putin prigozhin igor pellicciari

“SE RIMUOVERE PRIGOZHIN POTEVA AVERE UN SENSO PER I MILITARI, PER PUTIN ERA UNA OPZIONE SENZA SENSO” - LA VERSIONE DI IGOR PELLICCIARI: “SUGGERIRE CHE PUTIN SIA IL MANDANTE È UNA IPOTESI COMPLETAMENTE FUORI STRADA. NEGLI ANNI PRIGOZHIN SI È SCONTRATO SIA POLITICAMENTE SIA STRUTTURALMENTE CON I MILITARI ED È STATA UNA SPINA NEL FIANCO DELL’ESERCITO. PUTIN DI CERTO NON SI È RAFFORZATO: LA WAGNER, CHE SI SCIOGLIERÀ, È DI FATTO STATA UNA CREATURA DI PUTIN E RIMETTERE IN PIEDI QUALCOSA DI SIMILE RICHIEDERÀ TEMPO E...”

Igor Pellicciari per Dagospia

 

Maestro Dagovski,

 

igor pellicciari

è rischioso scrivere di vicende russe durante questa maledetta guerra; oggetto di una copertura mediatica senza precedenti e ciononostante (o forse proprio per questo) scarna di notizie certe su quanto avviene realmente sul campo di battaglia.

 

Ad un anno e mezzo dall’invasione militare russa che (prima) nessuno ha previsto e che (poi) tutti hanno commentato in ordine sparso - siamo rimasti incartati in un paradosso dell’infotainment bulimico h24: più si parla del “come” della guerra, meno se ne comprende il “perché”.

MEME SULLA MORTE DI PRIGOZHIN

 

I programmi di approfondimento hanno ricalcato ritmi lenti e auto-referenzialità dei talk con ospiti-juke box a gettone; invitati non perché esperti, ma esperti perché invitati. E’ un format che si è trascinato stancamente e che resiste ancora grazie ai limitati costi di produzione e  ad uno zoccolo duro di audience presente per inerzia, di quelli che tu da tempo hai tumulato nel crudele neologismo di “telemorenti”.

 

Questo loop continuo di giri di parole a vuoto, ha generato nell’opinione pubblica un crescente senso di ansia mista a frustrazione per l’incapacità di trovarvi un’indicazione che risponda alla madre di tutte le domande e paure, ovvero quanto è destinato a durare questo conflitto.   Nel mentre, si è diffuso nei media un clima intossicato da narrative di guerra, che ha condizionato a monte qualsiasi analisi degli avvenimenti collegati, in particolare se inaspettati e clamorosi.

igor pellicciari

Come nel caso dell’attentato a Yevgeny Prigozhin; ennesimo episodio non sorprendente (perché dato per possibile) ma che infine ha colto tutti di sorpresa (per gli improbabili tempi e modi con cui si è avverato).

 

Che il capo del Gruppo Wagner potesse venire eliminato anzitempo come era accaduto in precedenza ad altri leader para-militari nei Balcani Occidentali - è stata una opzione messa in preventivo, ben prima della sua ribellione nei confronti di Mosca. Nessuno però aveva immaginato che ciò potesse avvenire così presto e con una dinamica degna della trama di un film di intrigo internazionale.

PUTIN APPRENDE DELLA MORTE DI PRIGOZHIN - MEME DI OSHO

 

Il punto è che nell’infotaiment nostrano stanno girando ipotesi sul significato e sulle conseguenze che avrebbe l’intera parabola di ascesa e caduta in disgrazia del Gruppo Wagner, che non reggono alla luce delle complesse dinamiche di potere interne al Cremlino.

 

In altre parole, più che in chiave geo-politica (lettura utile, ma oramai abusata) l’intera vicenda va ricondotta ad una dimensione politica interna russa iniziata da ben prima della guerra in Ucraina.

 

vladimir putin

Continuare a raffigurare la Russia come una Putinlandia dove decide tutto uno Zar al comando è un modo per un certo mainstream di gettare la palla in tribuna ed evitare di affrontare una complessità che va studiata per poterla analizzare. Di certo, optare per questa scorciatoia dello Zar/uomo solo al comando semplifica la vita ma spiega anche perché sono decenni che l’Occidente fatica a prevedere gli avvenimenti al Cremlino, prendendone atto il giorno dopo che sono avvenuti.

 

E’ sorprendente come le conclusioni cui si arriva seguendo la prospettiva della politica interna russa siano radicalmente diverse, opposte a quelle occidentali.

 

Mi limiterei qui, Maestro Dagovski, ad indicarti solo le divergenze più clamorose.

