MALEDETTO SESSANTOTTO – QUANDO LA STAGIONE DELLA MILITANZA E DELL’IDEOLOGIA SPAZZÒ VIA L’UMORISMO FORMIDABILE DI MARCHESI E FLAIANO (CHE NON SI METTE A SERVIZIO DI NESSUNA SERIOSISSIMA CAUSA)

Pierluigi Battista - "La Lettura-Corriere della Sera"

Chi ha ucciso in Italia il senso dell'umorismo? Che fine ha fatto quella tradizione formidabile di battutismo beffardo, quel vulcano di epigrammi, calembour, motti sferzanti, arguzie, meravigliosi aforismi di cui la cultura italiana poteva andare fiera fino a qualche decennio fa? Chi ha scialacquato un patrimonio culturale che si è svuotato, un terreno di ironia e di autoironia che si è disseccato, una ricchezza di talenti lasciata appassire?

Basta guardare le date: attorno al Sessantotto, o un po' dopo, quella tradizione culturale si è spenta, inesorabilmente. E se appunto, visto che i tempi coincidono e considerata la proverbiale mancanza di ironia dei suoi cantori di ieri e di oggi, fosse stato proprio il Sessantotto a far fuori il nostro senso dell'umorismo?

Leggere le perle di umorismo fulminante nella nuova edizione Bompiani del Malloppo e del Dottor Divago di Marcello Marchesi (con prefazione del 1991 di Oreste del Buono, uno dei grandi cultori dei filoni letterari tenuti ai margini dagli intellettuali sussiegosi) dà la sensazione di un flash su un passato oramai sepolto. Per poi domandarsi perché uno come Marchesi, che ha coniato battute come «Anche le formiche nel loro piccolo si incazzano», poi riattualizzate dal duo Gino &Michele con un titolo accolto con scandalo dall'editoria signorile, non sia celebrato come un monumento nazionale.

Semplice: il suo umorismo garbato, colto, civile, pungente è oramai considerato un po' démodé, anzi decisamente antiquato. Non era forse geniale chi sfornava sentenze come «Lutero ha fondato il protestantesimo perché non digeriva le ostie», o giochi di parole come «Essere o benessere», «Vivi e lascia convivere»? O appiccicava nomignoli a celebrità dell'epoca come «Aldo Moro, il dottor Divago», «Andreotti: chi non muore si risiede», «Gina Lollobrigida: il petto atlantico», «Mastroianni: Marlon Blando»?

Lo era, ma come traccia sbiadita di un'epoca tramontata, oramai. La stessa sensazione di reperto del passato, preziosissimo ma pur sempre passato, che emana dai programmi televisivi, dagli sketch, dalle situazioni comiche in bianco e nero che oggi possiamo rivedere nella loro interezza grazie al magazzino di Rai Storia tutti i giorni dell'anno, a qualunque ora: i siparietti del varietà di Walter Chiari, o della coppia Paolo Panelli e Bice Valori, o dei dialoghi scritti per gli ospiti importanti, o del fantastico duo Vianello & Tognazzi.

Oppure quando ci si imbatte nella perfezione stilistica, nella nitida efficacia della battute coniate nei decenni dagli sceneggiatori geniali della commedia all'italiana, da Age & Scarpelli a Suso Cecchi D'Amico, da Steno a Rodolfo Sonego, e anche Ennio Flaiano o Ettore Scola e tanti altri, fino a sentire, dopo momenti di felicemente stupefatta ammirazione, lo strazio di una grandissima scuola abbandonata e semidimenticata. O come quando si pesca nel repertorio del cabaret dei Gufi, di Enzo Jannacci, di Giorgio Gaber o del primo Dario Fo, o della comicità stralunata maturata nei fumi del Derby a Milano. O nel teatro di Garinei &Giovannini. E chissà quanti altri reperti perduti.

Effetto macedonia? Accostamento arbitrario tra filoni culturali tanto diversi se non opposti? Forse, però è possibile anche sentire in tutti questi frammenti un'aria di famiglia. Una comune vocazione all'umorismo come esercizio puro dell'intelligenza, come variazione sempre brillante di ironia e di autoironia.

