LA 13ENNE AURORA TILA NON SI È SUICIDATA, NÉ IL VOLO DAL SETTIMO PIANO FU UN INCIDENTE – LO HA STABILITO IL TRIBUNALE PER I MINORENNI DI BOLOGNA CONDANNANDO A 17 ANNI IL RAGAZZINO CON CUI AVEVA AVUTO UN FLIRT - LA RAGAZZA MORÌ A PIACENZA PRECIPITANDO DAL SETTIMO PIANO DEL SUO APPARTAMENTO - IL PM AVEVA CHIESTO UNA CONDANNA A 20 ANNI E 8 MESI PER IL 16ENNE CHE AVEVA FREQUENTATO AURORA PER ALCUNI MESI...
Andreina Baccaro per corriere.it - Estratti
Aurora Tila non si è suicidata, né il volo dal settimo piano che il 25 ottobre di un anno fa spezzò per sempre i suoi 13 anni fu un incidente. Lo ha stabilito il Tribunale per i minorenni di Bologna che ha condannato in primo grado a 17 anni di carcere il 16enne, che di anni all’epoca ne aveva 15 e con il quale la ragazzina aveva avuto un flirt, imputato dell’omicidio pluriaggravato della ragazza piacentina. Il 16enne si è sempre dichiarato innocente, parlando di un gesto volontario.
Il pm Simone Purgato aveva chiesto una condanna a vent’anni e gli contestava, oltre alle aggravanti della minore età della vittima e della relazione sentimentale, anche quella dello stalking. «Sono soddisfatta per la condanna a 17 anni: sarei stata più soddisfatta se fossero stati 20, ma almeno giustizia è stata fatta. Io ho sempre creduto nella giustizia, l'ho detto dall'inizio», il commento di Morena Corbellini, madre della ragazza.
L'incontro tra i due un anno prima sui social
Quel giorno Aurora era uscita dal suo appartamento a Piacenza alle 8 del mattino, doveva entrare a scuola alle 9, ma disse alla madre che avrebbe fatto colazione con le amiche. Invece incontrò il ragazzo, che aveva conosciuto un anno prima sui social, e che aveva frequentato per alcuni mesi.
Non un fidanzamento, ha sempre sostenuto la madre della vittima, Morena Corbellini: Aurora aveva solo 13 anni, era quasi una bambina, uno scricciolo minuta nel suo corpo che soffriva anche di disturbi alimentari, un’infanzia tormentata con un padre che aveva perso la patria potestà. Una vita e sentimenti ancora troppo acerbi per poter parlare di una relazione.
Ma l’incontro con quel ragazzo, la prima cotta, era in pochi mesi deflagrato in un qualcosa di più grande di lei: il 15enne si era dimostrato ossessionato da Aurora, la cercava troppo, la seguiva. Una mattina, racconta la madre, avrebbe cercato di impedirle di entrare a scuola. Morena Corbellini aveva chiesto aiuto ai servizi sociali, ma nessuno è riuscito a intervenire in tempo.
Ossa rotte, lividi e lesioni prima della caduta
Poi l’appuntamento quel 25 ottobre 2024, nella palazzina accanto a quella in cui abitava la 13enne con la madre, il ragazzo le aveva inviato un messaggio all’una di notte. Per più di un’ora i ragazzi sarebbero rimasti a discutere, litigare, in molti hanno sentito, nel palazzo di fronte e per strada.
«Potevano salvarla» ripete ancora la mamma di Aurora. Le urla, due testimoni la vedono aggrappata alla ringhiera mentre grida con tutte le sue forze ma lui, hanno raccontato ai carabinieri, le percuoteva le nocche con le ginocchia per farla cadere giù.
Non ci fu scampo per Aurora, il suo cuore smise di battere trenta secondi dopo essere precipitata al terrazzo sul quinto piano. Ma l’autopsia avrebbe rivelato anche altro: ossa rotte, lividi, lesioni che sarebbero stati provocati prima della caduta. Un inferno che ha fatto di Aurora una delle più giovani vittime di femminicidio.
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