MALATI DI RUMORE - CHI SOFFRE DI MISOFONIA HA UNA CRISI DI RABBIA SE SENTE MASTICARE UNA GOMMA O TICCHETTARE LE DITA SUL TAVOLO - E’ UN DISTURBO EREDITARIO CHE INIZIA TRA INFANZIA E ADOLESCENZA

Elena Dusi per “la Repubblica”

 

Masticare una gomma tirando su col naso e picchiettando con le dita sul tavolo può essere pericoloso, se di fronte si ha una persona che soffre di misofonia. Si rischia di provocare una crisi di rabbia ed essere aggrediti senza nemmeno saper bene perché. La misofonia infatti è un disturbo troppo lieve per essere studiato dalla medicina.

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Eppure raramente qualcuno è sfuggito al fastidio estremo che determinati suoni producono. In assenza dei riflettori della scienza ufficiale, sono i pazienti a organizzarsi da sé, con diversi siti per lo scambio di opinioni. A uno degli ultimi nati ( misophonia. com) ha dedicato un servizio il New York Times , con tanto di sondaggio fra i lettori per indicare il tipo di suono più odiato.

 

Un motivo per prestare più attenzione al fenomeno — classificato appena una ventina di anni fa — è che i rumori molesti nelle persone colpite da questo fastidio sono in genere prodotti da individui di famiglia o colleghi. Mogli, mariti, fidanzati e vicini di scrivania sono spesso al centro delle ire dei misofobi. Più che un disturbo dell’udito, l’irritabilità di fronte a determinati suoni rischia dunque di scatenare liti coniugali o di ufficio.

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Una delle rare ricerche, condotta nel 2013 dalle università di Amsterdam e della California, ha evidenziato infatti che la misofonia inizia spesso tra l’infanzia e l’adolescenza (91% dei casi), è scatenata da persone ben determinate (82% dei casi) ed è ereditaria (55% dei casi). Mentre le reazioni di rabbia scattano immediatamente se a masticare rumorosamente è il coniuge seduto di fronte a tavola, nessun misofobo viene minimamente infastidito dal proprio tirar su col naso o dallo strascicare dei piedi.

 

Tanto che, fa sempre notare la ricerca pubblicata da Frontiers in Human Neuroscience , uno degli espedienti per far sbollire la rabbia è proprio quello di imitare il suono fastidioso (anche in funzione di rappresaglia). Né l’interruttore dell’ira scatta se il responsabile del rumore è un bambino o un animale indifeso.

 

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L’irritazione è tanto maggiore quanto più sfuggire alla tortura sonora è difficile. Un vicino di treno o di aereo che mangino rumorosamente, pop corn o chewing gum masticati al cinema fanno sentire il misofono come un animale braccato costretto in un angolo. Se poi il suono fastidioso colpisce in un’aula universitaria o una sala da conferenze, concentrarsi sulle parole diventa impossibile.

 

Viso e mani sembrano essere le parti del corpo più micidiali. Masticare pizza o biscotti croccanti e succhiare zuppe sono fra i più comuni “grilletti” dell’ira dei misofobi a tavola. Gola e naso colpiscono in secondo luogo con sgocciolamenti e sbadigli sonori. Il ricco capitolo ufficio comprende penne che scattano a ripetizione, picchiettii delle dita sul tavolo e perfino l’ormai inevitabile digitare sulla tastiera.

 

Piedi che vengono strascicati, cani che abbaiano, sedie spostate senza essere sollevate, orologi a pendolo che suonano, labbra che schioccano e dita che scrocchiano completano il quadro dei fastidi più comuni.

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In tutto, secondo uno studio dell’università della Florida del Sud pubblicato l’anno scorso, i misofobi raggiungerebbero il 20% della popolazione totale. Individui per il resto normali, senza disturbi dell’udito ma semmai, riferiscono alcune ricerche, leggermente affetti da ansia o da disturbi ossessivicompulsivi. Sono loro i primi a rendersi conto di quanto le reazioni di rabbia siano eccessive, e il trovare su internet altre persone con lo stesso tipo di disturbo è da questo punto di vista un sollievo.

 

«A dir la verità — confessa Barron Lerner, il docente di medicina autore dell’articolo sul New York Times — mi è capitato perfino di avere di fronte pazienti che esacerbavano la mia misofonia. Gli sbadigli erano una tortura particolare, ma arrivavo a sentire perfino il rumore della saliva delle persone che parlavano di fronte a me».

 

 

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