AEROPORTI DA CHIUDERE SUBITO – DOMENICA SERA UN VOLO DA BARI E DIRETTO A LINATE VIENE COSTRETTO AD ATTERRARE A MALPENSA, CHE PERÒ DOPO LE 23 E 30 È UNA LANDA DESOLATA

Giuseppe De Bellis per “Il Giornale

 

SEA MALPENSASEA MALPENSA

Fino a quando uno non prova che cosa sia diventato l'aeroporto Malpensa non può capire. Poi però succede. È successo domenica sera, in un giorno che tutti sapevano che sarebbe stato difficile. Lo sapevo pure io, ma non immaginavo così. Questa è la cronistoria di una serata di disagi, di disservizi, di indecenze.

 

Il volo era il Bari-Linate delle 21. Domenica 31 agosto, collegamento tra l'aeroporto di una zona turistica del Sud e la grande metropoli del Nord. Caos. Volo colmo, stracolmo, così colmo che tre giorni prima al momento della prenotazione c'erano 3 posti liberi e basta. Tre posti a tariffa piena: 413 euro. Con la stessa cifra, se prenoti per tempo, vai a New York. Fa male, fa rabbia, ma con chi te la prendi? È il mercato.

 

Ci speculano, ti spennano perché non hai alternative, ma oltre alla rabbia non puoi andare. Quindi vabbè. La partenza alle 21 è posticipata alle 21.25, così dice il monitor. All'ora indicata per la partenza in realtà comincia l'imbarco, per il decollo ci vogliono altri 20 minuti. Il ritardo totale è di 45 minuti. Accetti anche questo: se scegli di partire in una delle cinque date più affollate dell'anno lo devi mettere in conto.

SEA MALPENSASEA MALPENSA

 

Il volo è tranquillo fino a quando il comandante annuncia che stiamo cominciando a scendere verso Milano Linate: «Tra 20 minuti circa atterreremo», è la frase standard. Ne passano meno di cinque e il comandante prende la parola di nuovo: «Su Linate è in corso un violento temporale e così anche lungo la rotta che ci porterebbe verso l'aeroporto. Siamo a 60 chilometri dalla destinazione: siamo costretti a girare su noi stessi, in attesa che il maltempo passi e ci venga autorizzato l'atterraggio. Stiamo anche valutando l'ipotesi di dirottamento verso un altro aeroporto. Malpensa. La gente si lamenta e ti viene da pensare che siano tutti matti: se non si può atterrare non è mica colpa del comandante.

 

Lui lo fa per la sicurezza dei passeggeri: non si passa dentro un temporale, lo sanno tutti. Giriamo su noi stessi per 42 minuti, poi il comandante riprende il microfono: «Non possiamo più aspettare, perché il carburante sta per esaurirsi, a Linate è ancora impossibile atterrare, andiamo a Malpensa». Il brusio ora è più forte e non si continua a capire il perché: è vero, Linate è più comodo, anzi Linate è comodo, Malpensa no. Però vale il discorso di prima: bisogna atterrare, punto.

AEROPORTO MILANO MALPENSA AEROPORTO MILANO MALPENSA

 

Scendiamo, tocchiamo terra, accendiamo il cellulare: chi avverte i parenti e amici che erano venuti a prenderli a Linate, chi controlla gli orari del treno che ti porta in città. Dici: vabbè, è andata male, ma è colpa di nessuno. Invece non è finita, anzi comincia tutto ora. Perché siamo fermi sulla pista dell'aeroporto che avrebbe dovuto essere il centro dei trasporti italiano, un hub dicevano, uno scalo internazionale.

 

Sono le 23.27 dell'ultima domenica di rientro dalle vacanze italiane e siamo soli. Riparla il comandante: «Ci informano che a mezzanotte c'è un cambio turno del personale Sea (la società degli aeroporti milanesi), fino a quel momento non possono venire a prenderci con gli autobus». A parte che se questo fosse davvero un aeroporto internazionale, ci sarebbero i finger: quei bracci che collegano direttamente gli aeroplani all'aerostazione.