A un certo punto, questa pianta rigogliosa dalle mille foglie diverse e multicolori in Italia si affloscia, come una scuola prestigiosa che d'improvviso e senza spiegazioni interrompesse le sue lezioni.

In un battibaleno, l'umorismo puro, quello che si concede generosamente senza sentirsi al servizio di una seriosissima Causa, perde il suo prestigio e viene bollato come superficiale «qualunquismo», o vile «disimpegno». Dopo il Sessantotto, passato il tumulto rigenerante della liberazione anarchica e antiautoritaria, cala plumbeo sulla cultura italiana il grande gelo del dogmatismo, della disciplina militare, dell'ideologismo fanatico. Come un rullo compressore che schiaccia tutto ciò che è tagliente, arguto, sapido, smagliante (in due parole: «intelligente» e «ironico») i funzionari della dottrina dichiarano superata l'epoca dell'umorismo.

Si entra nel dominio assoluto e totalitario della Politica e della Militanza. L'imperativo della politicizzazione integrale squalifica l'umorismo e lo trasforma in satira politicamente aggressiva. Ma il bersaglio politico della satira nata sull'onda della politicizzazione integrale dev'essere massacrato, odiato, annientato. La satira politica militante deve scorticare e additare al pubblico ludibrio l'incarnazione del Male.

Alle feste di «Cuore» non ci si accontenta di ridere per le migliori vignette ma bisogna abbinare la trippa alla Bettino perché l'ostilità assoluta e antropologica per il craxismo cementa lo spirito della tribù. Lo fortifica nella sua compattezza militante. Tutto il contrario del grande umorismo «disimpegnato», lontano psicologicamente e culturalmente dal manicheismo che separa con un colpo di coltello il Male e il Bene. Tutto era qui più sfumato. Tutto poteva essere oggetto di irriverenza ma non di odio. Il sarcasmo feroce che metteva a nudo le manchevolezze e persino le atrocità dell'antropologia italiana, si combinava però sempre con un corrosivo e malinconico ripiegarsi autoironico sulle proprie irredimibili, impolitiche debolezze.

Era il mondo di Marcello Marchesi che a un certo punto morì. Morì in senso figurato, ma lui, Marchesi, morì davvero nel '78, superata quella «mezza età» che lo aveva reso famoso, e nel modo più stupido, annegato in una pozza d'acqua marina in Sardegna, tanto da trasformare un suo lieve epigramma vergato qualche anno prima in un inconsapevole, seppur ilare, presagio della tragedia: «Supertimido affogò perché si vergognava a gridare aiuto».

Quel mondo di battute e di aforismi che Marchesi frequentò e che annoverava tra i suoi più fertili artefici personaggi anagraficamente diversi come Achille Campanile, Leo Longanesi, Ennio Flaiano (il principe della battuta tante volte celebrato dal nostro Giovanni Russo), Vittorio Metz, Ercole Patti, Vincenzo Cardarelli e tanti altri, quel mondo venne archiviato.

Era un mondo di intellettuali da caffè e da trattoria in una Roma pigra e accidiosa, geniali fabbricatori di massime effervescenti, motteggiatori instancabili ma anche autolesionistici dissipatori di talenti, protagonisti di una bohème un po' stagionata, politicamente tiepidi, o addirittura (almeno dai tempi delle esperienze del «Bertoldo» e del «Marc'Aurelio», quando Longanesi coniava, faceto ma mai oppositore, «Il Duce ha sempre ragione») refrattari a ogni parvenza di «impegno», frequentatori di un mondo tutt'altro che attratto dal miraggio del potere e che si collocava in un incrocio attraversato dalla Rai e dalla collaborazione ai periodici, dalle sceneggiature per il cinema alle pièce teatrali, dall'editoria ai romanzi fino alla pubblicità (erano di Marchesi celebri invenzioni come «Il brandy che crea un'atmosfera», «Il signore sì che se ne intende», «Con quella bocca può dire quel che vuole»).

