isola tristan da cunha

L’ISOLA FELICE - L’ISOLA TRISTAN DA CUNHA, CHE SI TROVA IN MEZZO ALL’OCEANO ATLANTICO, È IL POSTO PIÙ ISOLATO DEL MONDO, (L’ALTRA ISOLA ABITATA PIÙ VICINA, SANT’ELENA, SI TROVA A OLTRE 2MILA KM DI DISTANZA) LONTANO DA GUERRE E CRISI, DOVE LA POPOLAZIONE VIVE IN COMPLETA AUTONOMIA DA OLTRE 250 ANNI – MARCO CIRIELLO: “PUR ESSENDO UN POSTO COLONIZZATO PER VIA DI UN UOMO CHE MOSSE GUERRA AL MONDO, NAPOLEONE, NE SONO IMMUNI, COME SONO IMMUNI DALLA DELINQUENZA E DAL MALE, NON CI SONO OMICIDI E NESSUNO RUBA"

 

 

Marco Ciriello per “Domani” – 06 gennaio 2025

 

tristan da cunha 10

Quando nel 1506 il navigatore portoghese Tristão da Cunha, uscito dalla rotta per le Indie, la scoprì e le diede il suo nome, Ilha de Tristão da Cunha, non sapeva che sarebbe diventata l’isola senza guerre, figlia dei naufragi. È probabile che se Napoleone Bonaparte non avesse perso a Waterloo, molti anni dopo, le cose sarebbero andate diversamente, lasciandola disabitata come le altre tre isole del suo arcipelago: l'isola Inaccessibile, le Isole Nightingale e l'isola Gough (dove poi dal 1963 ci sarà una stazione meteo).

 

tristan da cunha 11

Mentre il vascello inglese Northumberland portava Napoleone a Sant’Elena, dove sbarcò il 17 ottobre del 1815, è probabile che uno degli uomini che più hanno scritto la storia e la geografia del mondo non ricordasse l’appunto preso da ragazzo guardando l’oceano Atlantico e finendo a scrivere un nome e un commento: «Sant’Elena, piccola isola». Se non avesse scritto il nome dell’isola, un piccolo punto – divenuto quello finale – in una traiettoria che dallo sguardo si fa di vita, avremmo avuto un altro Napoleone, e lui un’altra vita.

 

[…] Se non avesse notato quel nome di donna – che Omero usa come pretesto per una guerra – scritto in mezzo all’oceano, ma un altro nome, e l’avesse appuntato: è probabile che avremmo avuto un Napoleone scrittore, come desiderava, prima di essere risucchiato nella vita da imperatore.

 

tristan da cunha 9

E, un altro caporale, non sarebbe mai finito sull’isola più remota del mondo, lo scozzese William Glass, dando inizio – di fatto – alla colonizzazione di Tristan da Cunha. È così che tutto comincia. Due caporali e due isole (che distano 2440 km). Perché gli inglesi portando Napoleone a Sant’Elena e, memori della fuga da l’Isola d’Elba, insediarono una guarnigione di cinque ufficiali e trentasei soldati su Tristan sotto il comando del tenente David Rice, sedando la paura di un’altra fuga.

 

tristan da cunha 2

Quando nel 1821 Napoleone muore, la guarnigione lascia l’isola, ma il caporale Glass decide di restare, divenendo una sorta di José Arcadio Buendía che ha trovato la sua Macondo in mezzo all’oceano tra Città del Capo (a 2780 km) e Rio de Janeiro (a 3400 km), poco dopo arriverà la sua Ursula: Maria Magdalena Leepers, sudafricana di colore, avranno sedici figli. Col tempo si aggiunsero altre persone che volontariamente o meno, spinti dalle burrasche, discendendo dalle baleniere o dalle navi d’esplorazione, finirono sull’isola: inglesi, olandesi, statunitensi, irlandesi e italiani. Arriveranno capitani, marinai, pittori, esploratori, ingegneri e soldati come Thomas Swain testimone della morte dell’ammiraglio Nelson nella battaglia di Trafalgar, o almeno così raccontava.

 

edinburgo dei sette mari tristan da cunha

Eco della storia e della guerra. Arriverà il missionario Dodgson, fratello di Lewis Carroll, proprio l’anno dopo la pubblicazione di Alice nel paese delle meraviglie. E arriveranno Gaetano Lavarello e Andrea Repetto e Nazzareno Marcianesi (poi scelse Capetown) che daranno vita all’innesto italiano sull’isola, non a caso oggi il piccolo ospedale si chiama Camogli.

