NIENTE SUICIDIO: L’ATOMICO MAJORANA SI RIFUGIO’ IN CALABRIA

Luca Fraioli per "La Repubblica"

Ettore Majorana è stato ritrovato. Inutile continuare a cercare tracce dei suoi passaggi in Germania o in Argentina. Inutile scomodare le sue presunte simpatie per il regime nazista. E si rassegnino coloro che hanno creduto di riconoscere il geniale fisico siciliano nel senza tetto di Mazara del Vallo o nel taciturno professore di Buenos Aires.

Né ci fu il suicidio, un tuffo in mare dalla nave postale che lo riportava in continente da Palermo, ipotesi che indusse la polizia a perlustrare il Golfo di Napoli alla ricerca del cadavere. Tutto da rifare. Ma è da riscrivere anche la versione del ritiro in convento avanzata da Leonardo Sciascia ne La scomparsa di Majorana.

È questa la tesi dell'ultimo dell'infinita serie di libri dedicati al mistero dei misteri italiani:
Ettore Majorana, lo scomparso, in libreria per Editori Internazionali Riuniti. Qual è la novità? Che a scriverlo è un parente di Ettore. Stefano Roncoroni, 73 anni, una lunga carriera di critico cinematografico e regista televisivo alle spalle, dal 1962 ha avuto accesso ai documenti familiari relativi alla scomparsa di Ettore e alle testimonianze dirette dei parenti che parteciparono alle ricerche.


Roncoroni, cominciamo dalla fine. Ettore Majorana fu ritrovato?
«Sì, intorno al marzo del 1939. Circa un anno dopo la scomparsa ».

Chi lo ritrovò?
«Suo fratello maggiore Salvatore. Ma ebbe un ruolo fondamentale anche mio padre, Fausto Roncoroni».

Ci aiuti a capire la sua posizione nel complesso albero genealogico dei Majoriana.
«Mia madre ed Ettore erano cugini di primo grado. Per questo mio padre collaborò alle ricerche».

Lei come ha saputo del ritrovamento?
«Fu mio padre a dirmelo a metà degli anni Sessanta. Mi raccontò di essere stato uno degli artefici insieme a Salvatore. E Salvatore confermò. Un'altra conferma mi arrivò da Angelo Majorana, anche lui cugino di primo grado di Ettore».

Come e dove fu ritrovato?
«Nessuno di loro volle dirmi di più. Mio padre aveva promesso ai Majorana che non ne avrebbe parlato con nessuno. E all'epoca la parola data veniva rispettata, tanto che anche con me non scese nei dettagli. Né lo fecero mai gli altri membri della famiglia.

C'è però una traccia di cui parlo nel libro: mio nonno materno Oliviero Savini Nicci annota nel suo diario di un improvviso viaggio in macchina nell'ottobre del 1938 di mio
padre e Salvatore fino a un vallone vicino Catanzaro dove è stata segnalata la presenza di Ettore.

Se già non è agevole oggi, si può immaginare quanto fosse complicato andare e tornare dalla Calabria sulle strade italiane del 1938. Dovevano avere un buon motivo per mettersi in cammino, anche se nelle carte di mio nonno quel viaggio non è definito risolutivo».


Riepiloghiamo: Ettore scompare il 25 marzo del 1938 mentre da Palermo torna verso Napoli dove lo attende una cattedra universitaria. Tutta l'Italia che conta, polizia, Vaticano, mondo accademico, si mette sulle sue tracce. Invece a trovarlo sono i familiari più stretti circa un anno dopo. Poi che succede?
«Ettore è irrevocabile nella sua decisione di sparire. Chi lo trova non riesce a convincerlo a tornare sui suoi passi. I Majorana ne prendono atto. E da quel momento fermano o depistano le indagini».

Ma questo non esclude le altre teorie sulla fuga di Majorana all'estero, in Germania o in Argentina.
«E invece le esclude. Perché sono convinto che Ettore sia morto nella tarda estate del 1939».

