PREMIO PATACCA – IL MEMORIALE DI SORIA NON CONVINCE LA PROCURA: “PICCOLE CATTIVERIE, DICHIARAZIONI INCOMPLETE E INSODDISFACENTI” – NON TORNANO I CONTI DEI SOLDI DATI A INTELLETTUALI, ATTORI E POLITICI

Andrea Rossi per “La Stampa”- edizione Torino

 

GIULIANO SORIA SERGIO CHIAMPARINOGIULIANO SORIA SERGIO CHIAMPARINO

L’ultimo tentativo di limitare i danni è raccolto in un documento scarno. Tre pagine di scuse, parziali ammissioni, cifre a volte precise a volte solo accennate, in risposta al procuratore generale Corsi che gli aveva chiesto di documentare le accuse. Giuliano Soria, l’ex patron del Grinzane Cavour condannato ieri in appello a 8 anni e 3 mesi, prova a spiegare. L’obiettivo di Corsi era ricostruire il percorso dei 700 mila euro di fondi neri creati attraverso le false fatture. Secondo Soria servivano a pagare attori, scrittori e politici. Chi? Quanto? Ecco quel che Corsi - che ha trasmesso quella deposizione alla procura, la quale ha aperto un fascicolo -voleva sapere.


Soria ribadisce: il nero serviva «per ottenere la presenza, a costi assai inferiori per il Grinzane, di artisti e personaggi famosi ai nostri eventi, nonché per alcuni finanziamenti od omaggi a personaggi politici che rivestivano per il Premio un ruolo di particolare importanza». Scende nei dettagli: «Augias ha fatto con noi una decina di manifestazioni e ogni volta ha incassato in maniera non ufficiale 10.000 euro, oltre alla completa ospitalità».

 

GIULIANO SORIAGIULIANO SORIA

 Poi: «Gli attori cui ho fatto riferimento richiedevano, a seconda dell’importanza, da 10.000 a 20.000 (Sandrelli, Giannini, Placido, Ferrari, Rampling) euro in nero oppure il doppio, oltre all’Iva, in forma ufficiale». È il turno dei politici: «In occasione di eventi elettorali abbiamo utilizzato una parte del nero a favore di Leo (25.000 euro), Vernetti (25.000 euro), Oliva (3000 euro), Alfieri (5.000 euro) e Chiamparino (20.000 euro)». Tutti negano.

 

Molti, già un mese fa, avevano annunciato querele, ma al momento nessuno sembra essere passato all’azione, tanto che l’altro giorno il capogruppo di Fratelli d’Italia in Regione, Maurizio Marrone, ne ha chiesto conto a Chiamparino. 


Soria continua l’offensiva. Se la prende con chi ha minacciato di trascinarlo in tribunale: «Augias, Giannini e Placido avrebbero facilmente potuto smentirmi esibendo le fatture di quelli che hanno definito riduttivamente rimborsi spese». Se la prende anche con Bresso, «alla quale non ho mai erogato alcunché, né mai ho detto di averlo fatto. Il suo ritorno in termini di immagine derivava dal successo degli eventi e dal suo personale presenzialismo alle manifestazioni, cui partecipava spesso con il marito e con vari amici che richiedeva fossero invitati dal Grinzane». 

AUGIAS AUGIAS


Per il procuratore generale Corsi sono «piccole cattiverie». Di più, «dichiarazioni incomplete e insoddisfacenti. I conti non tornano. Che abbia pagato qualcuno è possibile, ma può avere gonfiato le cifre per farci dimenticare la provenienza del denaro». La procura si aspettava un resoconto dettagliato. Invece, mancano le prove dei versamenti. Mancano anche delle scuse autentiche, come spiega anche l’avvocato di Nitish, Gianluca Vitale. «È venuto, ha parlato e se ne è andato come se avesse fatto una passeggiata», è la scudisciata con cui Corsi si oppone al riconoscimento delle attenuanti generiche.


La Corte d’appello, invece, le ammette. E per i difensori di Soria, gli avvocati Luca Gastini e Aldo Mirate, è una mezza vittoria: «La sentenza è un passo in avanti rispetto all’abnorme pena inflitta in primo grado. Continueremo la battaglia in Cassazione per dimostrare che le accuse sono infondate».

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