IL MATTEO CHE COMANDA IN SILENZIO – “MESSINA DENARO GODE DI PROTEZIONI DI ALTISSIMO LIVELLO”, SOSTIENE IL MAGISTRATO CHE LO CERCA DA ANNI – PER DEAGLIO, L'UOMO PIU' RICCO D'ITALIA ''MAGARI UN GIORNO SARÀ ARRESTATO, MA NON SAPREMO MAI CHI LO PROTEGGE DAVVERO''

Enrico Deaglio per “Il Venerdì di Repubblica

 

Strano destino, quello che ci lega a MMD. È il più terribile criminale italiano in circolazione – addirittura il numero due per l’FBI americana dopo il messicano Chapo Guzmán – ma ci dobbiamo convivere. È il nostro bin Laden, latitante da vent’anni nella dimenticata provincia di Trapani. Miliardario, feroce, aggressivo, ma Robin Hood tra la sua gente. Lo Stato italiano lo cerca, ma «al minimo sindacale». 

MESSINA DENARO FIANCHEGGIATORIMESSINA DENARO FIANCHEGGIATORI

 

Le ultime notizie che lo riguardano risalgono all’agosto scorso, quando tutti abbiamo visto ai tg delle immagini finalmente degne di un buon film di mafia.

 

Due vecchietti scendevano da una vecchissima Panda, si baciavano nella campagna riarsa di Castelvetrano (da cui le famose olive), e piazzavano un pizzino sotto un masso di una masseria abbandonata. Che poi un altro vecchietto sarebbe andato a prendere, etc. etc.

 

«Il cerchio si stringe», diceva la tv. «Undici arresti, tra i più stretti collaboratori di Matteo Messina Denaro, il numero uno dei latitanti di Cosa Nostra. Scoperto il suo sofisticato sistema di comunicazione». 

 

Mi sono chiesto: si sarà spaventato Matteo? (Tutti ormai lo chiamano così, colloquiale. È un personaggio pop, il più vecchio dei tre Mattei italiani). L’attuale capo della mafia, oltre ad essere un inveterato sciupafemmine, è un fanatico del digitale e quindi me lo sono immaginato col suo IPad, forse a Castelvetrano, forse a Caracas, a guardarsi la scenetta. «Miiii, ma questo è zu Vitu…. Che nostalgia! Un vecchio compare di mio padre. Il primo a mandarlo in galera fu Borsellino, ‘na quarantina di anni fa. Come passa il tempo!».

MESSINA DENARO FIANCHEGGIATORIMESSINA DENARO FIANCHEGGIATORI

 

A gelare gli entusiami della polizia, ecco che nella conferenza stampa compare il magistrato che, in solitudine, da anni dirige le indagini. Si chiama Teresa Principato, procuratore aggiunto a Palermo, una donna riservata e blindata, che Matteo vorrebbe far saltare in aria col tritolo, possibilmente insieme al marito Roberto Scarpinato, memoria storica e oggi procuratore generale. Candidamente afferma: «Matteo Messina Denaro gode di protezioni ad altissimo livello.  Si muove, va e viene». Non è la prima volta che lo dice.

MESSINA DENARO FIANCHEGGIATORIMESSINA DENARO FIANCHEGGIATORI

 

Tre anni fa la dottoressa Principato, fu protagonista di uno scontro senza precedenti col suo capo, il procuratore Francesco Messineo. Lo accusò di aver bruciato, con un improvvido arresto deciso senza consultarla, proprio la possibile cattura del nostro Matteo. Poche settimane fa ha energicamente reagito a una fuga di notizie sul pentimento di un giovane massone agrigentino, il loquace architetto Giuseppe Tuzzolino, che avrebbe rivelato segreti di mafiosi, grembiulini e magistrati.

 

Insomma, la dottoressa Principato è una donna che lotta su diversi fronti. Le ho telefonato e le ho chiesto: Ma chi protegge Matteo? Chi lo copre, chi lo informa? Mi ha risposto quello che risponde a tutti: «Non posso dire niente, perché su questo tipo di protezioni ci sono indagini in corso». Le domando allora se il protettore di Matteo sia l’enigmatico senatore, il barone Antonio D’Alì e il magistrato non ha difficoltà a rispondere: «Penso che D’Alì sia tra le protezioni, ma non lo metterei come unica. Si farebbe un errore a considerarla l’unica».

matteo messina denaromatteo messina denaro

 

Principato non mi ha dato uno scoop, né ha violato la sua nota riservatezza. Il barone Antonio jr. D’Alì sarà infatti, tra poche settimane a processo, in appello, a Palermo per concorso esterno con Cosa Nostra. Dall’Assise il barone uscì con la formula andreottiana (assoluzione più prescrizione), ora l’accusa si è rafforzata e si parlerà parecchio dei suoi rapporti con Messina Denaro.