 

Per due secoli i problemi più seri dell’isola saranno lo sbarco dei topi (1882) dallo schooner americano Henry B. Paul, e una eruzione vulcanica (1961), che portò all’evacuazione dell’isola e al ritorno due anni dopo: sarà uno dei discendenti italiani, Johnny Repetto, il primo a ri-mettere piede sull’isola per preparare l’accoglienza. Quella frattura servirà a far scoprire un’altra vita, quella oltre il mare, agli isolani che mai avevano visto auto e tv se non in foto, costringendoli a una forzata immersione nel mondo capitalista. Scoprono il giradischi ma anche il lavoro sotto padrone. Misurando la distanza dal mondo.

tristan da cunha, saint helena

 

[…]  La prima guerra mondiale non l’ha sfiorata, la seconda ha portato una stazione della Royal Navy per controllare le navi tedesche nel sud Atlantico. L’arcipelago – che dipende dalla Gran Bretagna – in due secoli e un fischio ha dovuto affrontare un grande problema dovuto alla sua natura – l’essere un’isola vulcanica: ha fatto più la lava che l’uomo, non c’è porto né piste di atterraggio –, uno dovuto a uno sbarco differente con i topi che si insediarono sull’isola, e infine l’uomo col petrolio, problema risolto dalla natura.

 

Per il resto il sogno del caporale scozzese – massone – William Glass è rimasto intatto. Gli abitanti dell’isola sono tutti uguali, ogni cosa viene condivisa, tutti si aiutano. I terreni sono di tutti e tutti ci lavorano, anche perché senza i campi di patate Tristan sarebbe finita. Questo vale anche per gli animali che vivono liberi, e per le aragoste, fonte di sostentamento ed evoluzione, e poi i francobolli. Patate, francobolli e aragoste.

 

tristan da cunha 3

[…]  Sarebbe troppo facile e su numeri troppo bassi saltare alla conclusione che nel posto più isolato del mondo – immune dalle guerre – dove tutti hanno sanità e salario garantiti e una pari disponibilità di spazio e movimento, il problema più grande venga dal vento o dall’asma che si portano nel DNA.

 

[…]  Pur essendo un posto colonizzato per via di un uomo che mosse guerra al mondo, Napoleone, ne sono immuni, come sono immuni dalla delinquenza e dal male, non ci sono omicidi e nessuno ruba. L’isola e il suo arcipelago sono sempre stati raccontati come un posto assurdo dove è difficile vivere, invece andrebbe ribaltata la visione: è un posto bellissimo dove si è raggiunto un livello altissimo di civiltà nell’isolamento.

 

tristan da cunha 4

L’arcipelago negli anni è entrato nelle pagine di Edgar Allan Poe, Le avventure di Gordon Pym, poi usato come base da Jules Verne, La sfinge dei ghiacci, è finito in un racconto de Il sistema periodico, Mercurio, di Primo Levi, viene citato ne Il cielo sopra Berlino di Wim Wenders, scritto con Peter Handke, e raccontato dal documentario di Guido Lombardi e Anna Lajolo, L’isola in capo al mondo.

 

Ma sempre nell’accezione selvaggia, inesplorata, perduta. È la lontananza che lavora sull’immaginazione, tanto che l’angelo di Wenders la mette tra La Croce del Sud; l'Oriente lontano; Il grande Nord; l'Ovest selvaggio. Qualcosa di astratto e distante. Una stella. Ma su quella stella ci vivono e anche bene, nonostante le mille difficoltà. Costruiscono barche e case, sognano in modo diverso.

tristan da cunha 1

 

La vecchiaia non è un problema da cancellare con la plastica, ma un valore. E la condivisione vale più di un attico o un suv, perché non si tramanda con atti di vendita, ma per sentimento, visione, educazione. Tristan da Cunha prima che geografia è fede e prima che fede è ossimoro. Con Albert Camus, possiamo dire che Tristan è solitaire et solidaire. Un’isola che dice: «Avrei preferenza di no» al mondo, e «Eccomi» agli altri isolani. Una contraddizione nella quale, però, si conserva la pace, mentre nel resto della Terra si spara, trama e si aspetta il prossimo nemico.

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