
IL NECROLOGIO DEI GIUSTI – CI LASCIA JAMES FOLEY, 71 ANNI, CHE DIMOSTRÒ DI ESSERE UN GRANDE REGISTA DI ATTORI, DA KEVIN SPACEY A AL PACINO, PUR ESSENDO SPECIALIZZATO IN NEO-NOIR NELLA HOLLYWOOD DEGLI ANNI ’80 E ’90 – FU AMICO DEL CUORE DI SEAN PENN, E FU IL SUO TESTIMONE DI NOZZE QUANDO SI SPOSÒ CON MADONNA – LO AVEVAMO SEMPRE RITENUTO PIÙ AUTORE CHE REGISTA DI NOIR E DI THRILLER DI GRANDE MESTIERE, ANCHE SE NON EBBE FORSE I GIUSTI RICONOSCIMENTI – SEPPE METTERE IN SCENA UNA GRANDE SERIE THRILLER-POLITICA COME “HOUSE OF CARDS”… – VIDEO
Marco Giusti per Dagospia
Ci lascia James Foley, 71 anni, che dimostrò di essere un grande regista di attori con “Americani – Glengarry Glen Rose”, tratto dall’opera teatrale di David Mamet con Al Pacino, Jack Lemmon, Alan Arkin, Alec Baldwin, Kevin Spacey, che vedemmo a Venezia nel 1992, pur essendo specializzato in neo-noir nella Hollywood degli anni ’80 e ’90, da “At Close Range” con Sean Penn e Christopher Walken a “Più tardi al buio” da Jim Thompson con Jason Patric e Rachel Ward, che molto ci stupì alla sua uscita in anni ancora pre-tarantiniani, fino a “Confidence”.
In grado di poter lavorare con qualsiasi star, da Kevin Spacey a Al Pacino, fu amico del cuore di Sean Penn, che lo impose alla produzione come regista di “At Close Range” nel 1986. E fu il suo testimone di nozze quando si sposò con Madonna nel 1985, della quale fu regista dei più celebri video musicali negli anni’80, “Papa Don’t Preach”, “Live to Tell”, “The Virgin Tour”, nonché del suo film “Who’s That Girl”.
Lo avevamo sempre ritenuto più autore che regista di noir e di thriller di grande mestiere, anche se non ebbe forse i giusti riconoscimenti in un periodo di transizione e di cambiamenti per Hollywood.
Non abbastanza storicizzato come un John Flynn per poter piacere a Tarantino, troppo hollywoodiano per poter funzionare da erede di David Lynch nella regia di “Twin Peaks” e non così coraggioso come un David Fincher.
Impostò, ma alla fine non diresse un a delle sue più famose degli anni ’90, “24” con Kiefer Sutherland, ma seppe però mettere in scena una grande serie thriller-politica come “House of Cards”, dove diresse in 12 puntate tra il 2013 e il 2015 due star come Kevin Spacey e Robin Wright, impostando così più di ogni altro regista il mood della serie di grande successo.
Più recentemente, alle prese con i due sequel di “50 sfumature di grigio” dimostrò una solida professionalità. La sua ultima fatica, prima di venir colpito da un tumore al cervello, è la miniserie “Reagan&Gorbachev” con Christoph Waltz e Michael Douglas.
Nato nel 1953 a Brooklyn, Foley studiò cinema all’Università del South California e esordì nel 1984 con l’ottimo “Reckless”/“Amare con rabbia” con Aidan Quinn e Daryl Hannah che lo impose all’attenzione critica. Più o meno degli stessi anni sono i primi video di Madonna e la regia, nel 1986, di “At Close Range” con Sean Penn e Christopher Walken, come suo padre, vecchio gangster.
Considerammo un’opera maggiore “Più tardi al buio” con Jason Patric e Rachel Ward, noir di gran classe, girato con grande maestria tecnica.
Nei primi anni ’90 Foley gira “Un giorno da ricordare” con Al Pacino e Mary Elizabeth Mastrantonio, che non funzionò benissimo, “Paura” con Mark Wahlberg, Reese Witherspoon e William Petersen, l’ottimo “L’ultimo appello” con Gene Hackman condannato alla sedia elettrica, Chris O’Donnell e Faye Dunaway, “The Corruptor” con Chow Yun-Fat, “Confidence” con Edward Burns, Dustin Hoffman e Rachel Weisz, “Perfect Stranger” con Halle Berry e Bruce Willis.
Trovò una nuova vitalità del primo seriale proprio con “House of Cards”, ma non riuscì quasi mai a staccarsi da un onesto, pur perfetto artigianato.