 

Il barone Antonio D’Alì, 64 anni, possidente e banchiere, nel 1994 è stato uno dei fondatori di Forza Italia, eletto da allora incessantemente in Parlamento, ed è  stato persino sottosegretario al ministero dell’Interno dal 2001 al 2006, ovviamente con Berlusconi presidente. Il processo sarà anche un’occasione per sapere se il senatore, dal suo alto scranno, si sia adoperato per catturare Matteo, o per non farlo catturare.

 

La famiglia D’Alì è presente a Trapani dal secolo sedicesimo e domina la città dal suo imponente palazzo di tufo. Proprietaria di feudi sterminati e delle famose saline, indiscussa protagonista economica e culturale della Sicilia occidentale. Un D’Alì fondò la Banca Sicula, prima banca privata dell’isola, addirittura nel 1883. La famiglia poi, per tacitare le pretese dei braccianti, affidò il suo latifondo alla solida mafia della Valle del Belice. Uno di questi mafiosi, Francesco Messina Denaro, don Ciccio, ottenne da loro parecchia terra e di fatto l’alter ego del barone; posizione che gli permise di diventare il capo della mafia del trapanese.

Teresa Principato
Teresa Principato

 

Negli anni Settanta si scoprì che avere la terra e avere una banca erano un bel prerequisito per sistemare in loco una raffineria di eroina, che infatti sorse sulle colline di Alcamo: l’unica in tutta Europa. La Banca Sicula (controllata dalla P2 di Gelli) esplose con i profitti da eroina e giunse ad avere sessanta sportelli. Nel 1988 aumentò il suo capitale di 30 miliardi di lire, prima di confluire nella Comit nel 1991 e infine in Banca Intesa. 

 

Il patriarca don Ciccio, formalmente latitante, morì di infarto nel suo letto. Era il 30 novembre 1998; sopra il pigiama qualcuno gli mise un vestito scuro e ai piedi le scarpe lucide e la salma venne depositata sotto un ulivo alle porte di Castelvetrano. Qui – teatralmente – la moglie lo coprì con una pelliccia di astrakan e gli mise due santini nella tasca della giacca. Il vescovo di Trapani mandò subito un prete ad assicurare che su don Ciccio solo Dio poteva giudicare. Il patriarca lasciava due figli. Salvatore, discreto dirigente della Banca Sicula, era stato appena condannato per mafia. Il secondo, Matteo, è la primula rossa di cui oggi si parla come dell’ultimo capo di Cosa Nostra.

ANTONIO DALI ANTONIO DALI

 

La provincia di Trapani (28 comuni, 170 mila famiglie) è davvero un luogo strano. Mafiosissimo, da sempre massonico, quasi sempre impenetrabile. Basti dire che l’attuale sindaco di Trapani è un generale in pensione dai servizi segreti, convinto che la mafia non esista. Qui le cose si vengono a sapere, quando si vengono a sapere, con circa mezzo secolo di ritardo.

 

Un esempio sono le tremila pagine di motivazione della sentenza che condanna all’ergastolo  Vincenzo Virga, già capomafia di Trapani e il suo killer Vito Mazzara per l’omicidio del giornalista Mauro Rostagno, nell’autunno del 1988.  A 27 anni di distanza, si scopre che a dare l’ordine di uccidere quel pericoloso ficcanaso fu, nella quiete pastorale del latifondo D’Alì, proprio don Ciccio Messina Denaro e che quel segreto venne coperto da carabinieri, servizi segreti, magistrati che si adoperarono molto per depistare le indagini. Il tutto, raccontano quegli atti, avvenne in un contesto politico inquietante.

 

ANTONIO DALI E MAGISTRATO PILLITTERI ANTONIO DALI E MAGISTRATO PILLITTERI

Don Ciccio Messina Denaro si era alleato con i corleonesi, da cui guerra, bombe e stragi. La mafia trapanese era moderna e tra i suoi tanti affari, era in società con le nuove televisioni della Fininvest, al punto che Virga, il capomafia di Trapani, fungeva da «recupero crediti» per il capo di Publitalia Marcello Dell’Utri. Quando la Fininvest entrò in politica, fu il boss Virga a fondare Forza Italia a Trapani e a scegliere come candidato il barone Antonio jr. D’Alì, che conquistò – a mani basse –  il collegio senatoriale, nel 1994.

