pietrostefani

TOGLIETE LA PENSIONE AI TERRORISTI - IL CASO DELL'ASSEGNO MENSILE A GIORGIO PIETROSTEFANI, MANDANTE DELL'OMICIDIO CALABRESI, APRE UNA QUESTIONE GIURIDICA COMPLESSA - IL FORZISTA GASPARRI: “NON SO SE ESISTANO GLI ESTREMI GIURIDICI…” - LA LEGGE STABILISCE CHE TUTTI, ANCHE I CONDANNATI, DEBBANO VEDER GARANTITI I MEZZI DI SOSTENTAMENTO. MA UNO SPIRAGLIO C' È: ECCO QUALE

Maurizio Tortorella per “la Verità”

 

Giorgio Pietrostefani

È giusto garantire la pensione anche a un condannato per omicidio? E gliela si può revocare, almeno, se è anche un latitante? È questo il busillis di giornata. Il settimanale Panorama ha appena rivelato (e la Verità ieri lo ha confermato) che Giorgio Pietrostefani, 75 anni, da due incassa una pensione di vecchiaia sui 1.500 euro netti mensili. La notizia ha fatto scandalo perché Pietrostefani non soltanto è stato condannato in Cassazione come mandante dell' omicidio del commissario Luigi Calabresi, ma dal 2000 è fuggito alla giustizia italiana e da 18 anni è latitante a Parigi.

 

La pena, per lui, si estinguerà nel 2027. Il punto è che nella sua vita, oltre a fondare Lotta continua, a militare nel movimento e a frequentare i tribunali da imputato, Pietrostefani ha anche lavorato in Italia e in Francia. E dal 2017, in base a una convenzione tra i due Paesi, incassa regolarmente la pensione dall' Inps: l' ultimo assegno è stato di 1.565 euro netti.

 

calabresi foto de bellis archivio alberto coppo

Dallo scandalo, ieri si è passati alla polemica politica e alle possibili soluzioni. Maurizio Gasparri, senatore di Forza Italia e presidente della Giunta per le autorizzazioni a procedere, dichiara alla Verità di essere «pronto a condividere qualsiasi iniziativa tesa a imporre una linea di maggiore severità». Quindi anche una norma che vieti l' erogazione di una pensione a chi, condannato per un reato grave come l' omicidio, si sottrae alla giustizia e si dà alla latitanza: «Non so se ne esistano gli estremi giuridici», aggiunge Gasparri, «però mi domando se, con tutte le polemiche che si sono fatte sul taglio dei vitalizi ai parlamentari, non sia giusto sanare prima una distorsione che mi pare ben più grave. Quanto a me, ovviamente penso tutto il male possibile di chi dovrebbe stare in carcere in Italia, e invece si è salvato grazie alla lobby di Lotta continua».

 

Sulla stessa linea sembra Paolo Grimoldi, deputato leghista e vicepresidente della commissione Esteri. Annunciando un' interrogazione sulla pensione di Pietrostefani, Grimoldi definisce quell' assegno «un' incredibile beffa, che si aggiunge al danno di non poter estradare questo criminale».

 

GIORGIO PIETROSTEFANI

Oggi, in realtà, il fatto che un condannato possa continuare a incassare la pensione non ha nulla di irregolare, né di illegittimo. Fino a mezzo secolo fa, al contrario, c' era una norma piuttosto severa, in materia: era il regio decreto numero 70 del 1895, che stabiliva la decadenza della pensione dopo una condanna penale. Per ricevere quella sanzione, nella pubblica amministrazione, bastava addirittura un «provvedimento disciplinare di allontanamento», in parole povere un licenziamento. Ma la norma è stata abrogata da una legge del 1964. E tre anni dopo sono stati dichiarati incostituzionali anche i suoi effetti pregressi: nel giugno 1967, infatti, la Consulta ha stabilito che vada «comunque assicurato ai lavoratori, ancorché condannati, il trattamento previdenziale conquistato attraverso la prestazione delle loro attività».

 

lotta continua calabresi

La stessa Corte costituzionale è tornata sul tema «condanne e pensioni» nel luglio 1968. In quel caso, pronunciandosi contro un decreto del ministero del Tesoro che aveva revocato l' assegno a due militari espulsi dall' Esercito per «indegnità», i supremi giudici hanno scritto che «anche chi ha commesso reati ha diritto a vivere», e richiamando l' art. 27 della Costituzione («Le pene devono tendere alla rieducazione del condannato») hanno sottolineato che «non si rieduca la persona cui si tolgono i mezzi di sussistenza, favorendo invece così la commissione di nuovi delitti». Giudizi non certo immotivati, se si vuole.

 

Giorgio Pietrostefani - Omicidio Luigi Calabresi

Va detto però che quello era il Sessantotto: cioè l' anno della prevalenza dei diritti, spesso indiscriminata. In tempi più recenti sono entrate in vigore norme più restrittive. La riforma del lavoro targata Elsa Fornero, la legge 92 del 28 giugno 2012, prevede per esempio che il giudice, quando emette una condanna per reati «di particolare allarme sociale» (dal terrorismo all' associazione mafiosa, dal voto di scambio fino alla strage), debba disporre come «sanzione accessoria» la revoca delle prestazioni assistenziali: anche l' indennità di disoccupazione, l' assegno sociale, e perfino la pensione sociale o d' invalidità civile. La legge, però, è rimasta totalmente inapplicata fino al marzo 2017 perché l' Inps non conosceva la posizione giuridica dei suoi utenti. Il vuoto è stato colmato solo nel febbraio dell' anno scorso, grazie a una convenzione con il ministero della Giustizia. La Verità ha provato a chiedere all' Inps quante siano state le pensioni revocate da allora, e anche se ce ne siano state, ma non ha ottenuto risposta.

 

gasparri

La questione «condanne e pensioni» era tornata a galla l' ultima volta nel maggio 2015, quando in Parlamento era stata approvata la modifica dei regolamenti, chiesta a gran voce dai grillini, che revocava i vitalizi a deputati e senatori condannati in via definitiva a pene superiori ai due anni.

 

Nei primi 12 mesi di applicazione avevano fatto qualche rumore i casi di Cesare Previti, Toni Negri, Francesco De Lorenzo, Silvio Berlusconi, Marcello Dell' Utri, Vittorio Cecchi Gori Poi, però, erano cominciate le reintegrazioni nell' assegno. I primi tre erano stati Massimo De Carolis (corruzione), Massimo Abbatangelo (detenzione illecita di esplosivi) e Giuseppe Astone (concussione): era bastata una riabilitazione decisa dai Tribunali di sorveglianza, ed erano subito rientrati in possesso delle loro somme. La questione, oggi, si riapre. Non più sui parlamentari, ma sui latitanti.

Giorgio Pietrostefani adriano sofriBOMPRESSI E PIETROSTEFANISofri Bompressi PietrostefaniGiorgio Pietrostefani

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