Come fa a dirlo?
«Lo prova la documentazione che espongo nel libro. Certo, non ci sono atti ufficiali di morte o tombe da esibire. Ma le carte parlano chiaro. Pochi giorni dopo la scomparsa di Ettore si mette in moto una macchina per le ricerche che in Italia non è mai stata allestita nemmeno per i peggiori criminali. I Majorana sono una famiglia potente e in ascesa: scienziati, professori universitari, politici, hanno entrature al ministero dell'Interno e in Vaticano.

Chiedono e ottengono una mobilitazione senza precedenti. La polizia dirama bollettini di ricerca e avvisa i posti di frontiera. Il capo della polizia va di persona in un paesino del Salernitano con tanto di unità cinofile per fare un controllo. La Santa Sede setaccia tramite i suoi ordini religiosi i monasteri per sapere se Ettore ha trovato rifugio lì. Indaga anche il ministero per l'Educazione nazionale: la cattedra di Napoli è vacante e bisogna prendere una decisione. Poi, prima dell'estate del 1939, accade qualcosa che ferma tutto questo».

Cioè la macchina delle ricerche si blocca?
«Sì. La cattedra di Napoli viene riassegnata senza che la famiglia protesti. La polizia smette di diramare bollettini su Ettore Majorana e di cercarlo ai posti di frontiera. Dalla Segreteria di Stato del Vaticano parte una lettera indirizzata alla famiglia in cui, con parole consolatorie, si spiega che "non vi è più alcuna ragione per le ricerche"».

Ma questo non necessariamente significa che Ettore sia morto.
«C'è un altro documento inequivocabile. Nel settembre del 1939 il gesuita padre Caselli scrive a Salvatore. Gli comunica di accettare la donazione che la famiglia Majorana fa per istituire una borsa di studio da intitolare all'estinto Ettore. Se un gesuita nel '39 usa il termine estinto vuol dire che non ci sono dubbi sulla sorte di Ettore: è morto entro il settembre 1939. E questo toglie di mezzo anche l'ipotesi del suicidio. Non si dedica una borsa di studio religiosa a un suicida».

Si può obiettare che la sua teoria (ritrovamento e morte) sia solo frutto di testimonianze orali non verificabili e di deduzioni basate su documenti.
«Tutta la vicenda di Ettore ruota intorno alla famiglia. I Majorana sanno come sono andate le cose sin dal 1939. Il loro silenzio non ha fatto altro che alimentare le teorie più diverse: il suicidio dalla nave, la fuga in Germania per collaborare con gli scienziati nazisti, la seconda vita in Argentina».

Perché hanno scelto il silenzio?
«Fu una decisione di Giuseppe, zio di Ettore e indiscusso capofamiglia all'epoca dei fatti. Pochi anni prima i Majorana erano stati coinvolti in un caso di cronaca nera, un infanticidio. Una macchia intollerabile per l'onore di una famiglia che il fascismo stava celebrando tra i grandi di Sicilia e che annoverava già senatori, professori universitari e presidi di facoltà.

Quando il giovante talento scompare nel nulla, nonostante la brillante carriera che si apre di fronte a lui, per Giuseppe esplode un nuovo scandalo che può compromettere definitivamente il buon nome e le ambizioni di famiglia. Sceglie dunque di far calare il silenzio sulla vicenda e lo fa con un documento che detta a tutti i parenti la verità ufficiale dei Majorana. Nel mio libro parto da quel documento finora inedito, per dimostrare come invece siano andate le cose nella realtà».

Ma se lei era al corrente della "verità" fin dagli anni Sessanta, perché la racconta solo ora?
«Mio padre, Salvatore il fratello di Ettore, mio nonno Oliviero Savini Nicci erano uomini di un'altra epoca. Avevano dato la loro parola al capofamiglia Giuseppe Majorana che non sarebbe trapelato nulla. Finché sono stati in vita io ho rispettato il loro patto. Poi però ho iniziato a fare ricerche per documentare ciò che mi avevano raccontato».

