
GRATTAMOSE! – MARINO NIOLA SPIEGA PERCHÉ LA SUPERSTIZIONE E' DURA A MORIRE, NONOSTANTE I PROGRESSI DELLA CONOSCENZA: “LE SUPERSTIZIONI SERVONO A DAR SENSO AGLI ASPETTI PIÙ OSCURI E SFUGGENTI DELLA VITA INDIVIDUALE E COLLETTIVA. E SOPRATTUTTO CI AIUTANO A RICONOSCERE E CONTROLLARE LE NOSTRE ANSIE, PAURE, INSICUREZZE DANDO LORO UN VOLTO, UNA FORMA, UN SIMBOLO E PERSINO UN NUMERO. TUTTO QUESTO NON SIGNIFICA CHE VIVIAMO IN UNA BOLLA OSCURANTISTA. SIGNIFICA CHE…”
Estratto dell’articolo di Marino Niola per “la Repubblica”
Gatti neri, specchi rotti, scaramanzie, amuleti, scongiuri, corna, "toccatine".
Sono solo pochi esempi dello sterminato catalogo delle superstizioni. […] È sorprendente che, nonostante i progressi della conoscenza, la crescente alfabetizzazione, lo strapotere della scienza e della tecnologia, l'immaginario scaramantico non conosca declino. Tutto al contrario. Perché evidentemente non è semplicemente una sopravvivenza del pensiero magico, ma un bisogno di spiegazione supplementare.
Lo dimostra la perdita di denaro che si verifica in molti paesi, compresi quelli anglosassoni, quando il venerdì cade il giorno 13 o in Europa il 17. A causa dell'aura negativa che circonda la data incriminata, le persone sono riluttanti a viaggiare, fare acquisti, presentarsi alle visite mediche. Per una ragione analoga i laboratori di analisi cliniche il venerdì 17 registrano un netto calo delle prenotazioni perché la maggior parte delle persone preferisce non sottoporsi ad accertamenti in un giorno che porta male.
Perfino gli studenti universitari evitano di presentarsi agli esami e alle sedute di laurea. E a conferma di questa tendenza scaramantica, ci sono le cifre sui matrimoni civili e religiosi che il venerdì 17 registrano un deciso calo. […] Risultato, un calo del business complessivo che si calcola in cifre a nove zeri. In realtà, quelle che chiamiamo comunemente superstizioni sono credenze, simboli, gesti, comportamenti che vengono da molto lontano. Spesso non ne conosciamo nemmeno l'origine.
Le usiamo e basta. […] In realtà più che un residuo prelogico del pensiero, come vorrebbe un facile evoluzionismo sociologico, si tratta di una pulsione istintiva a scongiurare possibili situazioni avverse. Come se la mente mettesse le mani avanti per avere l'impressione di poter esercitare una forma di controllo sull'esistenza.
In effetti, le superstizioni servono a dar senso agli aspetti più oscuri e sfuggenti della vita individuale e collettiva. E soprattutto ci aiutano a riconoscere e controllare le nostre ansie, paure, insicurezze dando loro un volto, una forma, un simbolo e persino un numero. […]
Lo specchio rotto, l'olio rovesciato, il sale dietro le spalle, il cornetto di corallo, gli animali portafortuna come gattini ed elefanti, quelli malefici come gufi, civette, corvi. Sono altrettanti segni che riassumono le inquietudini degli uomini e, a dispetto delle apparenze, contribuiscono a razionalizzarle.
Il malocchio e la iettatura, per esempio, spiegano a modo loro degli avvenimenti sfavorevoli attribuendone la causa all'azione di uno sguardo malefico. Di fatto, sia il malocchio sia la iettatura si fondano sul potere dell'occhio, che rappresenta uno dei fondamenti simbolici della nostra cultura. A partire dalle religioni che raffigurano Dio come un grande occhio alle antiche concezioni della regalità che rappresentavano il sovrano come un occhio onniveggente e onnipotente. O come un sole, ovvero la pupilla del cosmo.
[…] Proprio in quanto simbolo di potere, però, lo sguardo può portare bene ma anche male, prosperità ma anche calamità. Soprattutto se è mosso da invidia. Parola che deriva dal verbo latino invidere, cioè guardare biecamente, con occhio cattivo, cioè con malocchio. Nell'antichità si lanciava il malocchio per vendetta, per inimicizia, per odio, e perfino per assicurare ordine e giustizia.
Secondo Sir James George Frazer, padre dell'antropologia, in origine il rispetto delle leggi e delle istituzioni deriverebbe dalla paura superstiziosa delle maledizioni scagliate dai sovrani. […]
Tutto questo non significa che viviamo in una bolla oscurantista, impenetrabile alla luce della ragione. Significa semplicemente che la maggior parte di noi passa da un tipo di ragione all'altro. […] Alterniamo il pensiero logico, quello fondato sul nesso di causalità e sul principio di realtà, a quello fondato sull'associazione tra i simboli e gli eventi. Soprattutto nei periodi di crisi, quando il mondo appare più indecifrabile.
È così che amuleti, talismani, giorni fausti e persone infauste diventano un modo per darsi l'impressione, talvolta l'illusione, di controllare l'incontrollabile. Un placebo. A condizione di non crederci fino in fondo, di vivere tutto ciò con il distacco ironico del «non è vero ma ci credo». O se si preferisce del «non ci credo ma è vero». Un mix di pensiero debole, di fatalismo soft e di disincanto positivo che convivono in un perfetto ménage à trois.
[…] Insomma, la superstizione ben temperata non è un blackout della ragione. Ma una sorta di dubbio metodico, un'osservazione supplementare che ci restituisce il senso dei nostri limiti conoscitivi. Ci ricorda che la realtà non si riduce all'alternativa secca tra vero e falso. E che la probabilità è parente stretta del mistero. Una saggezza cui si arriva per gradi. Ecco perché razionali si nasce, superstiziosi si diventa.