ahmad dababshi

NEL COVO DELLO “ZIO” DABBASHI - DA SCAFISTA A COLLABORATORE DEL GOVERNO ITALIANO PER IL BLOCCO DEI FLUSSI MIGRATORI DALLA LIBIA - LA POLIZIA LOCALE: “ULTIMAMENTE HA PRESO ALMENO 5 MILIONI DI EURO DA ROMA, SE NON IL DOPPIO, CON L'ASSENSO DEL PREMIER SARRAJ” - LA STORIA DEL BANDITO LIBICO CHE HA FATTO CARRIERA FERMANDO I CLANDESTINI 

Lorenzo Cremonesi per il Corriere della Sera

 

MIGRANTI IN LIBIAMIGRANTI IN LIBIA

Ancora nel 2010 Ahmad Dabbashi era un facchino appena ventenne al mercato all' aperto. Uno di quelli che si presta per lavoretti a ore di ogni tipo, trasporta le cassette della frutta, scarica i camion e aiuta anche nei traslochi, con il padre impiegato all' ufficio postale di Sabratha e i fratelli ancora bambini che giocano a pallone per la strada. «Un poveraccio a cui non avresti dato un soldo. "Ammu, mi regaleresti una sigaretta?", chiedeva strascicato a quelli che incontrava. Così diceva, "ammu", che in arabo significa zio. E per tutti era diventato "Al Ammu", lo zio. Chi avrebbe mai detto che in pochissimi anni sarebbe diventato il bandito più famoso della regione, contrabbandiere di petrolio e trafficante di esseri umani, sino a trasformarsi adesso in poliziotto anti migranti per eccellenza, che tratta con il governo di Tripoli e persino con quello italiano?».

MIGRANTI IN LIBIA1MIGRANTI IN LIBIA1

 

Sono le parole di Mohammad, un suo vecchio vicino di casa. E rispecchiano fedelmente ciò che a Sabratha e dintorni è oggi il parere più comune: Al Ammu, l' ex facchino, ha fatto fortuna. Di ciò che era rimane solo il soprannome. Per il resto, ha prosperato nel caos seguito alla rivoluzione «assistita» dalla Nato, allo sfascio violento del post-Gheddafi. Tanto che ora è una delle figure più famose, ma anche temute e controverse, della Tripolitania occidentale. Noi siamo venuti a cercarlo direttamente nel suo «regno»: Sabratha, il cuore pulsante degli scafisti e dei trafficanti, dove criminalità organizzata e persino jihadismo militante spesso trovano territori comuni, ma soprattutto meta agognata per centinaia di migliaia di disperati in arrivo dall' Africa sub-sahariana pronti a tutto pur di imbarcarsi verso le coste italiane.

MIGRANTI IN LIBIA2MIGRANTI IN LIBIA2

 

A fine agosto gli uffici locali della Reuters e della Associated Press sono stati i primi a rivelare la sua recente «riconversione» da principe degli scafisti a collaboratore di primo piano con il progetto del governo italiano per il blocco dei flussi migratori. Il servizio di intelligence della polizia locale ci dice «che ultimamente avrebbe ricevuto almeno 5 milioni di euro dall' Italia, se non il doppio, con la piena collaborazione del premier del governo di unità nazionale riconosciuto dall' Onu, Fayez Sarraj». Una vicenda che racconta tanto della Libia contemporanea, dove chiunque voglia cercare di cambiare le cose deve comunque confrontarsi con un Paese tenuto volutamente allo stato tribale per quasi mezzo secolo nella logica del divide et impera di Muammar Gheddafi e adesso lacerato da una miriade di lotte e divisioni interne senza fine.

GHEDDAFI GHEDDAFI

 

 «Personalmente posso capire che gli accordi del governo Sarraj con Dabbashi abbiano aspetti ambigui. In Occidente potete anche pensare che siano poco morali. Ma questa è la realtà della Libia. Chi vuole intervenire fa i conti con le forze che dominano sul campo, che spesso sono poco pulite, ambigue, persino criminali. Con la milizia di Dabbashi c' era poco da fare. Combatterla significa rilanciare il bagno di sangue e per giunta con nessuna prospettiva di vittoria. Il modo migliore era integrarla, agire pragmatici. Cosa che i servizi d' informazione italiani e Minniti, con il quale mi sono incontrato più volte in Libia e a Roma, hanno ben intuito.