Battutisti compulsivi che facevano del calembour e del gioco di parole quasi un'ossessione (Achille Campanile: «Cosa fa la tale? Si dice che seduca sedici sudici sadici». Lo stesso Marchesi: «Fero, fers, tuli, latum, férnet» o «Ho soffritto per te»).

Un mondo di intellettuali beffardi anche con se stessi (Longanesi: «Sono un carciofino sott'odio»), indolenti (Ercole Patti: «Non ho chiuso occhio tutto il pomeriggio»; «Stasera vado a letto presto che domani devo svegliarmi tardi»).

Afflitti da sconsolatezza (Flaiano: «Oggi ho lasciato la mia famiglia perché ero stanco di sentirmi solo»; «Coraggio, il meglio è passato». E Marchesi: «L'importante è che la morte ci colga vivi»; «Ma quando mi saluti e te ne vai vorrei essere te per non lasciarti mai»). Politicamente, se proprio li si vuole etichettare, attestati precariamente su un anarchismo conservatore e irriducibilmente scettico. Di Marchesi: «Oggi alle 21 sciopero contro il terremoto»; «Sono per il progresso, ma un progresso paternalistico»; «Tra il dire e il fare c'è una busta da dare»; «Sedere è potere».

Di Longanesi: «Tutte le rivoluzioni cominciano in strada e finiscono a tavola», «Uno stupido è uno stupido. Due stupidi sono due stupidi. Diecimila stupidi sono una forza storica»; «Meglio assumere un sottosegretario che una responsabilità». Di Ennio Flaiano: «Non sono comunista perché non me lo posso permettere»; «In Italia i fascisti si dividono in due categorie: i fascisti e gli antifascisti»; «Lavoratori di tutto il mondo unitevi, ma durante le vacanze sparpagliatevi». E ancora di Marchesi: La Pira «Happy ChristMarx»; Feltrinelli «De propaganda Fidel».

Intellettuali che detestavano le pose degli intellettuali engagé (Longanesi: «Non capisce, ma non capisce con grande autorità e competenza»; e Flaiano: «I capolavori oggi hanno i minuti contati»; «Il monologo inferiore», «La tv ha abbassato il livello culturale degli intellettuali»; «Oggi il cretino è pieno di idee»). E con Achille Campanile, poi, la satira di costume si piegava senz'altro a motti che avrebbero ben meritato la spregiativa nomea di «qualunquisti»: «Mi spezzo ma non mi impiego», «Le donne vogliono un marito che sia un genio, quando si sposano vogliono che sia un babbeo».

Una propensione a prendersi gioco di tutto e di tutti impossibile da disciplinare, se non proprio in una dottrina, almeno in una cornice militante accettabile per i patiti della politicizzazione integrale dello spirito. Che engagement avrebbe potuto sottoscrivere questo Flaiano: «L'oppio è ormai la religione dei popoli»?

Quale blasone politicamente impegnato avrebbero potuto esibire i perditempo che quando al caffè vedevano dei giovani irriverenti dicevano: «Credono di essere noi»? O che chiamavano Emilio Fede «Sciupone l'Africano» per le sue monumentali note spese in missione; o Sergio Zavoli «Una lacrima sul video», o il critico Paolo Milano «Il vecchio tastamento», o Renato Guttuso «Picassata alla siciliana», o Filippo De Pisis, con sfumature che oggi definiremmo senza dubbio omofobe, «L'incantatore di sergenti»? Per Campanile nulla avrebbe potuto eguagliare la sua «Tragedia in una battuta. Personaggi: un vulcano e una montagna. Il vulcano erutta. La montagna: "Maleducato!"». E per Flaiano quest'altra: «La psicoanalisi è una pseudo-scienza inventata da un ebreo per convincere i protestanti a comportarsi come i cattolici».

