maurizio pollini claudio abbado

“QUANDO SUONO RICERCO QUALCOSA DI IRRIPETIBILE” – MAURIZIO POLLINI, MORTO A 82 ANNI, È STATO UN ENFANT PRODIGE DEL PIANOFORTE. CON CLAUDIO ABBADO HA SEGNATO UNA STAGIONE RIVOLUZIONARIA DI ARTE E IMPEGNO – LA CONTESTAZIONE SUBITA NEL 1972 AL CONSERVATORIO DI MILANO, LE PICCOLE MANIE, IL FUMO E GLI SCACCHI – POCHE LE INTERVISTE CONCESSE NELLA LUNGA CARRIERA: “LA MUSICA È L’UNICA COSA CHE DEVE APPARIRE…” – VITA

 

Estratto dell’articolo di Egle Santolini per “La Stampa”

 

maurizio pollini

Opera 109, opera 110, opera 111. Le ultime sonate di Beethoven, il suo testamento pianistico. Molti ragazzi milanesi, negli Anni 70, le sentirono eseguire per la prima volta non in una sala da concerto o su un disco del nonno ricco e culturalmente guarnito, ma sotto le volte di un tendone.

 

Erano i famosi concerti per lavoratori e studenti dell’epoca Paolo Grassi, e per grande fortuna di quei giovani spettatori a suonarle c’era Maurizio Pollini. La rivoluzione di Pollini e di Claudio Abbado, in quegli anni che furono certo tetri e violenti, ma anche pieni di meravigliose opportunità di crescita educativa, fu proprio quella. In questo modo, accanto ai Pink Floyd e a Crosby Stills Nash e Young si imparava a conoscere pure Arnold Schönberg e l’Hammerklavier. […]

 

maurizio pollini 1

Maurizio Pollini significava anche questo. Si cominciava dai tendoni o dalle fabbriche e poi si andava a sentirlo in loggione alla Scala, e c’era chi la mattina in Statale aveva contestato il professore di Letteratura Italiana che aveva osato proporre un corso borghese su Dante, ma su in galleria, negli intervalli, non si vergognava di chiamare quel formidabile pianista «il divo Maurizio».

 

Si ascoltavano con rapimento lunghissime sonate di Schubert, ardue composizioni della Seconda scuola di Vienna, i Boulez più arditi: e s’imparava, e si meditava. La musica da concerto non era più una cosa barbosa, soprattutto non era più una cosa borghese. Era, o cercava di essere, patrimonio di tutti.

maurizio pollini claudio abbado

 

Di quel signore biondo e dai tratti marcati si cominciavano intanto a sapere molte cose. Già ai tempi dei concerti in fabbrica era sposato con la bellissima Marilisa Marzotto, pure lei pianista: si erano conosciuti giovanissimi a una lezione di perfezionamento tenuta da Arturo Benedetti Michelangeli.

 

Daniele, il figlio, sarebbe nato nel 1978. Pollini era figlio della migliore borghesia intellettuale, padre grande architetto, quel Gino Pollini che con Luigi Figini aveva costellato di edifici razionalisti la città, autore pure delle officine Olivetti a Ivrea, madre, Renata, musicista, zio materno lo scultore Fausto Melotti.

 

maurizio pollini 2

E aveva cominciato a suonare il pianoforte molto piccolo, facendo già gridare al miracolo al tempo delle elementari. Dopo Carlo Lonati, lo aveva educato il severissimo maestro Carlo Vidusso, e a 18 anni era entrato nella storia del concertismo, vincendo il primo premio al concorso più concorso di tutti, lo Chopin di Varsavia. Dove il giurato Artur Rubinstein lo aveva consacrato con una frase che lo accompagnò (e un po’ l’ossessionò) per tutta la vita: «Questo giovane suona tecnicamente già meglio di tutti noi».

 

Già: la perfezione tecnica, il suono apollineo, l’inscalfibile mancanza di note sporche o false, il totale controllo della materia. Andare a sentire Pollini dal vivo significava attingere all’opera d’arte nella sua forma più armoniosa e pulita. L’ascoltatore era catapultato in una specie di nirvana, dove nulla d’ imperfetto avrebbe potuto turbarlo. Usciti dall’estasi, del semidio si scoprivano con curiosità le piccole manìe: stupendosi che fumasse molte sigarette, giocasse bene a scacchi, s’innervosisse quando non vinceva a ping pong.

 

MAURIZIO POLLINI

Bisogna poi immaginare cosa volle dire, in un contesto così acceso e polarizzato come la Milano di quell’epoca, il famoso episodio del Quartetto. Siamo nel dicembre 1972, Pollini è atteso al Conservatorio per un concerto dell’antica e tradizionalissima Società del Quartetto.

