“LUIGI PREITI UNO DI NOI”: L’INNO AL PROIETTILE DEGLI IMBECILLI DA TASTIERA

Gianni Santucci per il "Corriere della Sera"

L'analista di geopolitica, Nicola L., ore 18.47 di ieri: «Gheddafi ma un missilino per palazzo chigi no? fallo questo regalino ai nostri amati parlamentari =)». (Permetta, signor Nicola, Gheddafi è morto). La teorica dell'attacco totale Debora G., nel messaggio di un'oretta prima, esorta: «mi dispiace tanto per i carabinieri. lì devono andare con un bazuca quando c'è Berlusca Monti e tanti altri...» (La lingua italiana? Un accessorio inutile). Risponde poco dopo la sostenitrice dell'attacco mirato, Lucia C.: «Preiti per me è un eroe... Spero che la prossima volta vada qualcuno più competente e che non sbagli».

È vox populi. Incanalata in Rete. Su facebook, nel neonato (da due giorni) gruppo di «Solidarietà a Luigi Preiti», l'attentatore di Roma. Tra le magnifiche sorti e progressive di Internet, c'è anche questo. Sfogatoio. Inno al proiettile. Invocazione ai cannoni.
Eccola, la giornata nella piazza virtuale dopo gli spari davanti a Palazzo Chigi.

A Roma e Padova compaiono scritte (reali) sui muri: «Luigi Preiti uno di noi». A usare una bomboletta spray però si rischia una denuncia. Sul web, invece, chiunque è libero di sputare veleno e idiozie, senza freni e senza pericoli. Il gruppo per Preiti, intorno alle 8 di sera, ha quasi 250 sostenitori. Che si rilanciano a vicenda sulle proprie pagine facebook, su twitter, sui blog. Marea montante senza mediazioni.

L'argine arriva a metà pomeriggio, da Roma, da una stanza del Policlinico. Le telecamere e i siti di informazione rilanciano le parole di Martina Giangrande, 23 anni, figlia del carabiniere ancora ricoverato in gravi condizioni: «Spero che questo incidente a papà possa far capire tante cose, possa migliorare la società, spero in un mondo migliore». Serve questa iniezione di realtà, di frasi vere, pacate, per riequilibrare il delirio online.

E allora, in pochi minuti, la corrente di commenti che si ammassano dietro l'etichetta #sparatoria inizia a virare. Le frasi girano si associano a commozione, tristezza, compassione, dignità. Diventano queste le parole chiave. Riallineano l'ansia irrefrenabile di commentare.

Innumerevoli parole al vento del web spazzate dalla voce rotta di una ragazza che ha appena lasciato il lavoro, perché dovrà assistere il padre che rischia di restare paralizzato. Riccardo Gazzaniga, poliziotto in servizio a Genova e bravo scrittore, che ha appena pubblicato un romanzo sull'odio cieco di strada («A viso coperto»), twitta una frase semplice: «Le parole della figlia del collega ferito a Roma valgono più di qualsiasi dichiarazione o retorica».

Ma ormai sono quasi le 9 della sera e i sostenitori del «gruppo Preiti» sono aumentati. Di numero (quasi 300) e di furore: «Uniamoci tutti, le armi si trovano».
La novità non sta nell'esposizione dell'odio.

Negli anni scorsi per le strade d'Italia s'è inneggiato a «Dieci, cento, mille Nassiriya»; sono stati scritti sui muri incoraggiamenti per il lupo Luciano Liboni, balordo latitante che nell'estate 2004 usava la pistola mentre era braccato dalle forze dell'ordine; slogan e teorie acab, contro polizia e carabinieri, rimbalzano tra gli stadi e i cortei di movimenti estremisti.

La novità sta nell'obiettivo, la casta, e in chi si culla nella violenza immaginata, raccontata, propagandata. Sui profili dei pro-Preiti non compaiono quasi mai simboli o rimandi a partiti o movimenti. Marea apolitica che ribolle di antipolitica. In questo c'è una dose di grillismo, come fenomeno astratto, che nulla a che fare con le posizioni e l'azione dei 5 Stelle. Una sorta di filo rosso collega i vecchi proclami leghisti: «la gente del Nord è pronta a imbracciare i fucili», diceva Umberto Bossi, e i «Vaffa-day».

Insofferenza e rigetto. Moltiplicazione al cubo del proverbiale «piove, governo ladro». È la Rete, bellezza. Luogo della nuova economia, della moderna conoscenza, dei linguaggi del futuro. E anche giostra, circo sconnesso, latrina da vomito per insulti. Che non si ferma neppure di fronte alla voce vera di una ragazza vittima della tragedia: «Sono fiera di mio padre».

 

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