Una scintillante giostra di battute che forse negli anni successivi alla presa del potere della satira politica e militante ha avuto sporadici echi nel nomadismo sbarazzino di Renzo Arbore (Alto gradimento con Gianni Boncompagni fu l'ultima scialuppa di salvataggio della tradizione dell'umorismo italiano), o nello humour languido di Enrico Vaime, nelle performances di Gigi Proietti o nell'elegante ironia degli ultimi anni di Carlo Fruttero, o nelle parti meno corrive e più strepitose degli spettacoli di Corrado Guzzanti. O nei frammenti sparsi qui e là nel teatro, nell'intrattenimento, nelle canzoni. Ma poi basta. Poi quella tradizione dell'umorismo italiano, uccisa dalla politicizzazione, si è consumata, direbbe Flaiano, con «la petulanza del temporale che si ostina a ripetersi, come se non avessimo capito che l'estate se ne va».

 

marchesi diario marchesi marcello Marcello Marchesi dottor divago x Copertina Letteratura x NAPOLITANO ED ETTORE SCOLA A VENEZIA Ettore Scola con moglie ACHILLE CAMPANILeachille campanile LaTelevisione coverCORRADO GUZZANTI IN ANIENE jpegCORRADO GUZZANTI IN ANIENE jpegMICHELE MIRABELLA ENRICO VAIME - copyright Pizzibeha14 enrico vaime toni concina

Ultimi Dagoreport

vladimir putin roberto vannacci matteo salvini

DAGOREPORT: ALLARME VANNACCI! SE L’AMBIZIONE DETERMINATISSIMA PORTASSE IL GENERALISSIMO A FAR SUO IL MALCONCIO CARROCCIO, PER SALVINI SAREBBE LA FINE - E IL "VANNACCISMO ALLA VODKA", CIOE' FILO-RUSSO, ALLARMA NON POCO ANCHE GIORGIA MELONI – CON LA CONQUISTA DI CIRCA UN TERZO DEL CONSENSO ALLE EUROPEE, VANNACCI POTREBBE FAR DIVENTARE LA "PREVALENZA DEL CREMLINO" GIA PRESENTE NELLA LEGA DI “SALVINOVSKIJ” DEFINITIVAMENTE DOMINANTE - L’EX PARÀ SI BAGNA PARLANDO DI PUTIN: “NEGLI ULTIMI VENT’ANNI, HA FATTO RIFIORIRE LA RUSSIA’’ - SE RIUSCISSE A ESPUGNARE LA LEGA, IL GENERALISSIMO CHE FARÀ? MOLLERÀ LA "CAMALEONTE DELLA SGARBATELLA", CHE ABBRACCIA ZELENSKY E ELOGIA GLI UCRAINI PER LA LORO “RESISTENZA EROICA”, DECISO A SFIDARE I FRATELLINI SMIDOLLATI D’ITALIA CHE HANNO MESSO IN SOFFITTA IL BUSTO DEL DUCE E I SILURI DELLA DECIMA MAS? - I VOTI DELLA LEGA SONO IMPRESCINDIBILI PER VINCERE LE POLITICHE DEL 2027, DOVE L’ARMATA BRANCA-MELONI DUELLERA' CON UN INEDITO CENTROSINISTRA UNITO NELLA LOTTA...

2025mellone

CAFONAL! - DIMENTICATE I GRANDI MATTATORI, ANGELO MELLONE È CAPACE DI SPETALARE FIORELLO IN 15 SECONDI - ATTORE, CANTANTE, SCRITTORE, POETA, SHOWMAN MA SOPRATTUTTO GRAN CAPO DELL'INTRATTENIMENTO DAYTIME DELLA RAI, IL BEL TENEBROSO DI TELE-MELONI, IN ATTESA DI VOLARE A SAN VITO LO CAPO (TRAPANI), PRESIDENTE DI GIURIA DELL'IRRINUNCIABILE CAMPIONATO DEL MONDO DI COUS COUS, ANZICHÉ SBATTERSI COME UN MOULINEX PER METTER SU TRASMISSIONI DECENTI PER RICONQUISTARE LA SUPREMAZIA DELLA RAI SU MEDIASET, LO RITROVIAMO COL SUO OUTFIT DA CHANSONNIER MAUDIT, ESIBIRE IL SUO STRAZIANTE RECITAR CANTANDO AL “JAZZ&IMAGE LIVE COLOSSEO FESTIVAL 2025” AL PARCO DEL CELIO, ACCOLTO DA UN FOLTO PARTERRE DI INVITATI CON L’APPLAUSO INCORPORATO (MATANO, CERNO, DESARIO, RONCONE, STRABIOLI, GINO CASTALDO, DARIO SALVATORI E TANTE RAI-GIRLS CAPITANATE DALLE PANTERONE-MILF, ANNA FALCHI ED ELEONORA DANIELE) - DEL RESTO, DITEMI VOI COME SI FA A FREGARSENE DELL’INVITO DEL DIRIGENTE RESPONSABILE DI UNA PLETORA DI PROGRAMMI, RISPONDENDO AL TARANTOLATO TARANTINO: “GRAZIE, MA NEMMENO SOTTO ANESTESIA”? - VIDEO