 

Prima di mettersi al piano, tenta di leggere un foglio firmato anche da Claudio Abbado, Luigi Nono, Bruno Canino, Giacomo Manzoni, che comincia così: «La sospensione unilaterale da parte del governo degli Stati Uniti delle trattative per la pace nel Vietnam…». Ma alla parola «Vietnam» si scatena l’inferno: il pubblico si rivolta contro «la politica invece dell’arte» e quegli Intermezzi di Brahms il maestro non riuscirà a suonarli.

 

In tanti anni di carriera, Pollini non ha mai dato molte interviste. Quello che doveva dire, lo esprimeva con la musica: «Quando suono so di essere alla ricerca di qualcosa che è irripetibile. È il lato affascinante della mia vita di musicista. La sola cosa che deve apparire».

maurizio pollini

 

Ma anche se apparire gli riusciva scomodo, mai ha mancato di esprimersi sullo stato del Paese, sulle battaglie civili, sulle questioni etiche. L’ultima dichiarazione è di pochi mesi fa: «Stiamo vivendo un momento molto difficile. Per la cultura, ma non solo. Guardo con preoccupazione alla riforma della giustizia, del federalismo, del presidenzialismo. I rischi antidemocratici sono tanti» […]

maurizio e daniele polliniMaurizio Pollini

 

Ultimi Dagoreport

sergio mattarella quirinale

DAGOREPORT - DIRE CHE SERGIO MATTARELLA SIA IRRITATO, È UN EUFEMISMO. E QUESTA VOLTA NON È IMBUFALITO PER I ‘’COLPI DI FEZ’’ DEL GOVERNO MELONI. A FAR SOBBALZARE LA PRESSIONE ARTERIOSA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SONO STATI I SUOI CONSIGLIERI QUIRINALIZI - QUANDO HA LETTO SUI GIORNALI IL SUO INTERVENTO A LATINA IN OCCASIONE DEL PRIMO MAGGIO, CON LA SEGUENTE FRASE: “TANTE FAMIGLIE NON REGGONO L'AUMENTO DEL COSTO DELLA VITA. SALARI INSUFFICIENTI SONO UNA GRANDE QUESTIONE PER L'ITALIA”, A SERGIONE È PARTITO L’EMBOLO, NON AVENDOLE MAI PRONUNCIATE – PER EVITARE L’ENNESIMO SCONTRO CON IL GOVERNO DUCIONI, MATTARELLA AVEVA SOSTITUITO AL VOLO ALCUNI PASSI. PECCATO CHE IL TESTO DELL’INTERVENTO DIFFUSO ALLA STAMPA NON FOSSE STATO CORRETTO DALLO STAFF DEL COLLE, COMPOSTO DA CONSIGLIERI TUTTI DI AREA DEM CHE NON RICORDANO PIU’ L’IRA DI MATTARELLA PER LA LINEA POLITICA DI ELLY SCHLEIN… - VIDEO

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE AMERIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO

banca generali lovaglio francesco gaetano caltagirone philippe donnet alberto nagel milleri

DAGOREPORT - DA QUESTA MATTINA CALTAGIRONE HA I SUDORI FREDDI: SE L’OPERAZIONE DI ALBERTO NAGEL ANDRÀ IN PORTO (SBARAZZARSI DEL CONCUPITO “TESORETTO” DI MEDIOBANCA ACQUISENDO BANCA GENERALI DAL LEONE DI TRIESTE), L’82ENNE IMPRENDITORE ROMANO AVRÀ BUTTATO UN PACCO DI MILIARDI PER RESTARE SEMPRE FUORI DAL “FORZIERE D’ITALIA’’ - UN FALLIMENTO CHE SAREBBE PIÙ CLAMOROSO DEI PRECEDENTI PERCHÉ ESPLICITAMENTE SOSTENUTO DAL GOVERNO MELONI – A DONNET NON RESTAVA ALTRA VIA DI SALVEZZA: DARE UNA MANO A NAGEL (IL CEO DI GENERALI SBARRÒ I TENTATIVI DI MEDIOBANCA DI ACQUISIRE LA BANCA CONTROLLATA DALLA COMPAGNIA ASSICURATIVA) - PER SVUOTARE MEDIOBANCA SOTTO OPS DI MPS DEL "TESORETTO" DI GENERALI, VA BYPASSATA LA ‘’PASSIVITY RULE’’ CONVOCANDO  UN’ASSEMBLEA STRAORDINARIA CHE RICHIEDE UNA MAGGIORANZA DEL 51% DEI PRESENTI....