
“PUTIN VUOLE NORMALIZZARE LA GUERRA, RENDERLA MENO VISIBILE MA NON MENO PERICOLOSA” – L’AMBASCIATORE ETTORE SEQUI SVELA IL BLUFF RUSSO RAPPRESENTATO DALLO STOP AI BOMBARDAMENTI PER TRE GIORNI IN UCRAINA PER L’ANNIVERSARIO DELLA VITTORIA SUL NAZISMO: “PER MOSCA È POSSIBILE NEGOZIARE ANCHE SENZA UNA TREGUA FORMALE IN VIGORE. ANZI, LA GUERRA CONTINUA A ESSERE UNO STRUMENTO DI PRESSIONE PERMANENTE PER PUTIN. MENTRE PER TRUMP LA TREGUA HA SENSO SOLO SE PUÒ ESSERE PRESENTATA COME UNA CESSAZIONE EFFETTIVA DELLE OSTILITÀ. IL 9 MAGGIO NON SEGNERÀ DUNQUE L'INIZIO DI UN PERCORSO IRREVERSIBILE VERSO LA PACE…”
Estratto dell’articolo di Ettore Sequi per “la Stampa”
MEME SULL INCONTRO TRA TRUMP E ZELENSKY A SAN PIETRO BY EMAN RUS
Il 9 maggio 2025 non sarà soltanto il giorno in cui a Mosca si celebra l'ottantesimo anniversario della vittoria sul nazismo. Sarà il teatro di un passaggio cruciale nella guerra ucraina, non sui campi di battaglia, ma nella percezione di tutti gli attori coinvolti.
La proposta russa di una tregua di 72 ore, strettamente legata alla commemorazione, non rappresenta un vero passo verso la pace.
È un gesto calcolato, concepito per rafforzare la narrativa interna e inviare segnali distensivi alla Casa Bianca, nel tentativo di rabbonire Washington. Putin intende soddisfare esigenze interne (garantire la parata del 9 maggio) e inviare un segnale ambiguo agli Stati Uniti: un gesto sufficiente a sembrare cooperativo, ma troppo debole per produrre un cambiamento reale.
Per Trump, la tregua ha senso solo se può essere presentata come una cessazione effettiva delle ostilità. Non un mero gesto simbolico, ma un trofeo da esibire e sufficientemente duraturo da permettere al Presidente di dichiarare un successo. Una sospensione di appena tre giorni, priva di meccanismi di verifica e senza un impegno concreto verso negoziati seri, non basta.
volodymyr zelensky donald trump
Per Kiev, una tregua breve rappresenta un rischio più che un'opportunità. Zelensky sa che una sospensione effimera delle ostilità rischia di favorire solo la propaganda di Mosca, rafforzando la tentazione americana al disimpegno, già minacciato in caso di mancato accordo tra russi e ucraini. […]
Per Mosca, invece, la tregua è uno strumento politico al servizio della propria strategia complessiva. Per questo ogni sospensione delle ostilità viene vincolata da Putin a condizioni che appartengono alla sfera degli accordi di pace: riconoscimenti territoriali, progressiva rimozione delle sanzioni, limitazione definitiva delle garanzie di sicurezza all'Ucraina.
Le dichiarazioni di Lavrov, secondo cui «la tregua di tre giorni rappresenta l'inizio di negoziati diretti con Kiev senza precondizioni», vanno interpretate correttamente: «senza precondizioni» significa, per la Russia, che il negoziato non può essere incardinato su richieste preliminari da parte di Kiev.
C'è di più nelle parole di Lavrov: per Mosca è possibile negoziare anche senza una tregua formale in vigore. Il conflitto può proseguire, anche a bassa intensità, mentre si negoziano i termini di un accordo e le condizioni strategiche di lungo termine. Nella visione russa, dunque, la guerra continua a essere uno strumento di pressione permanente, che non ostacola, ma accompagna e sostiene il negoziato.
La differenza è profonda. Gli Stati Uniti intendono la tregua come una riduzione della violenza e la premessa di negoziati di pace.
Trump avrebbe bisogno di una tregua solida e visibile, per dichiarare missione compiuta. Non per salvare l'Ucraina ma per liberarsene e poter riposizionare la strategia americana sul Pacifico.
La Russia la considera un elemento del conflitto stesso, da utilizzare per consolidare ed estendere le proprie posizioni e spezzare la coesione del fronte occidentale. Non un gesto umanitario, ma una leva di consolidamento strategico. Putin non offre una tregua per fermare la guerra: offre una tregua per regolarla secondo i propri interessi.
Kiev ha bisogno di una tregua vera, lunga, che garantisca un equilibrio sul terreno. Zelensky sa che senza garanzie reali, ogni tregua breve è solo il preludio a una nuova stagione di vulnerabilità. Mosca ha bisogno di una tregua solo come strumento tattico, utile a ottenere concessioni, a rafforzare la pressione su Kiev e a influenzare la narrativa internazionale.
Nel frattempo, Washington e Mosca si mandano segnali reciproci.
Mosca rafforza l'asse con Teheran, consolida il legame con Pechino, esibisce il rapporto con la Corea del Nord. La maxiofferta americane di armi all'Arabia Saudita segnala che, se necessario, Washington non esiterebbe a utilizzare leve indirette, come la pressione sul mercato energetico, per contrastare la resilienza russa.
telefonata tra donald trump vladimir putin - vignetta by osho
[…] Il 9 maggio non segnerà dunque l'inizio di un percorso irreversibile verso la pace. Segnerà, al contrario, il tentativo russo di normalizzare il conflitto, renderlo meno visibile, più tollerabile, ma non meno pericoloso.
vladimir putin con i soldati russi
TRUMP E ZELENSKY A SAN PIETRO