
LAZIALE, CAMBIA LOCALE – UNA FAMIGLIA E’ STATA RIMBALZATA DA UN RISTORANTE A PESCARA PERCHÉ LA BAMBINA DI 11 ANNI INDOSSAVA MAGLIA E CAPPELLO DELLA LAZIO - SULLA VERGOGNOSA VICENDA DI FOLLIA E INTOLLERANZA CALCISTICA E TAFAZZISMO COMMERCIALE INTERVIENE ANCHE IL CLUB ABRUZZESE - “NEGARE L’INGRESSO A UNA BAMBINA PER LA SUA FEDE CALCISTICA È UN GESTO CHE NON HA ALCUNA GIUSTIFICAZIONE” - LOTITO INVITA LA BIMBA A FORMELLO (SPERIAMO CHE IL PATRON LAZIALE NON SI ADDORMENTI...)
Massimo Giuliano per ilcentro.it - Estratti
emma la bambina rimbalzata da un ristorante a pescara
È diventato subito un caso l’episodio raccontato oggi dal Centro e relativo a quanto accaduto domenica in un ristorante della riviera, dove a una famiglia romana sarebbe stato vietato l’ingresso solo perché la figlia di 11 anni indossava maglietta e cappellino della Lazio.
Nel primo pomeriggio è stato proprio il sodalizio biancoceleste a prendere posizione con questo tweet: “Cara Emma, abbiamo letto la tua storia e ci ha colpito profondamente.
Non riusciamo nemmeno a immaginare quanto sia stato brutto sentirsi dire di non poter entrare in un locale solo perché indossavi con orgoglio il cappellino e una maglietta con i colori della tua amata Lazio. Per questo”, annuncia la società, “abbiamo pensato di invitarti a Formello, nel cuore della nostra casa, per stare insieme alla squadra, allo staff e a chi lavora ogni giorno per rendere speciale questa maglia. Sarai la benvenuta perché chi ama la Lazio è parte integrante della nostra storia. Ti aspettiamo a braccia aperte”.
emma la bambina rimbalzata da un ristorante a pescara 3
Sulla questione interviene anche il Pescara, che rispondendo al tweet della Lazio scrive: “Abbiamo appreso quanto accaduto alla vostra giovane tifosa.
Negare l’ingresso in un locale della nostra città a una bambina per la sua fede calcistica è un gesto che non ha alcuna giustificazione. Cara Emma, ci dispiace per ciò che hai vissuto”. Una presa di posizione importante, se si considera che da alcuni decenni c’è un’accesa rivalità sportiva tra le due società. Che però, ovviamente, non può e non deve giustificare simili gesti.
(…)