 

AEREOAEREO

Invece siamo ancora con gli autobus, come negli anni Ottanta, come a Kinshasa, anzi no, perché probabilmente a Kinshasa i finger ci sono. Siamo ostaggi di un cambio turno: capito? Evidentemente se quelli che dovrebbero finire a mezzanotte ci venissero a recuperare sforerebbero la mezzanotte e non vogliono, oppure qualcuno glielo impedisce per non pagare gli straordinari.

 

Aspettiamo. Mezzanotte arriva: niente. Mezzanotte e un quarto: niente. Mezzanotte e venti: niente. La gente a bordo si spazientisce. Si capisce che Malpensa non è in grado di gestire l'emergenza di un volo da meno di 200 passeggeri. Devono essere in tilt. Intanto siamo fermi in mezzo al nulla: imprigionati in un aereo. C'è una ragazza incinta che non ce la fa più. Ci sono bambini distrutti dalla stanchezza. Le hostess sono pietrificate, non sanno che dire, non sanno nulla.

 

AEREIAEREI

Ora ci chiedono di stare seduti con le cinture slacciate, però. Parla il comandante. «Allora, stiamo facendo carburante. Appena le condizioni meteo su Linate tornano accettabili ripartiamo da qui e atterriamo lì, nella nostra destinazione originaria. Ci vorrà almeno mezz'ora, però, prima di partire». Cosa? Una follia: siamo atterrati a Malpensa perché non si poteva atterrare a Linate e ora dobbiamo tornare lì, in volo con un aereo da 200 passeggeri per 51 chilometri. Non c'è logica, se non quella che si capisce presto: a Malpensa non ci sono le condizioni per far sbarcare passeggeri e bagagli, non sono in grado di «fornire assistenza» è il linguaggio tecnico.

 

Adesso metà aereo si ribella: hanno fatto arrivare a Malpensa i parenti e gli amici che erano in attesa a Linate, ora che dovrebbero fare, farli tornare indietro? E poi significherebbe ancora un'ora e passa di attesa. Ecco la soluzione geniale: chi vuole può scendere a Malpensa, ma i bagagli restano a bordo perché il volo parte per Linate e qui non c'è nessuno che li porti a terra. Siamo a metà tra il pazzesco e il comico. S'è fatta mezzanotte e quaranta. Decido: scendo. Il bagaglio? Parlo col comandante, dice che o posso provare il giorno dopo a recuperarlo a Linate oppure mi sarà spedito a casa, ma lui non sa dire quando.

 

AEREIAEREI

Ho deciso di scendere comunque, perché non riuscirei a tornare indietro al mio posto, c'è troppa gente in piedi che chiede di scendere e uscire. Vado a terra, siamo in quaranta circa. Montiamo sul bus, arriviamo nell'aerostazione e lì capiamo tutto: Malpensa non esiste. Dopo le 21.30 è tutto chiuso. L'aeroporto internazionale è una casa stregata. I tabelloni chiariscono tutto: l'ultimo volo in partenza è alle 23.30, l'ultimo in arrivo è alle 23.30. Quindi chi lo gestisce lascia un presidio e basta.

 

Le emergenze non si possono gestire, anche in uno dei cinque giorni più difficili per il trasporto di tutto l'anno. Poi qualcuno si chiede perché gli arabi di Etihad hanno preso Alitalia, ma sono interessati a Malpensa solo per i cargo. Perché la verità è che non è uno scalo internazionale, è poco più che un posto dimenticato dagli uomini e dai passeggeri. Vuoto, deprimente, modesto. A pochi minuti dall'una di notte ci sono sette taxi. I treni verso la città ricominceranno a circolare alle dopo le 5.43. E questo dovrebbe essere il luogo dal quale transiteranno la gran parte dei 20 milioni di turisti e visitatori che si aspettano a Milano per Expo 2015? C'è da nascondersi già da ora. O da chiudere, per manifesta inferiorità.