LE MASCHERE DI PRIGOZHIN E PUTIN

 

1)Suggerire che Putin sia il mandante dell’attentato a Prigozhin è una ipotesi completamente fuori strada, per considerazioni di ordine politico-istituzionale. La principale rimanda alla struttura di potere a Mosca di cui Putin è espressione e punto di sintesi, garante di un equilibrio tra gruppi di potere interni in competizione dinamica tra di loro.

Con gli anni, questi gruppi hanno coinciso sempre più con settori della funzione pubblica, marginalizzando gli oligarchi, che hanno mantenuto ricchezze ma perso il potere politico degli anni novanta. Dai conflitti in Siria ed in Ucraina è invece cresciuta l’influenza dei militari, con i quali Prigozhin si è scontrato sia politicamente (con continue critiche feroci che, si badi, non hanno mai sfiorato Putin) sia strutturalmente, crescendo a dismisura come un anomalo contractor para-statale estraneo alla cultura militare russa e costante spina nel fianco dell’esercito.

 

VLADIMIR PUTIN E EVGENIJ PRIGOZHIN - VIGNETTA

2)Se rimuovere Prigozhin poteva avere un senso per i militari, per Putin questa era una opzione senza senso, anzi dannosa. La motivazione del Presidente russo che avrebbe agito mosso da desiderio di “vendetta” passerebbe difficilmente nella trama di House of Cards, figurarsi nel mondo reale e a questi livelli politici. Con una guerra in corso e decine di variabili da tenere sotto controllo, agire emotivamente per un non meglio precisato desiderio di rivalsa personale sarebbe stata una follia pura, che avrebbe di certo indebolito la fiducia in Putin del cerchio dei suoi collaboratori più ristretti.

Piuttosto, è credibile che nel quadro dei nuovi rapporti di forza, i militari abbiano chiesto la rimozione di un Prigozhin, uomo rozzo e senza formazione politica, sfuggito di controllo e spintosi oltre la linea del tollerabile e che Putin abbia dovuto cedere su questo punto.

VLADIMIR PUTIN E EVGENIJ PRIGOZHIN - ILLUSTRAZIONE

 

 

3)E’ inutile appiattirsi sulla questione se Prigozhin sia realmente morto nell’attentato (o se quanto visto sia stata una finzione organizzata da lui stesso per una exit strategy). Ad oggi l’unico dato certo che conta è che Prigozhin è uscito di scena, definitivamente. E che pure il Gruppo Wagner, che il Cremlino aveva comprensibilmente cercato di salvare in un primo momento, verrà sciolta.

 

VLADIMIR PUTIN CON EVGENIJ PRIGOZHIN

4)Della fine di Prigozhin e del suo contractor para-statale, Putin di certo non si è rafforzato, come hanno scritto alcuni commentatori nostrani. In primo luogo per l’importanza del Gruppo Wagner come strumento nelle mani della leadership civile del Cremlino nel periodo di massima espansione della politica estera russa.

In secondo luogo, perché rimettere in piedi qualcosa di simile a Wagner (magari riorganizzando la Rosgarda -la Guardia Nazionale sotto il diretto comando del Presidente) non sarà né facile ne veloce in tempo di guerra.

In terzo luogo perché Wagner è di fatto stata una creatura di Putin e si è potuta sviluppare per il sostegno personale garantito a Prigozhin, da tutti considerato un uomo operativo del Presidente. Per una delle regole universali non scritte della politica, il fallimento di un collaboratore scelto in prima persona dal leader, lascia a quest’ultimo delle scorie politiche che ne intaccano comunque l’immagine e non facili da smaltire. 

VLADIMIR PUTIN E EVGENIJ PRIGOZHIN - VIGNETTA

Infine, vi è il fatto che in un paese che dà centralità ai settori dello Stato a seconda della priorità di governo del momento, la fine di Wagner, per di più in conseguenza di uno scontro con l’Armija Rossii, rafforzerà in periodo di guerra il peso dell’élite militare a Mosca rispetto alle altre tre élite dominanti nel ventennio di Putin (intelligence, alta funzione pubblica, diplomatici).

 

 

 

5)Vorrei sbagliarmi, ma quest’ultimo aspetto allontana piuttosto che avvicinare la fine di una guerra gestita con logiche militari prima ancora che politiche.

Come la scelta tattica nell’immediato di sfruttare al massimo l’incombente stagione invernale per la guerra ibrida tanto cara al capo di Stato Maggiore Valery Gerasimov. Oppure, peggio ancora, il rischio che nel medio periodo quello che è l’agognato accordo di pace duraturo in realtà altro non sia che una tregua più o meno prolungata che al massimo rimandi il conflitto ad un futuro indefinito.

