rovelli canfora

"NE' CON PUTIN, NE' CON LA NATO. L'EUROPA SI PENTIRA'" - DA ROVELLI A CANFORA, C'E' UN FRONTE  DI FILOSOFI E STORICI CHE NON SI SCHIERA CON L'UCRAINA: "DOVREMMO INDIGNARCI ANCHE PER YEMEN, SIRIA E LIBIA" - MERLO: "CANFORA E ROVELLI DANNO LA CACCIA AL TEMPO PERDUTO DELLA LORO GIOVINEZZA RIVOLUZIONARIA MA ALLA FINE SI ACCONTENTANO DI PUTIN - LA BAD GODESBERG DI ENRICO LETTA E DEL SUO PD CONTRO LA CGIL E L'ANPI RIDOTTE A CAMPO PROFUGHI DELL'IDEOLOGIA"

1. SE LA PACE DIVIDE LE PIAZZE D'ITALIA
Francesco Merlo per la Repubblica
 

Manifestazione a Firenze 2

Piazza contro piazza, "cara Nato" contro "cara Mosca", la Bad Godesberg di Enrico Letta e del suo Pd contro la Cgil e l'Anpi ridotte a campo profughi dell'ideologia. Ieri era partigiana la piazza di Firenze e la settimana scorsa era neutrale quella di Roma.
 
Duecento piazze d'Europa si sono connesse con Zelensky a Santa Croce, in inglese, che è la lingua della democrazia, platealmente all'opposto degli irriducibili che a San Giovanni, sette giorni prima, parlando la lingua morta dell'antiamericanismo, avevano manifestato per disarmare Zelensky.
 

Manifestazione a Firenze

E nei suoni consonantici con cui le lingue slave arrivano a noi italiani che pochissimo le pratichiamo, nell'implosione fonica c'è la Z di Zelensky aggredita dalla Z dei carri armati di Putin, la Z di Zivago contra la Z che gli invasori disegnano sui loro cingolati e che, al di là delle loro intenzioni, è la Z di Zar ed è la Z di Zek che vuol dire "prigioniero" ma prigioniero del Gulag.
 

Manifestazione a Firenze 3

C'era dunque la resistenza al terrore nella piazza a Firenze, c'era il Pd di Letta con i suoi sindaci guidati dal padrone di casa, Dario Nardella. Ed è stato molto meglio di un congresso, delle primarie e di qualsivoglia convention o dibattito, si chiami Agorà o si chiami Leopolda.
 
La piazza di Firenze ieri è stata, appunto, il prologo della Bad Godesberg, della scelta definitivamente occidentale che la sinistra italiana insegue da cinquant'anni, dai tempi dell'Eurocomunismo (1976) di Berlinguer, Marchais e Carrillo: 46 anni di mal di testa, dal "neurocomunismo" alla commozione, ieri pomeriggio, di Enrico Letta per Zelensky e con Zelensky, che ha chiesto giustizia e non pietà per i primi 79 bambini ucraini uccisi dai russi, non la carità ma la solidarietà dell'Europa all'Europa, un conforto non tra amici ma tra alleati, un prendersi per mano tra popoli minacciati della stessa guerra.
 

Manifestazione a Firenze 6

E ieri, forse per la prima volta, l'Europa è diventata davvero una bandiera di piazza, forse perché per la prima volta è la bandiera di una patria a rischio, come il giallo e il blu dell'altra bandiera della piazza di Firenze, quella dell'Ucraina.
 
Eppure, nonostante la chiarezza e il vigore di Enrico Letta non suona ancora definitivo l'addio del Pd alla funesta ideologia del "K", che non è solo il famoso "fattore K" che fu evocato da Alberto Ronchey e torna come un destino, visto che nella grande Russia di Putin c'è la stessa violenza del Kommunizm russo che finanziava il Pci e c'è di nuovo il terrore del Kgb.
 

ENRICO LETTA

E forse questo K sopravvive nella sinistra italiana proprio perché nel nostro alfabeto non c'è. La K insomma esprime bene l'idea, che spiega il filoputinismo più o meno esplicito o più o meno timorato di alcuni intellettuali, che la storia nazionale venga ancora decisa altrove, la K dell'Amerikano, il film di Costa Gavras con Yves Montand nel ruolo dell'agente della Cia in Sudamerica.
 
Certo, le bombe russe contro l'ospedale e quel numero 79, sul quale Zelensky ha tanto insistito, hanno un po' messo in crisi i Né Né, e non consentono con facilità quella scelta neutrale dalla quale ieri si è dissociato lo stesso Maurizio Landini, che era in piazza anche a Firenze perché «non è vero che siamo equidistanti», e però insiste sul disarmo dell'Ucraina.
 
Ma non c'è da farsi illusione: la fortezza antioccidentale dei Né Né è fondata sul rimpianto dei vecchi tempi andati, sangue e codici dell'antiamericanismo d'antan, la gloriosa Cgil ridotta a una Stalingrado del «come eravamo di sinistra». Solo così si spiega che la Brigata Wagner, i mercenari scelti che Putin ha inviato a dare la caccia a Zelensky, piaccia in Italia, oltre che alle solite macchiette sopravvissute al vaffa, anche a quel gruppetto di professori, tra i quali spiccano le illustri eccellenze Luciano Canfora e Carlo Rovelli, nostalgici della Brigata Proust, che danno la caccia al tempo perduto della loro giovinezza rivoluzionaria, rivogliono la Cia, la Nato e yankee go home ma alla fine si accontentano di Putin, che sempre grande Russia è.
 

dario nardella

Ma forse, in questo terribile tempo di guerra, con la piazza contro la piazza è davvero cominciata l'ultima battaglia della sinistra italiana contro i suoi fantasmi.
 
