchi, uno dei 50 ricercatori che ha lavorato nel team di Lee Berger. Antropologo del dipartimento di Biologia all’Università di Pisa, si è occupato in particolare dello studio degli arti inferiori.
Che gambe aveva quest’ominide?
«Piuttosto moderne, adattate a camminare in modo bipede, più o meno come noi. Solo all’altezza del bacino la coscia sembra più primitiva. La cosa unica, importantissima, è questa caratteristica: l’Homo naledi era in parte avanzato e in parte arcaico».
Si vede anche da altre parti dello scheletro?
«Sì, a partire dalla mano. Chi l’ha studiata ha visto che era piuttosto moderna, con pollice e polso capaci di costruire degli strumenti o utensili, anche se a fianco dei corpi non ne sono stati trovati. Ma proprio la mano e il torace, mostrano tratti più primitivi, da australopitecini del tipo di Lucy. E poi il cranio: piccolo ma più moderno rispetto all’australopiteco. Il cervello era grande come un’arancia, in media di 500 grammi, contro quello nostro tra 1300 e 1400 grammi».
Come si fa, a partire da reperti così antichi, ad arrivare a un identikit così preciso?
«Merito della quantità e della completezza degli scheletri ritrovati. La descrizione morfologica e funzionale è quella, non c’è dubbio. Delle 206 ossa che compongono il corpo umano, ne mancano all’appello solo 20. Quando in Sud Africa ho visto tutti i reperti, è stata una grande emozione».
Sappiamo anche quali capacità cognitive aveva l’Homo naledi?
«Gli studi di neurofisiologia sono in corso e da quel punto di vista è ancora tutto da scoprire. In generale, però, doveva essere decisamente più moderno di una scimmia, molto più orientato verso il genere Homo».
La datazione è l’elemento fondamentale per dire che «posto» abbia tra i nostri antenati?
«Sì, e fissarla a oltre 2 milioni di anni fa significherebbe qualcosa di molto importante: l’Homo naledi sarebbe molto antico, alla base dello stesso genere Homo. Ma anche una datazione più recente, intorno a un milione di anni fa, aprirebbe scenari affascinanti. Dovremmo inserire quest’ominide tra i tanti esperimenti che il genere Homo ha attraversato prima di arrivare alla specie sapiens. E l’Africa potrebbe essere stato il laboratorio di questa esplosione evolutiva».
E adesso? Lo studio continua?
«Sì, il lavoro fatto da maggio 2014 è stato eccezionale, grazie alla scelta di chiamare all’Università del Witwatersrand 50 specialisti. È stata una corsa, ma ora sono usciti solo gli articoli che presentano la nuova specie e il sito. Altri ne usciranno sulle varie parti del corpo. E poi si studierà la biomeccanica e la fisiologia, e molto altro. E ci saranno altre campagne di scavo. I sondaggi lo mostrano: laggiù ci sono ancora tanti altri scheletri».
2. LE ORIGINI DELL’UOMO? DA OGGI SONO ANCORA PIU’ MISTERIOSE
Edoardo Boncinelli per il “Corriere della Sera”
Riguardo alle nostre origini la questione fondamentale, sollevata dalla scienza, ma anche dalla comunità dei credenti, è sempre stata quella di come è potuto succedere che, all’improvviso, da una madre dall’aspetto decisamente scimmioide sia potuto nascere un nostro antenato, anzi il primo dei nostri antenati diretti.
Non c’è stato niente d’intermedio fra noi e le specie decisamente più simili a una scimmia d’oggi? Domanda grande e seria, che mette in gioco tutto il nostro essere, almeno dal punto di vista strettamente biologico, perché dal punto di vista dell’uso degli strumenti, per quanto primordiali, sappiamo che c’è stato un inizio di uso «intelligente» di ciottoli più o meno 3 milioni di anni fa.
Da tale punto di vista, questa è la nostra vera origine, più comportamentale e ideativa che biologica. Ma non ci siamo accontentati, perché anche la natura biologica del passaggio da pre-ominidi a uomini ha la sua rilevanza. Il fatto è che negli ultimi decenni abbiamo individuato una grande varietà di fossili che possono aspirare a essere definiti come appartenenti al genere Homo e un’altra stupefacente varietà di fossili d’individui che sembrano lì lì per divenirlo. In un certo senso «troppa grazia Sant’Antonio!»; di questi esseri intermedi ce ne aspettavamo uno o due, e ne abbiamo molti più di una decina.
Ora dal Sud Africa ne arriva un altro, Homo naledi , con una dovizia di 1.500 ossa attribuibili a una quindicina di individui tra adulti e ragazzi! Non sappiamo ancora a che epoca risalgano questi resti e non sappiamo se siano stati nostri antenati diretti o una specie parallela che si è andata estinguendo senza confluire nella nostra ascendenza, ma la cosa si fa sempre più interessante.
Intorno a 3 milioni di anni fa in Africa ne devono essere successe di tutti i colori. In una sorta di calderone biologico la natura sovraeccitata ha dato vita a una manciata abbondante di ominidi dai quali noi deriviamo! Lo stupefacente è che siamo in grado di rendercene conto.
homo naledi 2
homo naledi 3
homo naledi 1
homo naledi 4