gaza giorgia meloni donald trumpm benjamin netanyahu

QUANTO A LUNGO PUÒ ANDARE AVANTI IL TRASFORMISMO CHIAGNE E FOTTI DI GIORGIA MELONI DECLINATO IN SALSA ISRAELO-PALESTINESE? - L’ITALIA HA DATO IL SUO VOTO FAVOREVOLE AL RICONOSCIMENTO DI "DUE POPOLI, DUE STATI" ALL'ASSEMBLEA DELL'ONU DEL 22 SETTEMBRE - MA, FRA UNA SETTIMANA, SU INIZIATIVA DI FRANCIA E ARABIA SAUDITA, IL CONSIGLIO DELL'ONU E' CHIAMATO A VOTARE IL RICONOSCIMENTO DELLO STATO PALESTINESE: CHE FARA' LA "GIORGIA DEI DUE MONDI"? - FRANCIA, AUSTRALIA, BELGIO, CANADA, FINLANDIA, MALTA, PORTOGALLO E REGNO UNITO ENTRERANNO A FAR PARTE DEI 147 STATI DEI 193 MEMBRI DELL’ONU CHE RICONOSCONO LA PALESTINA - DIMENTICANDO PER UN MOMENTO LE STRAGI DI GAZA, LA PREMIER VOTERA' CONTRO O SI ASTERRA' PER COMPIACERE TRUMP E L’AMICO NETANYAHU? TROVERA' IL CORAGGIO DI UNIRSI AL RESTO DEL MONDO, VATICANO COMPRESO? AH, SAPERLO...

giorgia meloni vox ursula von der leyen santiago abascal

DAGOREPORT - SE I MEDIA DI CASA NOSTRA, DEL VIDEO-MESSAGGIO DI GIORGIA MELONI ALL'EVENTO MADRILENO DI VOX, HANNO RIPRESO SOLO LA PARTE DEL DISCORSO RIGUARDANTE L’ASSASSINIO DI CHARLIE KIRK, SFACCIATAMENTE STRUMENTALIZZATO COME MARTIRE DELL’ODIO E DELLA VIOLENZA DELLA SINISTRA, I CAPOCCIONI DI BRUXELLES HANNO SBARRATO GLI OCCHI PER UN ALTRO MOTIVO - CHE CI FACEVA LA MELONI, EX PRESIDENTE DEL GRUPPO DEI CONSERVATORI EUROPEI ALL’EVENTO “EUROPA VIVA 2025” DI VOX, IL PARTITO DI ESTREMA DESTRA SPAGNOLO CHE DAL 2023 È STATO ARRUOLATO DA “PATRIOTI PER L’EUROPA”, L’EUROGRUPPO ANTI-UE CREATO DAL DUCETTO UNGHERESE E FILO-PUTINIANO, VIKTOR ORBAN, DI CUI FA PARTE ANCHE LA LEGA DI SALVINI? - ALLA FACCIA DEL CAMALEONTISMO DELLA “GIORGIA DEI DUE MONDI”, BASCULANTE TRA UN VIAGGETTO E UN ABBRACCIO CON I DEMOCRISTIANI TEDESCHI URSULA VON DER LEYEN E FEDRICH MERZ, A CATALIZZARE L’IRRITAZIONE DEI VERTICI DELL’UNIONE È STATO IL TEMA DELL'EVENTO DI VOX CHE, TRA DIBATTITI SU IMMIGRAZIONE ILLEGALE, LAVORO, CASA E SICUREZZA, SPUTAVA IN FACCIA AI POTERI FORTI DI BRUXELLES - LA MANIFESTAZIONE DI VOX HA DIMOSTRATO, PER L’ENNESIMA VOLTA, L’ISTRIONICA PERSONALITÀ DI COMUNICATRICE DELLA PREMIER ALLA FIAMMA. TALENTO LATITANTE TRA I NUMEROSI GALLI DEL  CENTROSINISTRA... - VIDEO

