“SONO TRATTATO PEGGIO DI UN DETENUTO. NON SONO EVASO, MI SONO ALLONTANATO DALLA CASA-LAVORO” – ELIA DEL GRANDE, IN FUGA DA 7 GIORNI, SCRIVE UNA LETTERA A “VARESE NEWS” DA UNA LOCALITÀ SEGRETA. DOPO AVER SCONTATO 26 ANNI DI CARCERE PER AVER STERMINATO LA FAMIGLIA A COLPI DI FUCILE NEL 1998 A CADREZZATE, VICINO VARESE, ERA STATO IN LIBERTÀ VIGILATA E DI RECENTE ASSEGNATO ALLA STRUTTURA DI CASTELFRANCO DA CUI È FUGGITO: “LE CASE DI LAVORO OGGI SONO DELLE CARCERI EFFETTIVE IN PIENA REGOLA CON SBARRE CANCELLI E POLIZIA PENITENZIARIA, ORARI CADENZATI, REGOLE E DOVERI…"
Estratti da repubblica.it
E’ fuggito una settimana fa dalla casa lavoro di Castelfranco Emilia. Ancora ricercato, Elia Del Grande, autore della “strage dei fornai” - uccise a colpi di fucile i genitori e il fratello nel 1998 a Cadrezzate, nel Varesotto – scrive da una località segreta una lunga lettera a Varese News raccontando il motivo del suo allontanamento dalla struttura.
Dopo aver scontato 26 anni e 4 mesi di carcere era stato in libertà vigilata e di recente assegnato alla struttura del modenese perché giudicato ancora socialmente pericoloso.
“Il mio gesto è dovuto alla totale inadeguatezza che ancora incredibilmente sopravvive in certi istituti, come le case lavoro, che dovrebbero tendere a ri-socializzare e reinserire con il lavoro, per l’appunto cosa che non esiste affatto, le case lavoro di oggi sono in realtà i vecchi OPG (gli ospedali psichiatrici giudiziari ndr) dismessi nel 2015” scrive.
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Poi racconta, dal suo punto di vista, le condizioni che stava vivendo: “Mi sono trovato ad avere a che fare ogni giorno con gente con serie patologie psichiatriche, la terapia chiaramente psicofarmaco, viene data in dosi massicce a chiunque senza problemi.
L’attività lavorativa esistente è identica a quella dei regimi carcerari. Le case di lavoro oggi sono delle carceri effettive in piena regola con sbarre cancelli e polizia penitenziaria, orari cadenziati, regole e doveri. Con la piccola differenza che chi è sottoposto alla casa di lavoro non è un detenuto, bensì un internato, ovvero né detenuto né libero”.
Del Grande era arrivato da un mese a Castelfranco, doveva rimanerci per sei mesi. “Avevo ripreso in mano la mia vita – continua - ottenendo con sacrificio un ottimo lavoro dando tutto me stesso in quel lavoro che oggi mi hanno fatto perdere senza il minimo scrupolo, mi riferisco alla magistratura di sorveglianza, avevo ritrovato una compagna un equilibrio i pranzi le cene il pagare le bollette le regole della società, tutto questo svanito nel nulla per la decisione di un magistrato di Sorveglianza,
che mi ha nuovamente rinchiuso facendomi fare almeno mille passi indietro riproponendo soltanto la realtà repressiva carceraria, anzi quella delle case lavoro è ben peggio, ci sono persone all'interno che sono entrate per sei mesi e avendo l'unica colpa di non avere una dimora e una famiglia, si trovano internate da 4/5 anni, in un paese civile e al passo con le regole europee, questo non dovrebbe più esistere, difatti l'Italia è l'unico paese in tutta Europa che adotta le misure di sicurezza”.
Del Grande tiene a precisare che la sua non è una evasione, perché non è un detenuto. “Il disagio che ho visto lì dentro credo di non averlo mai conosciuto e sono scappato anzi, mi sono allontanato”, spiega. “Pago ancora fortemente lo scotto del mio nome e di ciò che ho commesso (...)
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