 

FAYEZ SARRAJ 2FAYEZ SARRAJ 2

Presto ne vedremo i risultati positivi», ci dice con tono realista il 43enne Hussein Dhwadi, da tre anni sindaco di Sabratha. Questi afferma di «non escludere, ma non sapere, se davvero gli italiani hanno pagato Dabbashi e in quale forma». Cosa del resto già nettamente negata sia dalla Farnesina che dall' ambasciata italiana a Tripoli. Tuttavia, nella stessa Sabratha non mancano i nemici feroci di Dabbashi ben contenti d' investigare.

 

«È un mafioso, un bandito, che sino a poche settimane fa ha assassinato i nostri agenti e prosperato nell' illegalità, nell' arbitrio. Non potrà mai essere nostro alleato», dice Basel Algrabli, 36 anni, direttore della locale Unità Anti-Migranti. Gli argomenti più forti arrivano dai responsabili dei servizi di intelligence della polizia urbana, con cui abbiamo parlato per due ore. Ma chiedono di non essere identificati nel timore di vendette contro di loro e le famiglie. Su Ahmad Dabbashi e il suo clan hanno interi dossier, alcuni dei quali ci sono anche stati mostrati: hanno iniziato infatti a seguirlo già un paio d' anni dopo il linciaggio mortale di Gheddafi a Sirte nell' ottobre 2011.

MIGRANTI SCAFISTI 1MIGRANTI SCAFISTI 1

 

Da tempo «Al Ammu» aveva scoperto che poteva far soldi occupandosi dell' ordine pubblico. Uccise «quasi per caso» un miliziano di Zintan che insidiava alcune ragazze su una spiaggia locale. Diventa allora un piccolo eroe, per qualche mese gestisce gli accessi alla spiaggia, poi si avvicina al Libyan Fight Group, il fronte jihadista libico che simpatizza per Al Qaeda. Con il latitare delle vecchie autorità gheddafiane il campo religioso guadagna punti. La gente gli dà credito, lo paga per garantirsi sicurezza. Lui assolda fratelli e cugini.

 

Poi, il salto di qualità: ruba 250.000 dinari a un commerciante locale, comincia a trafficare in droga e petrolio. Adesso può pagare i suoi uomini, si procura le Toyota blindate montanti mitragliatrici pesanti. Oggi ne possiede a decine utilizzate da centinaia di miliziani, forse oltre 300 ai suoi ordini diretti. Tanti raccolti dalla strada, dai luoghi della sua giovinezza. La sua struttura si militarizza nel 2014. Al Ammu comanda adesso la «Brigata Anis Dabbashi», intitolata a uno dei cugini morti in uno scontro a fuoco.

 

MIGRANTI SCAFISTIMIGRANTI SCAFISTI

Un' altra Brigata, la «48», è invece diretta dal fratello più giovane, Mehemmed chiamato «al Bushmenka», con la partecipazione attiva dei cugini Yahia Mabruk e Hassan Dabbashi. Nel 2015 impongono il monopolio sui movimenti dei camion verso il deserto e lungo la costa dal confine con la Tunisia al porticciolo di Zawiya. Non però verso Tripoli, perché qui domina violenta la potente tribù dei Warshafanna, ex sostenitori di Gheddafi oggi propensi a stare con il generale Khalifa Haftar, l' uomo forte della Cirenaica. Sempre secondo le stesse fonti, è in questo periodo che «Al Ammu» si assicura anche una parte dei servizi di protezione dei cantieri e terminali di petrolio e gas a Mellitah: dunque, indirettamente, delle attività Eni nel Paese.

MIGRANTI IN LIBIA CAMPIMIGRANTI IN LIBIA CAMPI

 

«Probabilmente è allora che lui ha i primi contatti con gli 007 italiani. Rapporti che poi si approfondiscono ai tempi del rapimento dei quattro tecnici italiani della Bonatti proprio diretti dalla Tunisia a Mellitah (di cui poi due tragicamente assassinati, ndr.)», aggiungono. Il capo del clan Dabbashi però è un ricercato, per lui è difficile viaggiare, specie all' estero. Tocca allora a Yihab, il fratello giovane più fidato, fungere da negoziatore e businessman del gruppo. Sulla rete difende il buon nome dei Dabbashi, oggi li rilancia come gruppo legittimo e garante della legge. «Yihab ha trattato per conto del fratello anche l' accordo sui migranti.