2. DA ROVELLI A CANFORA I TEORICI DEL "NÉ-NÉ" "L'EUROPA SI PENTIRÀ"
Concetto Vecchio per la Repubblica
 
Nei giorni scorsi il fisico Carlo Rovelli, l'autore di bestseller come Sette lezioni di fisica e Helgoland, ha postato sui propri profili social le immagini di città distrutte da altre guerre: nello Yemen, in Afghanistan, nell'ex Yugoslavia; indietro nella storia fino a Hiroshima e Dresda.
 
Ha usato questo testo: «Un'immagine di Kiev devastata dai russi. Ah no, scusate, ho sbagliato, questo è lo Yemen, dove le bombe che cadono vengono mandate dal mio paese in Arabia Saudita: 300mila persone uccise in quella guerra, carestia, milioni di persone che soffrono terribilmente, ma non sono bianchi come noi, quindi perché dovremmo commuoverci per loro?».
 

CARLO ROVELLI

Al pari di altre figure note della cultura e dell'accademia - dalla filosofa Donatella Di Cesare al sociologo Alessandro Orsini - sostiene la tesi che è in corso «uno scontro tra potenze, non tra Russia e l'Ucraina». Un punto di vista che molti leggono semplicemente come filo Putin.
 
Per questa sua posizione ha ricevuto anche delle minacce online. «Non sono cose gravi, ma le leggo come l'effetto del clima di belligeranza nel quale immersi: chi non si allinea sta dalla parte del nemico», spiega al telefono dal Canada. «Secondo me non bisogna mandare le armi. Ogni fucile inviato provoca morti ucraini in più».
 

CARLO ROVELLI 1

E quindi, scusi, gli ucraini non devono difendersi?
«Questo lo devono decidere loro, noi non dobbiamo fomentare uno scontro. Hanno di fronte un esercito dieci volte più potente. Si rischiano lutti enormi».
 
E allora cosa devono fare di fronte ad un'aggressione a casa loro?
«Mettersi a un tavolo e trattare. Intanto l'Europa deve sapere che con l'invio di aiuti militari la guerra si prolungherà. Ci pentiremo di quel che stiamo facendo. Non ho simpatie per Putin, ma ci serve un mondo multipolare».
 
Cosa intende, esattamente?
«Dove l'Occidente non pensa di potersi imporre militarmente sul mondo intero. Leggerlo diviso tra il bene e il male non ci aiuta per la pace. Non tutti la pensano come noi. Infatti metà del pianeta, come rivelano le astensioni alle Nazioni Unite di più di trenta Paesi, tra cui Cina, India, Pakistan, non ha condannato la Russia. Noi adesso ci indigniamo, perché vediamo la guerra vicina. Ma la guerra è orrenda sempre, lo è in Iraq, in Afghanistan, nello Yemen, in Siria. Ci sono molti altri conflitti in corso».
 

LUCIANO CANFORA

Su Facebook aveva scritto: «Cinque parole sono sufficienti per fermare follia ucraina: la Nato non si espanderà all'Ucraina».
«Invece - argomenta adesso - la Nato ha compiuto esercitazioni militari davanti ai confini russi».
 
Per la sua posizione è stato accusato di sarcasmo e di mancata compassione verso un popolo in fuga, milioni di uomini, donne, bambini che scappano nel gelo perché non hanno più un tetto. Insistiamo: che fare?
«Tutti devono concedere realmente qualcosa. L'esempio è Cuba, 1962. l'Unione Sovietica di Krusciov rinunciava a mettere i missili in cambio del ritiro, da parte di Kennedy, dei missili americani dalla Turchia. L'Ucraina potrebbe essere neutrale, come la Svizzera», conclude Rovelli.
 
 
È un pensiero che coltiva anche il grecista Luciano Canfora.
La sua intervista giovedì scorso alla Gazzetta del Mezzogiorno, in cui affermava che l'invasione è colpa dell'Ucraina per avere disatteso gli accordi del 1991, ha fatto molto rumore. Numerose sono state le critiche. «Ho ricevuto molta solidarietà invece», si giustifica adesso. Soprattutto è stato accusato di non spendere una parola per le vittime.
 
E anche adesso al telefono dice che è più importante capire dove andrà a parare il conflitto che intervistare le persone per strada a Kiev. «Sono interviste tutte ugualmente dolorose, ma non aiutano a comprendere quello che succede».
 

LUCIANO CANFORA

È di fatto una guerra tra Russia e Nato, afferma. E cita, a sostegno della sua tesi, due figure diversissime tra loro, come Bernie Sanders e l'ex capo di Gladio Paolo Inzerilli, secondo i quali la Nato, con la sua espansione, ha di fatto provocato il conflitto.
 
«Vorrei che ci indignassimo anche per gli altri massacri, Yemen, Libia, Siria, Irak, Afghanistan.In Ucraina se ne esce solo con una mediazione israeliana e una conferenza di pace in Europa. La Nato deve assicurare di non avanzare sotto il naso dei russi».
 
C'è un aggressore e un aggredito. «Sì, ma noi dobbiamo anche capire come siamo arrivati a questo punto». Professore Canfora, alla fine, lei moralmente non sta dalla parte di Putin? «No, né con Putin, né con la Nato».

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