CHE SILENZIO A CLEVELAND: QUALCUNO NELLA “COMUNITÀ” SAPEVA E HA PREFERITO TACERE?

Articolo di Rupert Cornwell per "The Independent" pubblicato dal "Fatto quotidiano" - Traduzione di Carlo Antonio Biscotto

Che ne è stato della mitica comunità americana, di quel luogo idilliaco di amicizia e tranquillità dove non v'è problema che non possa essere risolto con spirito comunitario e dove mai nulla di brutto accade? L'inverosimile storia delle tre ragazze rapite e tenute prigioniere per dieci anni in una casa a Cleveland, Ohio, solleva molti interrogativi. È difficile credere che non abbiano mai avuto l'occasione di sfuggire al controllo di quell'unico carceriere, Ariel Castro, ponendo fine al loro tormento.

Non sarà che tra Castro e le sue vittime, Amanda Berry, Gina DeJesus e Michelle Knight, si era andata sviluppando una sorta di sindrome di Stoccolma? A dirla tutta, nemmeno la polizia ha fatto una gran figura avendo ignorato persino la segnalazione dei vicini che avevano visto una donna completamente nuda che camminava nel giardino a quattro zampe con un collare da cane al collo.

Ma il mistero più grande è quello dei vicini. Possibile che in così tanti anni nessuno abbia avuto il minimo sospetto e abbia fatto scattare l'allarme? In America cose del genere non dovrebbero accadere. Al limite le si può concepire nei centri urbani, ma certamente non nei quartieri residenziali dove si fa festa in strada, dove d'estate agli angoli delle strade i ragazzini vendono la limonata fatta in casa e dove tutti sanno tutto di tutti. Il concetto di "comunità" è un pilastro portante della società americana.

Inoltre questo è il Paese nel quale hanno inventato il Neighbourhood Watch, una sorta di vigilanza di quartiere che - come si è visto nel caso del giovane Trayvon Martin ucciso in Florida con un colpo di pistola l'anno passato - qualche volta assume i contorni sinistri e inquietanti degli squadroni di vigilantes.

Comunque sia, il senso di comunità è vivo negli Stati Uniti più che in altri Paesi occidentali. Anche chi abita a Washington crede di conoscere tutti i suoi vicini di casa. Il termine rassicurante e confortante di "comunità" permea l'intera società americana. Chiunque fa parte di una comunità: quella della scuola dei tuoi figli, quella dei disabili, quella dei gay e così via. Una comunità - a parte quella del quartiere in cui vivi - non si nega a nessuno. Spesso nelle comunità vigono regole molto severe. Chi abita in un condominio di villette non può dipingere la sua casa del colore che più gli piace e deve falciare l'erba del prato ogni settimana.

E il sistema vale anche per la vita politica dominata dalle lobby e dai gruppi di interesse. Si parli di assistenza sanitaria o di riforma del sistema bancario o di controllo delle armi, ogni disegno di legge discusso al Congresso, altro non è che uno scontro tra gruppi di interesse, cioè a dire tra "comunità".

La National Rifle Association è un'organizzazione che mette paura, ma è anche una "comunità di possessori di armi". Mi sono sempre chiesto se questo aspetto della cultura americana non sia mutuato dalla Germania. Spesso si sottovaluta il fatto che il gruppo etnico storicamente maggioritario negli Stati Uniti è quello tedesco e non quello italiano o irlandese o britannico. Ho vissuto in Germania e ricordo benissimo come fosse impensabile non rispettare le norme non scritte della comunità nella quale vivevi. Cleveland rappresenta in qualche misura la fine di una illusione.

Se scopo delle comunità è quello di garantire la sicurezza dei cittadini , il caso di Cleveland testimonia un tragico fallimento. Nel quartiere abbastanza povero nel quale abitava Castro, nella zona ovest di Cleveland, vivono molte famiglie di origine portoricana. E tuttavia se avessero fatto il loro dovere e se la polizia avesse fatto il suo, gli orrori cui sono state sottoposte le tre ragazze sarebbero durati molto di meno.

Quando ci si trasferisce in un nuovo quartiere si ha la tendenza a pensare che i vicini siano tutte persone perbene. Se vedi qualcuno scavare un buca in giardino non ti passa per la testa che si tratti di un serial killer che sta facendo sparire il corpo della sua ultima vittima. Eppure in America ogni anno vengono rapiti oltre 100 bambini. E non di meno quando vedi una casa con le imposte sempre chiuse, non pensi che dietro quelle persiane potrebbe trovarsi uno dei cento bambini scomparsi e che in quel preciso momento forse lo stanno torturando o abusando.

CHARLES RAMSEY, il cui colorito racconto di come ha tratto in salvo Amanda Berry lo ha fatto diventare una celebrità, sottolinea esattamente questo aspetto. Ramsey era vicino di casa di Castro da un anno e non aveva notato nulla di strano. Qualche volta Ramsey e i vicini avevano intravisto le ragazze, ma avevano dato per scontato che si trattasse delle nipoti.

Quanto al salvataggio, parlando alla tv ha detto: "Non sono un eroe; sono un cristiano e un americano". In altre parole, lo spirito di comunità secondo Ramsey è tutt'altro che morto. Parlando a un'altra emittente, Ramsey ha detto: "Ci conosciamo tutti. A Castro davo la posta quando tornava a casa e mi invitava a mangiare con lui quando faceva il barbecue. Non ho mai avuto il minimo sospetto".

Forse ci aspettiamo troppo dallo spirito di comunità. Anche nelle comunità più unite può accadere qualcosa di impensabile. La storia di Cleveland - orribile, incomprensibile, fortunatamente riscattata da un relativo lieto fine - prova che non possiamo dire di conoscere bene nessun essere umano, nemmeno quello che vive nella villetta accanto alla nostra. Così è e così è sempre stato.

 

Michelle Knight E CASTRO large ap house michelle knight amanda berry ll wg Michelle Knight t bb michelle knight horizontal gallery jpegclevelandNILDA FIGUEROA LA MADRE DI ANTHONY CASTRO GINA DEJESUS IL SOSPETTO RAPITORE ARIEL CASTRO CON UNA EX FIDANZATA DAVANTI ALLA PORTA CHIUSA CHE CONDUCE AL SEMINTERRATO ARIEL CASTRO

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