 

Direi che è tutto per oggi, Maestro

meme vladimir putin prigozhin

Un abbraccio dalla mia Dubrovnik  (benzina a 1,51/litro)

MOSCA CIECA - POSTER BY MACONDO MOSCA A MOSCA - POSTER BY MACONDO IL FALO DI CONFRONTO TRA VLADIMIR PUTIN E EVGENY PRIGOZHIN PRIGOZHIN E PUTINPUTIN E PRIGOZHINil volo di evgeny prigozhin atterra a minsk MEME SU PUTIN E PRIGOZHIN BY EMILIANO CARLI

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni vox ursula von der leyen santiago abascal

DAGOREPORT - SE I MEDIA DI CASA NOSTRA, DEL VIDEO-MESSAGGIO DI GIORGIA MELONI ALL'EVENTO MADRILENO DI VOX, HANNO RIPRESO SOLO LA PARTE DEL DISCORSO RIGUARDANTE L’ASSASSINIO DI CHARLIE KIRK, SFACCIATAMENTE STRUMENTALIZZATO COME MARTIRE DELL’ODIO E DELLA VIOLENZA DELLA SINISTRA, I CAPOCCIONI DI BRUXELLES HANNO SBARRATO GLI OCCHI PER UN ALTRO MOTIVO - CHE CI FACEVA LA MELONI, EX PRESIDENTE DEL GRUPPO DEI CONSERVATORI EUROPEI ALL’EVENTO “EUROPA VIVA 2025” DI VOX, IL PARTITO DI ESTREMA DESTRA SPAGNOLO CHE DAL 2023 È STATO ARRUOLATO DA “PATRIOTI PER L’EUROPA”, L’EUROGRUPPO ANTI-UE CREATO DAL DUCETTO UNGHERESE E FILO-PUTINIANO, VIKTOR ORBAN, DI CUI FA PARTE ANCHE LA LEGA DI SALVINI? - ALLA FACCIA DEL CAMALEONTISMO DELLA “GIORGIA DEI DUE MONDI”, BASCULANTE TRA UN VIAGGETTO E UN ABBRACCIO CON I DEMOCRISTIANI TEDESCHI URSULA VON DER LEYEN E FEDRICH MERZ, A CATALIZZARE L’IRRITAZIONE DEI VERTICI DELL’UNIONE È STATO IL TEMA DELL'EVENTO DI VOX CHE, TRA DIBATTITI SU IMMIGRAZIONE ILLEGALE, LAVORO, CASA E SICUREZZA, SPUTAVA IN FACCIA AI POTERI FORTI DI BRUXELLES - LA MANIFESTAZIONE DI VOX HA DIMOSTRATO, PER L’ENNESIMA VOLTA, L’ISTRIONICA PERSONALITÀ DI COMUNICATRICE DELLA PREMIER ALLA FIAMMA. TALENTO LATITANTE TRA I NUMEROSI GALLI DEL  CENTROSINISTRA... - VIDEO

FLASH! – MENTRE SVANISCE LA MILANO DEI ‘’POTERI FORTI’’ E DEI “SALOTTI BUONI”, FINITI SOTTO IL TALLONE DEI “BARBARI ROMANI”, SI ALZA LA VOCE DEL 92ENNE GIOVANNI BAZOLI - IL GRANDE VECCHIO, CHE INSIEME A GUZZETTI HA RIDISEGNATO IL SISTEMA BANCARIO, HA CONSEGNATO ALLA FELTRINELLI LA SUA AUTOBIOGRAFIA (LA FIGLIA CHIARA, NONCHÉ COMPAGNA DEL SINDACO DI MILANO BEPPE SALA, LAVORA ALLA FONDAZIONE FELTRINELLI) – IL LIBRO PARTE DALLA GUERRA AI NAZIFASCISMO E LA PASSIONE PER ALESSANDRO MANZONI, CONTINUA CON LA CELEBRAZIONE DI NINO ANDREATTA, LE VICENDE DEL BANCO AMBROSIANO, FINO ALLA CREAZIONE DI INTESA SANPAOLO…