 

Pochi anni dopo D’Alì si sistemò al Viminale e la cosa – erano tempi di berlusconismo trionfante e di opinione pubblica debole – passò praticamente inosservata.  Unico squarcio, nel 2009, una tanto clamorosa quanto poco conosciuta intervista della giornalista Sandra Amurri a Maria Antonietta Aula, moglie divorziata del senatore-sottosegretario Antonio D’Alì.

ANTONIO E ANTONIA DALI ANTONIO E ANTONIA DALI

 

Vi si narrava del piccolo MMD tenuto sulle ginocchia, del patriarca don Ciccio, di lussuosi regali di nozze, delle affettuosità che legavano le due famiglie. E anche di un arrivo, nel favoloso palazzo di Trapani, di Silvio Berlusconi, nel 1996, preceduto da 7 bauli di indumenti e profumi e con tanto cerone addosso da distruggere le vecchie federe del secolare palazzo.

 

In tale contesto, la latitanza e la crescita di potere di MMD furono facili. Sotto il governo del barone D’Alì, un prefetto coraggioso, Fulvio Sodano, venne brutalmente sostituito; un valente commissario di polizia, Giuseppe Linares, che MMD l’avrebbe preso facilmente, venne messo in condizioni di non nuocere e infine trasferito. Un altro poliziotto, il capo della squadra mobile Calogero Germanà, addirittura scampato a una mitragliata di kalashnikov di MMD, venne mandato via dalla Sicilia. Era lo stesso poliziotto che aveva denunciato il riciclaggio di denaro mafioso nella Banca Sicula.

PORTO DI TRAPANIPORTO DI TRAPANI

 

Il risultato di questa storia oscura e complicata è oggi l’imbarazzante potenza economica finanziaria di MMD, il primo boss di Cosa Nostra a cui sono stati fatti i conti in tasca. Passati al setaccio più di cento tra parenti e prestanome, sono stati sequestrati o confiscati beni per oltre tre miliardi di euro.

 

Da tre anni, inoltre, il giudice Piero Grillo di Trapani sta valutando se confiscare anche tutto il patrimonio del famoso Carmelo Patti, già presidente della Valtur e stimato fornitore di cavi elettrici della Fiat: valore stimato, cinque miliardi. Il Patti, conosciuto nel jet set, sarebbe un prestanome di Matteo. Il panorama che si presenta è agghiacciante.

 

 Matteo Messina Denaro   Matteo Messina Denaro

Matteo praticamente possiede tutta l’economia della provincia di Trapani: supermercati e centri commerciali, il cemento, l’industria della ristorazione, le più importanti località turistiche, produce vino e formaggi, domina le amministrazioni comunali, impone il suo volere sui grandi appalti pubblici, ha il dominio sull’industria eolica. Il suo patrimonio in loco, stimato in dieci miliardi di euro, ne fa l’uomo più ricco d’Italia, a cui si devono probabilmente aggiungere proventi da traffico di stupefacenti (ancora notevoli secondo l’Fbi). 

 

mauro rostagnomauro rostagno

Si può arrestare uno così? Certo la Sicilia ci ha abituati a tutto, all’imprendibile contadino Salvatore Riina preso in una villa nel centro di Palermo e a Bernardo Provenzano, che mandava a lavare le mutande sporche alla moglie.

 

Se la storia è destinata a ripetersi, anche Matteo, prima o poi, sarà esposto al pubblico. In un cortile di Castelvetrano o in una suite di Caracas. Ma un’impalpabile sensazione ci fa dire che non siamo ancora pronti per l’evento.

 

Forse MMD non esiste più. Forse il figlio di don Ciccio, il bambino che stava sulle ginocchia del viceministro degli interni, è già diventato un hedge fund. 

E quando sapremo di quali protezioni ad altissimo livello gode Matteo? La risposta è facile: mai. 