 

GUARDIA COSTIERA LIBIAGUARDIA COSTIERA LIBIA

Abbiamo le tracce dei suoi movimenti recenti. Sappiamo che tra fine luglio e fine agosto è volato a Malta con la compagnia privata Medavia. Di recente è stato a Istanbul, in Germania e in altre due nazioni europee. Con gli agenti dei servizi italiani si è incontrato più volte in alcuni hotel di Gammarth, la costa turistica di Tunisi. Sarraj e gli italiani si sono assicurati la sua collaborazione in cambio di almeno 5 milioni di euro e la promessa che i Dabbashi ne usciranno puliti e le loro milizie saranno legalizzate», leggono dai loro documenti i capi dell' intelligence.

 

I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Porti vuoti, spiagge deserte dove prima ogni notte estiva con il mare calmo imperava l' affanno delle partenze, niente barconi, nessun gommone all' orizzonte. Il traffico dalla Libia è praticamente fermo. I Dabbashi sono una garanzia. «Quanto erano efficienti nel traffico di esseri umani, tanto oggi sono bravi nel bloccarlo. Sino ai primi del luglio scorso si erano assicurati l' 80% delle partenze dalle nostre coste, un affare milionario. Il loro slogan presso gli africani era che si doveva pagare tanto, almeno 1.000 dollari a testa, ma i loro trasporti erano i più certi. Crediamo avessero contatti anche con organizzazioni criminali italiane.

 

BANDIERA ITALIANA BRUCIATA IN LIBIABANDIERA ITALIANA BRUCIATA IN LIBIA

Oggi sono attenti ad attuare i blocchi delle partenze già a terra, il lavoro dei guardiacoste libici serve ormai a poco o nulla», afferma Algrabli. Vedere per credere. La notizia che non è più possibile (o diventa molto difficile) prendere la via del mare dalla Libia si sta spargendo a macchia d' olio. «Oltre 30.000 persone sono bloccate nella nostra regione. Stiamo cercando di spostarle su Tripoli, da dove potranno tornare più facilmente ai loro Paesi di origine grazie all' Onu e alle loro ambasciate.

 

Libia Guardia CostieraLibia Guardia Costiera

Sono per lo più nigeriani, eritrei, sudanesi, tanti del Ciad, della Costa d' Avorio e del Mali. Il fatto positivo è che sono nel frattempo diminuiti anche gli arrivi dal deserto sub-sahariano, solo il 30% rispetto ai primi di luglio. Ciò significa che la Libia per loro non è più un punto di transito valido. Lo verificheremo con certezza all' arrivo dei dati di fine settembre», dice ancora il sindaco di Sabratha. La nuova situazione si manifesta amplificata a Triqsiqqa, che con i suoi ben oltre 1.000 migranti incarcerati (di cui al momento 120 donne) è oggi uno dei campi più vasti nella capitale.

LIBIALIBIA

 

Si stima siano circa 600.000 gli «imprigionati» nell' imbuto libico. «Siamo in una prigione senza speranza. Io sono stato arrestato tre mesi fa. E adesso sono ben consapevole che via mare non si parte più», dice tra i tanti il diciottenne Hani Henessey, un ragazzino dai tratti fini e l' inglese quasi oxfordiano. Suo padre dentista lo condusse da bambino con la famiglia dal Sud Sudan a Londra. Ma di recente sono stati espulsi per lo scadere del visto. Hani dice però di essere gay e in quanto tale perseguitato in Africa. Vorrebbe tornare in Europa. E non sa come fare. Le storie di persecuzione, terrore e disperazione non si contano.

 

Joe Solomon, nigeriano di 24 anni, dice di essere stato rapito da un gruppo di contadini libici. «Volevano 700 dollari per liberarmi. Quando ho spiegato che né io, né la mia famiglia, né i miei amici potevamo pagare, mi hanno tenuto come schiavo a lavorare nei loro campi per quattro mesi», ricorda. Sono vicende di razzismo antico, rimandano ai tempi della tratta araba degli schiavi dall' Africa alle coste del Mediterraneo.

 

MIGRANTIMIGRANTI

Viene persino da pensare che per quanto qui le condizioni siano orribili, con migliaia di persone chiuse al caldo nello sporco dietro le sbarre, fuori alla mercé dei libici incattiviti da guerra e povertà possa essere anche peggio. Ma va anche aggiunto che l' intera zona costiera è disseminata di campi per migranti, molti senza alcun controllo e mai visti da giornalisti o umanitari. Mentre visitiamo il campo l' ambasciata sudanese manda due funzionari che organizzano i rientri di 200 connazionali. Anche l' Organizzazione Internazionale dei Migranti (Iom) e lo Unhcr stanno intervenendo.