Il suo libro scrive la parola fine al mistero della scomparsa di Ettore Majorana?
«No. Mi limito a riferire ciò che mi fu detto da testimoni diretti e a esibire la documentazione che conferma il loro racconto. Ma manca ancora molto per una ricostruzione completa della vicenda. Si tratta però solo di aspettare: quando il Vaticano aprirà gli archivi relativi al pontificato di Pio XII sarà fatta luce completa sul caso. E si potrebbe fare ancor prima, se i Majorana attuali, i discendenti di quel Giuseppe che scelse di far calare il sipario su Ettore, decidessero a distanza di settant'anni di rompere quel muro di silenzio».

 

scomparsa ettore majorana jpegpx Majorana majorana px Annuncio scomparsa Majorana

Ultimi Dagoreport

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - LA CAPITALE DEGLI AFFARI A MISURA DUOMO, A CUI IL GOVERNO MELONI HA LANCIATO L’ANATEMA “BASTA CON I BANCHIERI DEL PD”, È IN TREPIDA ATTESA DI COSA DELIBERERÀ UNICREDIT DOMENICA PROSSIMA, A MERCATI CHIUSI - SI RINCORRONO VOCI SULLA POSSIBILITÀ CHE ANDREA ORCEL ANNUNCI L’ADDIO NON SOLO ALL’OPS SU BPM MA ANCHE ALLA SCALATA DI COMMERZBANK, PER PUNTARE TUTTA LA POTENZA DI FUOCO DI UNICREDIT LANCIANDO UN’OPS SU GENERALI - DOPO LE GOLDEN MANGANELLATE PRESE SU BPM, ORCEL AVRÀ DI CERTO COMPRESO CHE SENZA IL SEMAFORO VERDE DI PALAZZO CHIGI UN’OPERAZIONE DI TALE PORTATA NON VA DA NESSUNA PARTE, E UN’ALLEANZA CON I FILO-GOVERNATIVI ALL’INTERNO DI GENERALI COME MILLERI (10%) E CALTAGIRONE (7%) È A DIR POCO FONDAMENTALE PER AVVOLGERLA DI “ITALIANITÀ” - CHISSÀ CHE COSA ARCHITETTERÀ IL CEO DI BANCA INTESA-SANPAOLO, CARLO MESSINA, QUANDO DOMENICA IL SUO COMPETITOR ORCEL ANNUNCERÀ IL SUO RISIKO DI RIVINCITA…

parolin prevost

PAROLIN È ENTRATO PAPA ED È USCITO CARDINALE - IN MOLTI SI SONO SBILANCIATI DANDO PER CERTO CHE IL SEGRETARIO DI STATO DI BERGOGLIO SAREBBE STATO ELETTO AL POSTO DI PAPA FRANCESCO – GLI “AUGURI DOPPI” DI GIOVANNI BATTISTA RE, IL TITOLO FLASH DEL “SOLE 24 ORE” (“PAROLIN IN ARRIVO”) E LE ANALISI PREDITTIVE DI ALCUNI SITI - PERCHÉ I CARDINALI HANNO IMPALLINATO PAROLIN? UN SUO EVENTUALE PAPATO NON SAREBBE STATO TROPPO IN CONTINUITÀ CON BERGOGLIO, VISTO IL PROFILO PIU' MODERATO - HA PESATO IL SUO “SBILANCIAMENTO” VERSO LA CINA? È STATO IL FAUTORE DELL’ACCORDO CON PECHINO SUI VESCOVI...