 

Ultimi Dagoreport

simone canettieri giorgia arianna meloni

DAGOREPORT - MASSÌ, CON I NEURONI SPROFONDATI NELLA IRRITABILITÀ PIÙ SCOSSA, ARIANNA MELONI AVEVA URGENTE BISOGNO, A MO’ DI SOLLIEVO, DELL’ARTICOLO DI DEBUTTO SUL “CORRIERONE” DI SIMONE CANETTIERI - MESSA DALLA SORELLA GIORGIA A CAPO DELLA SEGRETERIA DI FDI, ARIANNA NON NE HA AZZECCATA UNA - ALLA PARI DI QUALSIASI ALTRO PARTITO DI MASSA, OGGI FDI SI RITROVA ATTRAVERSATO DA UNA GUERRIGLIA INTESTINA FATTA DI COLPI BASSI, RIPICCHE E SPUTTANAMENTI, INTRIGHI E COMPLOTTI – DALLA SICILIA (CASINO CANNATA-MESSINA) A MILANO (AFFAIRE MASSARI-LA RUSSA), FINO AL CASO GHIGLIA-RANUCCI, DOVE IL FILO DI ARIANNA SI È ATTORCIGLIATO PERICOLOSAMENTE INTORNO AL COLLO - CHE LA SORELLINA NON POSSIEDA LA ‘’CAZZIMMA’’ DEL POTERE, FATTA DI SCALTREZZA E ESPERIENZA, SE N'E' AMARAMENTE ACCORTA ANCHE LA PREMIER. E PUR AMANDOLA PIÙ DI SE STESSA, GIORGIA L’AVREBBE CHIAMATA A RAPPORTO PER LE SCELTE SBAGLIATE: SE IL PARTITO VA AVANTI COSÌ, RISCHIA DI IMPLODERE… - VIDEO

carlotta vagnoli flavia carlini

COME SIAMO POTUTI PASSARE DA ELSA MORANTE E MATILDE SERAO A CARLOTTA VAGNOLI? È POSSIBILE CHE SI SIA FATTO PASSARE PER INTELLETTUALI DELLE FEMMINISTE INVASATE CHE VERGAVANO LISTE DI PROSCRIZIONE ED EVOCAVANO METODI VIOLENTI E LA GOGNA PUBBLICA DIGITALE PER “FARE GIUSTIZIA” DEI PROPRI NEMICI? LA CHIAMATA IN CORREITÀ DEL SISTEMA EDITORIALE CHE HA UTILIZZATO QUESTE “VEDETTE” LETTERARIE SOCIAL DA MILIONI DI FOLLOWER PER VENDERE QUALCHE COPIA IN PIÙ – VAGNOLI PUBBLICA PER EINAUDI, FLAVIA CARLINI HA VERGATO UN ROMANZO INCHIESTA SULL’ITALIA DEL GOLPE INFINITO PER SEM (FELTRINELLI) . MA SULLA BASE DI COSA? BASTA AVERE UN MINIMO SEGUITO SOCIAL PER ESSERE ACCREDITATI COME SCRITTORI O DIVULGATORI?

silvia salis giorgia meloni elly schlein matteo renzi

DAGOREPORT - IN ITALIA, DOPO TANTI OMETTI TORVI O INVASI DI VANITÀ, SI CERCANO DONNE FORTI. DONNE COL PENSIERO. DONNE CHE VINCONO. E, NATURALMENTE, DONNE IN GRADO DI COMANDARE, CAPACI DI TENER TESTA A QUELLA LADY MACBETH DELLA GARBATELLA CHE DA TRE ANNI SPADRONEGGIA L’IMMAGINARIO DEL 30% DEGLI ELETTORI, ALIAS GIORGIA MELONI - IERI SERA ABBIAMO ASSISTITO ATTENTAMENTE ALLA OSPITATA DI SILVIA SALIS A “OTTO E MEZZO”, L’EX LANCIATRICE DI MARTELLO CHE DALLA LEOPOLDA RENZIANA E DAL CONI DELL’ERA MALAGÒ HA SPICCATO IL VOLO NELL’OLIMPO DELLA POLITICA, SINDACO DI GENOVA E SUBITO IN POLE COME LEADER CHE SBARACCHERÀ ELLY SCHEIN E METTERÀ A CUCCIA LA CRUDELIA DE MON DI COLLE OPPIO - DOPO MEZZ’ORA, PUR SOLLECITATA DA GRUBER E GIANNINI, CI SIAMO RITROVATI, ANZICHÉ DAVANTI A UN FUTURO LEADER, DAVANTI A UNA DONNA CHE DAREBBE IL PREMIO NOBEL PER LA LETTERATURA ALL'AUTORE DE "IL MANUALE DELLA PERFETTA GINNASTICATA" - ECCITANTE COME UN BOLLETTINO METEO E LA PUBBLICITÀ DI TECHNO-GYM, MELONI PUO' DORMIRE SONNI TRANQUILLI - VIDEO