 

MIGRANTIMIGRANTI

«Ma sono ancora gocce nel mare. Perché le Ong internazionali non ci aiutano? Voi italiani, che avete qui anche un' ambasciata, perché non siete presenti, non siete mai venuti a visitarci?», protesta Abdul Nasser Azzam, il direttore del centro. E Al Ammu? Come si muove colui che appare tra i maggiori artefici di tali epocali cambiamenti? Ancora a Sabratha raccontano che vorrebbe controllare lui stesso alcuni campi destinati al rimpatrio dei migranti grazie agli aiuti finanziari internazionali. Ma a noi non ha rilasciato commenti. «Se volete un incontro dovete avere il permesso delle autorità di Tripoli», ci fa dire, più formale e legale che mai.

Ultimi Dagoreport

antonio tajani giorgia meloni neri nero bambini immigrati migranti matteo salvini

DAGOREPORT – AH, TAJANI DELLE MERAVIGLIE! RICICCIARE PER L'ENNESIMA VOLTA LO IUS SCHOLAE E, DOPO UN BATTAGLIERO RUGGITO, RINCULARE SUBITO A CUCCIA (''NON E' LA PRIORITA'"), E' STATO UN FAVORE FATTO A GIORGIA MELONI, DETERMINATA A SEMINARE ZIZZANIA TRA LE FILE LEGHISTE SPACCATE DA VANNACCI, PER CUI UNA PROPOSTA DI LEGGE PER LA CITTADINANZA AI RAGAZZI CHE COMPLETANO GLI STUDI IN ITALIA, E' PEGGIO DI UNA BESTEMMIA SULL'ALTARE - IL MINISTRO DEGLI ESTERI (SI FA PER DIRE: SUGLI AFFARI INTERNAZIONALI DECIDE TUTTO LA STATISTA DELLA GARBATELLA), UNA VOLTA APPOGGIATO IL BIANCO TOVAGLIOLO SUL BRACCIO, SI E' PRESTATO COSI' A SPARARE UN AVVISO A MATTEO SALVINI: SI PREGA DI NON TIRARE TROPPO LA CORDA, GRAZIE!

volodymyr zelensky donald trump vladimir putin

DAGOREPORT – OGGI DONALD TRUMP CHIAMERÀ VOLODYMYR ZELENSKY E GLI PRESENTERÀ “L’OFFERTA” DI PUTIN: “MAD VLAD” VUOLE IL RICONOSCIMENTO DELLE ZONE ATTUALMENTE OCCUPATE DAI SUOI SOLDATI (OLTRE ALLA CRIMEA, CHE CONSIDERA RUSSA DAL 2014). IL PIANO DEL TYCOON È CONVINCERE L’EX COMICO UCRAINO A DARE L’OK, E POI TORNARE DA PUTIN E FINIRE LA GUERRA. CON UNA SOTTESA MINACCIA: SE, NONOSTANTE LE REGIONI ANNESSE, MOSCA CONTINUASSE IL CONFLITTO, A QUEL PUNTO GLI USA SAREBBERO PRONTI A RIEMPIRE DI ARMI KIEV PER FARE IL CULO A STELLE E STRISCE ALLO ZAR DEL CREMLINO - MA QUANTO CI SI PUO' ANCORA FIDARE DELLE PROMESSE DI TRUMP, VISTE LE CAZZATE CHE HA SPARATO FINORA? 

vincent bollore john elkann andrea pignataro

CHE NELLA TESTA DI JOHN ELKANN FRULLI L’IDEA DI VENDERE “LA REPUBBLICA”, NON È UN MISTERO. GIÀ UN ANNO FA SI SPETTEGOLÒ DI TRATTATIVE A TORINO CON UNA CORDATA DI IMPRENDITORI E BANCHE MILANESI - ELKANN, COSÌ CHIC E COSÌ SNOB, AVREBBE GRADITO LA PRESENZA NELLA CORDATA DI UN NOME INTERNAZIONALE. ED ECCO SPUNTARE L’IMPOSSIBILE: VINCENT BOLLORÉ, PATRON DI VIVENDI E DELLA DESTRA OLTRANZISTA FRANCESE – L’ULTIMA INDISCREZIONE ACCREDITA UNA VOGLIA DI CARTA AL BOLOGNESE ANDREA PIGNATARO, SECONDO MILIARDARIO D’ITALIA - VERO, FALSO, INVEROSIMILE? QUELLO CHE È CERTO È CHE LA CRISI MONDIALE DELL’INDUSTRIA AUTOMOBILISTICA STA DIVENTANDO UN ‘’DRAMMA ECONOMICO’’, CON MINACCIA DI CHIUDERE LE FABBRICHE STELLANTIS, E LA LINEA ANTI-GOVERNATIVA DI “REPUBBLICA” È UNA FONTE DI GUAI, NON ESSENDO PER NULLA GRADITA (EUFEMISMO) DAI “VENDI-CATTIVI” DELLA FIAMMA MAGICA DI PALAZZO CHIGI….