matteo renzi sergio mattarella elly schlein maurizio landini

DAGOREPORT – IL REFERENDUM ANTI JOBS-ACT PROMOSSO DALLA CGIL DI LANDINI, OLTRE A NON ENTUSIASMARE MATTARELLA, STA SPACCANDO IL PD DI ELLY SCHLEIN - NEL CASO CHE UNA DECINA DI MILIONI DI ITALIANI SI ESPRIMESSERO A FAVORE DELL’ABOLIZIONE DEL JOBS-ACT, PUR NON RIUSCENDO A RAGGIUNGERE IL QUORUM, LANDINI ASSUMEREBBE INEVITABILMENTE UN'INVESTITURA POLITICA DA LEADER DELL'OPPOSIZIONE ANTI-MELONI, EMARGINANDO SIA SCHLEIN CHE CONTE - E COME POTRANNO I RIFORMISTI DEM, I RENZIANI E AZIONE DI CALENDA VALUTARE ANCORA UN PATTO ELETTORALE CON UN PD "LANDINIZZATO", ALLEATO DEL POPULISMO 5STELLE DI CONTE E DE SINISTRISMO AVS DI BONELLI E FRATOIANNI? - A MILANO LA SCISSIONE DEL PD È GIÀ REALTÀ: I RIFORMISTI DEM HANNO APERTO UN CIRCOLO IN CITTÀ INSIEME A ITALIA VIVA E AZIONE. MA BONACCINI DIFENDE ELLY SCHLEIN

sergio mattarella giorgia meloni

DAGOREPORT - L'ARDUO COMPITO DI MATTARELLA: FARE DA ARBITRO ALLA POLITICA ITALIANA IN ASSENZA DI UN’OPPOSIZIONE - IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA NON VUOLE SOSTITUIRSI A QUEGLI SCAPPATI DI CASA DI SCHLEIN E CONTE, NÉ INTENDE SCONTRARSI CON GIORGIA MELONI. ANZI, IL SUO OBIETTIVO È TENERE IL GOVERNO ITALIANO DALLA PARTE GIUSTA DELLA STORIA: SALDO IN EUROPA E CONTRO LE AUTOCRAZIE – IL PIANO DI SERGIONE PER SPINGERE LA PREMIER VERSO UNA DESTRA POPOLARE E LIBERALE, AGGANCIATA UN'EUROPA GUIDATA DA FRANCIA, GERMANIA E POLONIA E LONTANA DAL TRUMPISMO - LE APERTURE DI ''IO SONO GIORGIA" SUL 25 APRILE E AFD. MA IL SUO PERCORSO VERSO IL CENTRO E' TURBATO DALLL'ESTREMISMO DI SALVINI E DALLO ZOCCOLO DURO DI FDI GUIDATO DA FAZZOLARI...

francesco micheli

DAGOREPORT - IN UNA MILANO ASSEDIATA DAI BARBARI DI ROMA, SI CELEBRA LA FAVOLOSA CAPITALE DEGLI AFFARI CHE FU: IL CAPITALISMO CON IL CUORE A SINISTRA E IL PORTAFOGLIO GONFIO A DESTRA - A 87 ANNI, FRANCESCO MICHELI APRE, SIA PURE CON MANO VELLUTATA E SENZA LASCIARE IMPRONTE VISTOSE, IL CASSETTO DEI RICORDI: “IL CAPITALISTA RILUTTANTE” È IL DIARIO DI BORDO DELL’EX BUCANIERE DELLA FINANZA CHE, SALITO SULL’ALBERO PIÙ ALTO DEL VASCELLO, HA OSSERVATO I FONDALI OSCURI INCONTRATI NEL MARE MAGNUM INSIDIOSO DELL’ECONOMIA, SOMMERSA E SPESSO AFFONDATA - “IO E LEI APPARTENIAMO A ZOO DIVERSI”, FU IL VATICINIO DI CUCCIA – LUI, UNICO TESTIMOME A RACCOGLIERE LO SFOGO DI EUGENIO CEFIS SU QUEL “MATTO” DI CUCCIA CHE NEL GIORNO DELLE SUE CLAMOROSE DIMISSIONI DA MONTEDISON L’AVEVA ACCOLTO CON UN BEFFARDO: “DOTTORE, PENSAVO VOLESSE FARE UN COLPO DI STATO…”