FLASH! – MENTRE SVANISCE LA MILANO DEI ‘’POTERI FORTI’’ E DEI “SALOTTI BUONI”, FINITI SOTTO IL TALLONE DEI “BARBARI ROMANI”, SI ALZA LA VOCE DEL 92ENNE GIOVANNI BAZOLI - IL GRANDE VECCHIO, CHE INSIEME A GUZZETTI HA RIDISEGNATO IL SISTEMA BANCARIO, HA CONSEGNATO ALLA FELTRINELLI LA SUA AUTOBIOGRAFIA (LA FIGLIA CHIARA, NONCHÉ COMPAGNA DEL SINDACO DI MILANO BEPPE SALA, LAVORA ALLA FONDAZIONE FELTRINELLI) – IL LIBRO PARTE DALLA GUERRA AI NAZIFASCISMO E LA PASSIONE PER ALESSANDRO MANZONI, CONTINUA CON LA CELEBRAZIONE DI NINO ANDREATTA, LE VICENDE DEL BANCO AMBROSIANO, FINO ALLA CREAZIONE DI INTESA SANPAOLO…

giorgia meloni kirk renzi salvini tajani

DAGOREPORT - LA STRATEGIA DELLA DISTRAZIONE DI GIORGIA MELONI: PER LA DESTRA DE’ NOANTRI, IL DELITTO KIRK NON È UNA STORIA AMERICANA DEFLAGRATA ALL’INTERNO DEL MONDO DEI “MAGA” TRUMPIANI. NO, È ROBA DA BRIGATE ROSSE IN VIAGGIO PREMIO NEGLI USA - ECCO: IL CADAVERE DI UN ATTIVISTA DI UN PAESE DOVE LE ARMI LE COMPRI DAL TABACCAIO È GIUNTO AL MOMENTO GIUSTO PER ESSERE SFACCIATAMENTE STRUMENTALIZZATO AD ARTE DALLA PROPAGANDA DI PALAZZO CHIGI, COPRENDO CON DICHIARAZIONI FUORI DI SENNO LE PROPRIE DIFFICOLTÀ - CHE LA DESTRA DI GOVERNO SIA IN PIENA CAMPAGNA ELETTORALE, INQUIETA (EUFEMISMO) PER L’ESITO DELLE REGIONALI D’AUTUNNO, IL CUI VOTO SARÀ DIRIMENTE IN VISTA DELLE POLITICHE 2027, ALLE PRESE CON UN PAESE CHE SENZA LA FORTUNA DEI 200 MILIARDI DEL PNRR SAREBBE IN RECESSIONE COME LA FRANCIA E LA GERMANIA, NE È CONSAPEVOLE LO STESSO ESECUTIVO, IN PIENO AFFANNO PER TROVARE LE RISORSE NECESSARIE ALLA FINANZIARIA DI FINE D’ANNO - RENZI: “LA PREMIER SEMINA ZIZZANIA E CREA TENSIONE PER EVITARE DI PARLARE DI STIPENDI E SICUREZZA. MA SOPRATTUTTO PER EVITARE CHE NASCA UN VERO MOVIMENTO A DESTRA. OCCHIO: SE VANNACCI FA COME FARAGE, LA MELONI VA A CASA. LA POLITICA È PIÙ SEMPLICE DI QUELLO CHE SI CREDA. GIORGIA MELONI ALIMENTA LA PAURA PERCHÉ LEI HA PAURA…” - VIDEO