 

 

Ultimi Dagoreport

matteo salvini roberto vannacci giorgia meloni massimiliano fedriga luca zaia

DAGOREPORT – GIORGIA MELONI HA GLI OCCHI PUNTATI SULLA TOSCANA! NELLA REGIONE ROSSA SARÀ CONFERMATO EUGENIO GIANI, MA ALLA DUCETTA INTERESSA SOLO REGISTRARE IL RISULTATO DELLA LEGA VANNACCIZZATA – SE IL GENERALE, CHE HA RIEMPITO LE LISTE DI SUOI FEDELISSIMI E SI È SPESO IN PRIMA PERSONA, OTTENESSE UN RISULTATO IMPORTANTE, LA SUA PRESA SULLA LEGA SAREBBE DEFINITIVA CON RIPERCUSSIONI SULLA COALIZIONE DI GOVERNO – INOLTRE ZAIA-FEDRIGA-FONTANA SONO PRONTI A UNA “SCISSIONE CONTROLLATA” DEL CARROCCIO, CREANDO DUE PARTITI FEDERATI SUL MODELLO DELLA CDU/CSU TEDESCA - PER LA MELONI SAREBBE UNA BELLA GATTA DA PELARE: SALVINI E VANNACCI POTREBBERO RUBARLE VOTI A DESTRA, E I GOVERNATORI IMPEDIRLE LA PRESA DI POTERE AL NORD...

matteo salvini luca zaia giorgia meloni orazio schillaci

FLASH! – L’”HUFFPOST” RIPORTA CHE SALVINI VUOL CONVINCERE LUCA ZAIA A PORTARE IL SUO 40% DI VOTI IN VENETO MA SENZA CHE IL SUO NOME BRILLI SUL SIMBOLO – PER ACCETTARE IL CANDIDATO LEGHISTA STEFANI, LA MELONA INSAZIABILE, PAUROSA CHE L’EX GOVERNATORE VENETO PORTI VIA TROPPI VOTI A FDI, L’HA POSTO COME CONDIZIONE A SALVINI – PER FAR INGOIARE IL ROSPONE, OCCORRE PERÒ CHE ZAIA OTTENGA UN INCARICO DI PESO NEL GOVERNO. IL MAGGIORE INDIZIATO A LASCIARGLI LA POLTRONA SAREBBE ORAZIO SCHILLACI, MINISTRO TECNICO IN QUOTA FDI, ENTRATO IN COLLISIONE CON I TANTI NO-VAX DELLA FIAMMA - AVVISATE QUEI GENI DI PALAZZO CHIGI CHE ZAIA SUI VACCINI LA PENSA ESATTAMENTE COME SCHILLACI…

monique veaute

NO-CAFONAL! – ARCO DI TRIONFO PER MONIQUE VEAUTE, QUELLA VISPA RAGAZZA FRANCESE CHE NEL 1984 GIUNSE A ROMA PER LAVORARE ALL’ACCADEMIA DI FRANCIA DI VILLA MEDICI - DA ABILISSIMA CATALIZZATRICE DI GENIALI E VISIONARIE REALTÀ ARTISTICHE INTERNAZIONALI, DETTE VITA A UN FESTIVAL CHE SCOSSE LO STATO DI INERZIA E DI AFASIA CULTURALE IN CUI ERA PIOMBATA ROMA DOPO L’ERA DI RENATO NICOLINI – L'ONORIFICENZA DI ''COMMANDEUR DE L'ORDRE DES ARTS ET DES LETTRES'' NON POTEVA NON ESSERE CONSEGNATA DALL’AMBASCIATORE FRANCESE SE NON A VILLA MEDICI, DOVE 40 ANNI FA TUTTO È NATO….