alessandro giuli lucia borgonzoni manuela cacciamani mazzi rampelli giulio base film albatross 2025albatross angelo mellone perla tortora paolo petrecca alma manera

DAGO-CAFONAL! - DAI FRATELLI WARNER DI HOLLYWOOD AI FRATELLI D’ITALIA DI CINECITTÀ, IL CIAK È A DESTRA! - E VOILÀ! DOMANI SUGLI SCHERMI DEL BELPAESE ARRIVA "ALBATROSS", IL NUOVO IMMAGINARIO CAPOLAVORO DI GIULIO BASE, MARITATO TIZIANA ROCCA - ALL’ANTEPRIMA ROMANA, GOVERNO IN PRIMA FILA: TAPPETO ROSSO PER IL MINISTRO GIULI-VO DEL “PENSIERO SOLARE”; AVANTI I DIOSCURI RAI, ROSSI E MELLONE, FATE LARGO AL “GABBIANO SUPREMO” DI COLLE OPPIO, FABIO RAMPELLI, CON MOLLICONE DI SCORTA - NEL FOYER DEL CINEMA SI SBACIUCCHIANO PAOLO PETRECCA, DIRETTORE DI RAI SPORT, E L’AMATA ALMA MANERA - SE LUCIA BORGONZONI TIMBRA IL CARTELLINO PER LA LEGA, A TENERE ALTO IL PENNONE DI FORZA ITALIA C’È MAURIZIO GASPARRI, NEL '70 SEGRETARIO PROVINCIALE DEL FRONTE DELLA GIOVENTÙ – PER I DUE PRODUTTORI, PAOLO DEL BROCCO (RAI CINEMA) E GENNARO COPPOLA (COMPAGNO DI MANUELA CACCIAMANI, PRESIDENTE DI CINECITTA'), ‘STO “ALBATROSS” DI GIULIO BASE DEVE SUSCITARE VERAMENTE “GRANDE ATTENZIONE” VISTO CHE IL 18 GIUGNO SCORSO SAREBBE AVVENUTA UNA PROIEZIONE PRIVATA DEL FILM ALLA PRESENZA DI IGNAZIO LA RUSSA E DI SISTER ARIANNA MELONI…

cetrioloni per l italia - meme by edoardo baraldi giorgia meloni economia crisi soldi

DAGOREPORT - GIORGIA MELONI PUÒ FARE TUTTE LE SMORFIETTE CHE VUOLE MA A NATALE RISCHIA DI TROVARE SOTTO L'ALBERO UN'ITALIA IN GRANDE DIFFICOLTA' ECONOMICA. E SE I CITTADINI TROVERANNO LE TASCHE VUOTE, ANCHE IL PIU' INCROLLABILE CONSENSO PUO' SGRETOLARSI - IL POTERE D'ACQUISTO AUMENTA DELLO 0,9% ORA, MA NEGLI ULTIMI ANNI È CROLLATO DEL 20% - DA UN LATO L'INFLAZIONE TORNA A CRESCERE, DALL'ALTRO IL PIL CALA. E DAL 2026, CON LA FINE DEL PNRR, CHE HA "DROGATO" IL PRODOTTO INTERNO LORDO, LA SITUAZIONE NON POTRÀ CHE PEGGIORARE. SENZA CONSIDERARE L'EFFETTO TSUNAMI DEI DAZI DI TRUMP SU OCCUPAZIONE ED EXPORT - SE CI FOSSE UN'OPPOSIZIONE DECENTE, MARTELLEREBBE OGNI GIORNO SU QUESTI TEMI: SALARI DA FAME, TASSE CHE CONTINUANO A SALIRE, ECONOMIA CHE RISTAGNA. MA LA PRIORITÀ DI SCHLEIN SONO I GAY UNGHERESI E QUELLE DI CONTE E' FARE IL CANDIDATO PREMIER DEL CAMPO LARGO...