SALUZZO ALLO SPECCHIO - IL PADRE DI UNA DELLE VITTIME E IL FIGLIO DEL PROFESSOR GIORDANO RACCONTANO LE LORO TRAGEDIE INCROCIATE

1 - "UN DOCENTE BRAVO NON AVREBBE ABUSATO DI MIA FIGLIA"
Pierangelo Sapegno per "La Stampa"

«Io dico che non vorrei essere al suo posto. Stiamo soffrendo, questo è un brutto momento, e sono successe cose che non dovevano succedere. Solo che se sono vere le accuse che gli hanno contestato, non so come dire, ma per me sarebbe ancora peggio di tutto quello che sono adesso, di questo senso di ingiustizia che provo».

Ha la voce così pacata, che non riusciamo a tirarci fuori da questa sensazione strana, come se stessimo infierendo su qualcuno. Invece, vorremmo solo dar voce a quest'assenza, a tutti quelli che mancano in questa storia di peccati e di abusi, a quelli che stanno dietro alle mura, a questa montagna di carte e di parole, vorremmo solo ascoltare quelli che non hanno mai potuto dire niente, quelli che hanno subito tutto, anche le inchieste che dovevano difenderli, anche gli articoli che dovevano ignorarli.

Lui è il padre di una delle due studentesse minorenni che ha avuto una relazione con il professore Valter Giordano di Saluzzo. Non importa quale delle due, e non importa come si chiama lui, e dove vive fra questi tetti uguali e fra queste campagne che sono un mondo, dove le cose forse è meglio conoscerle che sentirle dire.

Quando l'abbiamo chiamato, non sapevamo come cominciare. E lui ci ha chiesto perché chiamavamo proprio lui. Gli abbiamo detto che non avevamo nessuna prova, ma che girava voce che una delle ragazze minorenni fosse sua figlia. È rimasto in silenzio. Anche noi siamo rimasti qualche secondo senza dire una parola.

Che cosa pensa del professore.
«Mah! Che cosa penso? Dalla mia parte, io credo che lui si sia creato un'aureola, che sia stato molto in gamba a darsi un'immagine di una persona perbene e di un bravo professore. Ma la realtà è diversa. Non è così facile essere una persona perbene e un bravo professore, e se uno lo è davvero non approfitta della sua cattedra e del suo potere».

Lei l'ha conosciuto?
«Io sì. Personalmente,quando andavo ai colloqui degli insegnanti con i genitori».

E che impressione le aveva fatto?
«Dava l'idea di uno che protegge molto gli alunni, come se dovesse difenderli da tutto e da tutti, non solo dal mondo esterno. Diciamo che oggi, alla luce di quello che sta succedendo, tutto questo potrebbe anche acquistare un altro significato. Però, non è nemmeno giusto dire questo. Io allora pensai che era come gli altri professori. Normale».

E sua figlia?
«Anche mia figlia è una ragazza normale, con i problemi e le insicurezze di tutte le ragazze della sua età. E quand'era minorenne aveva anche le debolezze di una minorenne. Anche questo rientra nella normalità. Però, lasciamola fuori mia figlia. Voi dovete fare molta attenzione a quello che scrivete e a come lo scrivete. Non fate cazzate. Lasciamole fuori, le ragazze».

È vero. Solo che a lasciarle troppo fuori si rischia di ignorarle, e loro sono le vittime di questa storia, non crede?
«È una cosa che non doveva succedere. Ci sono dei retroscena che non sono piacevoli per niente...».

Ecco, ma quando ha visto tutte quelle lettere in difesa del professore, quando leggeva i giornali che raccoglievano solo testimonianze di persone che ne parlavano bene, cosa ha pensato?
«Eeeehhh...»

Si è sentito offeso?
«Sì. È proprio così. Direi di sì».

E perché?
«Perché sembrava come se fosse colpa degli altri. Perché succede sempre così. Perché se uno non ha colpa, ci dev'essere un colpevole per forza, anche se non lo si dice. Lo sanno bene tutti, e quelli che leggono o ascoltano quelle cose, alla fine lo pensano. Uno le proprie colpe se le deve prendere».

Senta, ma lei che pensa della storia fra sua figlia e il professore? Anche se c'era amore, era grave lo stesso?
«Io dico che se queste storie si fanno alla luce del sole, è una cosa. Quando invece tutto si svolge in maniera clandestina, vuol dire che è un'altra cosa, che si vuole nascondere qualcosa perché è vietato, perché è un peccato. E qui parliamo solo del secondo caso. Io ho sentito molte persone. E se si arriva a certe accuse vuol dire che c'è stato qualcosa di malvagio. Ecco. Malvagio».

E cosa la colpisce di più?
«Penso che sia l'uso del potere, il suo abuso. È una cosa gravissima. Perché il potere dovrebbe essere responsabilità. Su certe persone lascia ferite che restano tutta la vita».

Ma che pena augura al professore?
«No, guardi, non mi ha capito. Io mi auguro che il professore sia innocente. È una cosa che non doveva succedere. E purtroppo è successa. Ma non vorrei essere al suo posto, non vorrei mai pensare di aver dannato l'esistenza di un'altra persona. Io spero davvero che lui sia innocente...».

Lei è cattolico?
«Perché me lo chiede?»

Perché parla con molta pietas, è molto civile...
«Credo che ci sia qualcosa, ma non sono praticante. Per niente. Sono solo un laico. Anche un laico può essere civile».