de luca manfredi schlein tafazzi conte landini silvia salis

DAGOREPORT - LA MINORANZA DEL PD SCALDA I MOTORI PER LA RESA DEI CONTI FINALE CON ELLY SCHLEIN. L’ASSALTO ALLA GRUPPETTARA (“NON HA CARISMA, CON LEI SI PERDE DI SICURO”), CHE HA TRASFORMATO IL PD DA PARTITO RIFORMISTA IN UN INCROCIO TRA UN CENTRO SOCIALE E UN MEETUP GRILLINO – NONOSTANTE LA SONORA SCONFITTA SUBITA NELLE MARCHE E IL FLOP CLAMOROSO IN CALABRIA, LA SEGRETARIA CON TRE PASSAPORTI E UNA FIDANZATA RESISTE: TRINCERATA AL NAZARENO CON I SUOI FEDELISSIMI QUATTRO GATTI, NEL CASO CHE VADA IN PORTO LA RIFORMA ELETTORALE DELLA DUCETTA, AVREBBE SIGLATO UN ACCORDO CON LA CGIL DI “MASANIELLO” LANDINI, PER MOBILITARE I PENSIONATI DEL SINDACATO PER LE PRIMARIE – IL SILENZIO DEI ELLY ALLE SPARATE DI FRANCESCA ALBANESE - I NOMI DEL DOPO-SCHLEIN SONO SEMPRE I SOLITI, GAETANO MANFREDI E SILVIA SALIS. ENTRAMBI INADEGUATI A NEUTRALIZZARE L’ABILITÀ COMUNICATIVA DI GIORGIA MELONI – ALLARME ROSSO IN CAMPANIA: SE DE LUCA NON OTTIENE I NOMI DEI SUOI FEDELISSIMI IN LISTA, FICO RISCHIA DI ANDARE A SBATTERE…

emmanuel macron

DAGOREPORT – MACRON, DOMANI CHE DECIDERAI: SCIOGLI IL PARLAMENTO O RASSEGNI LE DIMISSIONI DALL'ELISEO? - A DUE ANNI DALLA SCADENZA DEL SUO MANDATO PRESIDENZIALE, IL GALLETTO  È SOLO DI FRONTE A UN BIVIO: SE SCIOGLIE IL PARLAMENTO, RISCHIA DI RITROVARSI LA STESSA INGOVERNABILE MAGGIORANZA ALL’ASSEMBLEA NAZIONALE – PER FORMARE IL GOVERNO, LECORNU SI È SPACCATO LE CORNA ANDANDO DIETRO AI GOLLISTI, E ORA FARÀ UN ULTIMO, DISPERATO, TENTATIVO A SINISTRA CON I SOCIALISTI DI OLIVIER FAURE (MA MACRON DOVRA' METTERE IN SOFFITTA LA RISANATRICE RIFORMA DELLE PENSIONI, DETESTATA DAL 60% DEI FRANCESI) – L’ALTERNATIVA E' SECCA: DIMETTERSI. COSÌ MACRON DISINNESCHEREBBE MARINE LE PEN, INELEGGIBILE DOPO LA CONDANNA - MA È UN SACRIFICIO ARDUO: SE DA TECNOCRATE EGOLATRICO, CHE SI SENTIVA NAPOLEONE E ORA È DI FRONTE A UNA WATERLOO, SAREBBE PORTATO A DIMETTERSI, TALE SCELTA SAREBBE UNA CATASTROFE PER L'EUROPA DISUNITA ALLE PRESE CON LA GUERRA RUSSO-UCRAINA E UN TRUMP CHE SE NE FOTTE DEL VECCHIO CONTINENTE (LA FRANCIA E' L'UNICA POTENZA NUCLEARE EUROPEA E UN POSTO NEL CONSIGLIO DI SICUREZZA DELL'ONU), COL PERICOLO CONCRETO DI RITROVARSI ALL'ELISEO BARDELLA, IL GALLETTO COCCODE' DI LE PEN, CHE NEL 2014 AMMISE A "LE MONDE" DI AVER RICEVUTO UN FINANZIAMENTO DI 9 MILIONI DA UNA BANCA RUSSA CONTROLLATA DA PUTIN...