giorgia meloni kirk renzi salvini tajani

DAGOREPORT - LA STRATEGIA DELLA DISTRAZIONE DI GIORGIA MELONI: PER LA DESTRA DE’ NOANTRI, IL DELITTO KIRK NON È UNA STORIA AMERICANA DEFLAGRATA ALL’INTERNO DEL MONDO DEI “MAGA” TRUMPIANI. NO, È ROBA DA BRIGATE ROSSE IN VIAGGIO PREMIO NEGLI USA - ECCO: IL CADAVERE DI UN ATTIVISTA DI UN PAESE DOVE LE ARMI LE COMPRI DAL TABACCAIO È GIUNTO AL MOMENTO GIUSTO PER ESSERE SFACCIATAMENTE STRUMENTALIZZATO AD ARTE DALLA PROPAGANDA DI PALAZZO CHIGI, COPRENDO CON DICHIARAZIONI FUORI DI SENNO LE PROPRIE DIFFICOLTÀ - CHE LA DESTRA DI GOVERNO SIA IN PIENA CAMPAGNA ELETTORALE, INQUIETA (EUFEMISMO) PER L’ESITO DELLE REGIONALI D’AUTUNNO, IL CUI VOTO SARÀ DIRIMENTE IN VISTA DELLE POLITICHE 2027, ALLE PRESE CON UN PAESE CHE SENZA LA FORTUNA DEI 200 MILIARDI DEL PNRR SAREBBE IN RECESSIONE COME LA FRANCIA E LA GERMANIA, NE È CONSAPEVOLE LO STESSO ESECUTIVO, IN PIENO AFFANNO PER TROVARE LE RISORSE NECESSARIE ALLA FINANZIARIA DI FINE D’ANNO - RENZI: “LA PREMIER SEMINA ZIZZANIA E CREA TENSIONE PER EVITARE DI PARLARE DI STIPENDI E SICUREZZA. MA SOPRATTUTTO PER EVITARE CHE NASCA UN VERO MOVIMENTO A DESTRA. OCCHIO: SE VANNACCI FA COME FARAGE, LA MELONI VA A CASA. LA POLITICA È PIÙ SEMPLICE DI QUELLO CHE SI CREDA. GIORGIA MELONI ALIMENTA LA PAURA PERCHÉ LEI HA PAURA…” - VIDEO

emanuele orsini romana liuzzo luiss sede

FLASH! – IL PRESIDENTE DI CONFINDUSTRIA, EMANUELE ORSINI, HA COMINCIATO IL "RISANAMENTO" DELL’UNIVERSITÀ "LUISS GUIDO CARLI" ALLONTANANDO DALLA SEDE DELL’ATENEO ROMANO LO SPAZIO OCCUPATO DALLA "FONDAZIONE GUIDO CARLI" GUIDATA DALL’INTRAPRENDENTE ROMANA LIUZZO, A CUI VENIVA VERSATO ANCHE UN CONTRIBUTO DI 350 MILA EURO PER UN EVENTO ALL’ANNO (DAL 2017 AL 2024) - ORA, LE RESTA SOLO UNA STANZETTA NELLA SEDE LUISS DI VIALE ROMANIA CHE SCADRÀ A FINE ANNO – PRIMA DELLA LUISS, LA FONDAZIONE DELLA LIUZZO FU "SFRATTATA" DA UN PALAZZO DELLA BANCA D’ITALA NEL CENTRO DI ROMA...

rai giampaolo rossi gianmarco chiocci giorgia meloni bruno vespa scurti fazzolari

DAGOREPORT - RIUSCIRÀ GIAMPAOLO ROSSI A DIVENTARE IL CENTRO DI GRAVITÀ DELL’INDOMABILE BARACCONE RAI? - IL “FILOSOFO” DEL MELONISMO HA TENUTO DURO PER NON ESSERE FATTO FUORI DAL FUOCO AMICO DEL DUPLEX SERGIO-CHIOCCI. A “SALVARE” IL MITE ROSSI ARRIVÒ IL PRONTO SOCCORSO Di BRUNO VESPA, CON IL SUO CARICO DI MEZZO SECOLO DI VITA VISSUTA NEL FAR WEST DI MAMMA RAI - A RAFFORZARE LA SUA LEADERSHIP, INDEBOLENDO QUELLA DI CHIOCCI, È INTERVENUTA POI LA FIAMMA MAGICA DI PALAZZO CHIGI, “BRUCIANDO” IN PIAZZA IL DESIDERIO DI GIORGIA DI ARRUOLARLO COME PORTAVOCE - L’OPERAZIONE DI ROSSI DI ESSERE IL BARICENTRO IDEOLOGO E PUNTO DI RIFERIMENTO DI TELE-MELONI, SI STA SPOSTANDO SUI TALK-SHOW E L’INTRATTENIMENTO, A PARTIRE DALLA PROBABILE USCITA DI PAOLO DEL BROCCO, DA UNA DOZZINA DI ANNI ALLA GUIDA “AUTONOMA” DELLA CONSOCIATA RAI CINEMA, IN SCADENZA AD APRILE 2026 - IL NOME CHE SCALPITA PER ANDARLO A SOSTITUIRE, È UN AMICO FIDATO DI ROSSI, L’ATTUALE DIRETTORE DEL DAY-TIME, LO SCRITTORE-POETA-CANTANTE-SHOWMAN ANGELO MELLONE - MENTRE A RAI FICTION...