john elkann donald trump

DAGOREPORT – ITALIA, BYE BYE! JOHN ELKANN NON NE PUÒ PIÙ DI QUESTO DISGRAZIATO PAESE CHE LO UMILIA SBATTENDOLO PER 10 MESI AI "SERVIZI SOCIALI", COME UN BERLUSCA QUALSIASI, E STUDIA LA FUGA NEGLI STATI UNITI - PRIMA DI SPICCARE IL VOLO TRA LE BRACCIA DEL SUO NUOVO IDOLO, DONALD TRUMP, YAKI DEVE LIBERARSI DELLA “ZAVORRA” TRICOLORE: CANCELLATA LA FIAT, TRASFORMATA IN UN GRUPPO FRANCESE CON SEDE IN OLANDA, GLI RESTANO DUE GIORNALI, LA FERRARI E LA JUVENTUS – PER “LA STAMPA”, ENRICO MARCHI È PRONTO A SUBENTRARE (MA PRIMA VUOLE SPULCIARE I CONTI); PER “REPUBBLICA”, IL GRECO KYRIAKOU È INTERESSATO SOLO ALLE REDDITIZIE RADIO, E NON AL GIORNALE MANGIASOLDI E POLITICAMENTE IMPOSSIBILE DA GOVERNARE) - DOPO IL NO DI CARLO FELTRINELLI, SAREBBERO AL LAVORO PER DAR VITA A UNA CORDATA DI INVESTITORI MARIO ORFEO E MAURIZIO MOLINARI – SE IL CAVALLINO RAMPANTE NON SI TOCCA (MA LA SUA INETTA PRESIDENZA HA SGONFIATO LE RUOTE), PER LA JUVENTUS, ALTRA VITTIMA DELLA SUA INCOMPETENZA, CI SONO DUE OPZIONI IN BALLO…

italo bocchino giorgia arianna meloni

DAGOREPORT – PER QUANTO SI SBATTA COME UN MOULINEX IMPAZZITO, ITALO BOCCHINO NON RIESCE A FARSI AMARE DALLA FIAMMA MAGICA DI GIORGIA MELONI: LUI SI PRODIGA NELL'OSPITATE TELEVISIVE CON LODI E PEANA ALLA STATISTA DELLA SGARBATELLA, MA È TUTTO INUTILE: TROPPO CHIACCHIERATO E CON UN GIRO DI AMICIZIE DISCUTIBILI, L'EX DELFINO DI FINI NON ENTRA A ''PA-FAZZO CHIGI'' – LE SUE DICHIARAZIONI SIBILLINE SUL CASO GHIGLIA NON L’HANNO AIUTATO: HA SPECIFICATO, NON A CASO, CHE IL SUO INCONTRO CON  IL COMPONENTE DEL GARANTE DELLA PRIVACY ALLA SEDE DI FDI È DURATO “VENTI MINUTI AL MASSIMO”, METTENDO IN DIFFICOLTÀ ARIANNA MELONI – SE È TANTO "IMPRESENTABILE", PERCHÉ NON LO CACCIANO DA DIRETTORE EDITORIALE DEL "SECOLO D'ITALIA"? SAREBBE UN GIOCO DA RAGAZZI ESTROMETTERLO. MA QUANTI SEGRETI CONOSCE L’EX SANCHO PANZA DI FINI, APPASSIONATO DI INTELLIGENCE E VICINO A LOBBISTI CONSIDERATI IMPRESENTABILI DALLA FIAMMA MAGICA DELLA MELONA? - VIDEO

giovambattista fazzolari roberto carlo mele

FLASH – I DAGO-LETTORI HANNO FATTO IL LORO DOVERE: HANNO SCOPERTO L'IDENTITÀ DELL’UOMO CHE DUE GIORNI FA ERA ATTOVAGLIATO CON GIOVAMBATTISTA FAZZOLARI DA “VITTI”, A PIAZZA SAN LORENZO IN LUCINA. SI TRATTEREBBE DI ROBERTO CARLO MELE, ESPONENTE DI SPICCO DI FRATELLI D’ITALIA (FIGURA NELL'ESECUTIVO DEL PARTITO COME SEGRETARIO AMMINISTRATIVO). COME “FAZZO”, DEVE AMARE MOLTO LA RISERVATEZZA, VISTO CHE ONLINE NON SI TROVANO SUE FOTO – ANCHE “L’UOMO PIÙ INTELLIGENTE” CHE CONOSCE GIORGIA MELONI (PENSA GLI ALTRI), SEMPRE RESTIO AI SALOTTI, HA FATTO IL SUO INGRESSO UFFICIALE NELLA ROMANELLA POLITICA DEL “FAMOSE DU’ SPAGHI”…