2 - "NESSUNA VIOLENZA MIO PADRE AVEVA AMANTI MA NON È UN MOSTRO"
Niccolò Zancan per "La Stampa"

«E' una storia sbagliata, profondamente sbagliata. Ma non è una storia criminale».

Lui è un ragazzo di trent'anni con gli occhialini e i calzoni al ginocchio. Affronta il plotone dei giornalisti con gentilezza estrema. E' laureato in Lettere. Lavora in una società di consulenze. Si commuove citando un racconto di Fenoglio. E' il figlio dello «stimatissimo» professore Valter Giordano, accusato di abusi sessuali e istigazione al suicidio.

Cosa è stato per lei leggere quell'ordinanza di custodia cautelare così sconvolgente?
«Una messa a nudo dei problemi di mio padre. Questa storia è il sintomo di un disagio. Non ho scoperto granché di nuovo. Non perché sapessi delle sue relazioni con le allieve. Ma perché non mi rivela un carattere violento. Mio padre non ha minacciato, ricattato, mercanteggiato. Questo verrà chiarito».

Però ci sono appuntamenti frenetici. Feticci sessuali. Bugie. Ossessioni. Una studentessa era vergine, prima di stare con suo padre. Erano ragazze fragili e depresse. Questa non è sopraffazione?
«Ha commesso un'azione inopportuna. Ha sbagliato, dovrà pagare. I giudici stabiliranno quanto, esattamente. Ma non c'era alcun intento malvagio nelle sue azioni. Non c'era violenza né strategia».

Però ci sono i temi annunciati in anticipo a una delle sue vittime, proprio dopo un rapporto sessuale.
«Mi sembra più un piacere, fra l'altro di pochissimo conto, reso all'interno di una relazione sentimentale. Come un regalino».

Suo padre chiedeva alle allieve di cancellare i messaggi, inventava perifrasi per riferirsi al telefono a certe pratiche. Non è strategia?
«No. Mi sembra di un'ingenuità tale... Non ha buttato nulla. Ha ricevuto migliaia di messaggi. Al contrario, tutto rivela la sua difficoltà nel capire la gravità di quello che stava succedendo. Non doveva mettersi in questa situazione. Mi rendo conto che i suoi problemi, le sue fragilità, non possano essere un'attenuante. Ma non è un mostro».

Però è difficile anche vederlo nella parte dello stimatissimo professore, come è stato raccontato in questi giorni.
«Eppure è stato davvero un insegnante molto bravo in tutti questi anni, come tante lettere hanno testimoniato. Ma non possiamo pensare agli esseri umani in maniera unidimensionale. Ai miei occhi mio padre non è mai stato un mito. Ho sempre conosciuto le sue fragilità, anche il suo nervosismo, tutte cose che a scuola trapelavano meno».

Suo padre è stato iscritto nel registro degli indagati anche per l'istigazione al suicidio di una allieva morta nel 2004. Si chiamava Paola Vairoletti.
«La conosceva bene. Ha fatto il possibile per aiutarla. Ha agito in perfetta buona fede».

Quanto «bene» la conosceva?
«Non ha mai avuto una relazione con lei, sono sicuro al cento per cento».

Come fa ad esserlo? Gli inquirenti nutrono molti dubbi al riguardo.
«L'ho chiesto a mio padre un anno fa, dopo la perquisizione».

Come fa a fidarsi di lui dopo quello che è successo?
«Ci sono cose che si capiscono nel profondo. Già altre volte, su temi molto difficili, ha dimostrato di sapermi dire la verità».

Il satanismo?
«Sicuramente ci sarà un gruppo di sedicenti satanisti nella zona di Saluzzo, visto che i carabinieri se ne sono interessati. Ma la trama che coinvolgerebbe mio padre davvero non regge. Su questo versante non avremo sorprese. Ne sono sicuro. L'ipotesi dell'istigazione al suicidio non sta in piedi».

Perché suo padre ha conservato molte lettere di Paola Vairoletti?
«Solo perché nessuno gliele ha mai chieste prima. Quando è stato il momento, le ha consegnate. Nessun mistero».

Perché lei è qui?
«Perché credo che la vita non ti ponga mai di fronte alla sfida che vorresti. Non si può scegliere. La mia, adesso, è volere bene a mio padre anche di fronte ai suoi sbagli, soprattutto di fronte ai suoi sbagli».

Come ha fatto a reggere uno sguardo così intimo?
«C'è un racconto di Fenoglio che si chiama "Il gorgo". In casa c'è una situazione disperata. A un certo punto, l'unico figlio maschio, perché l'altro è in guerra, vede il padre allontanarsi: "Vado a girare le fascine", dice.

E lui, il figlio: "Sono l'unico che capì, lo seguii e lui mi scansò. Voleva buttarsi nel gorgo. Mi respingeva, io non riuscii a sostenere il suo sguardo perché lo vidi nudo". Ecco, come mi sono sentito. Ma poi padre e figlio sono tornati a casa insieme, e il padre gli accarezzava il collo».

Di cosa soffre Valter Giordano?
«E' un male di vivere. Due volte mi ha detto che voleva farla finita. Riempie la sua disperazione di relazioni. Aveva anche altre amanti, oltre alle allieve. E' una gabbia. Per questo mia madre l'ha lasciato. Io spero soltanto che questa storia sbagliata sia un'occasione per ricominciare. Mio padre deve affrontare le sue responsabilità e guardare in faccia se stesso».

 

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