TIRO AL MERLO - “L’UCCELLO DI REPUBBLICA FA SCHIFO ANCHE AL MIO UCCELLO E LA CARTA DI QUEL GIORNALE È BUONA PER LA MERDA DI CANE”

Francesco Merlo per "la Repubblica"

All'inizio l'ho presa a ridere. Leggere «più che un merlo mi sembra una cornacchia », «merlo di nome e di fatto», «vai a cinguettare altrove», mi riportava al ginnasio quando il professore per interrogarmi diceva: «Merlo, ce la fai una cantatina?». Ma già nel pomeriggio avevo cambiato radicalmente umore.

Dopo una lunga serie di «leccaculo», «pennivendolo di regime», «l'uccello di repubblica fa schifo anche al mio uccello e la carta di quel giornale è buona per la merda di cane», un tipo con un nome che sembra vero, Umberto Vassallo, mi ha mandato nell'occhio (testuale) il suo «sputo elettronico».

E mi sono chiuso in casa, ho ingoiato tutti gli insulti, uno per uno, e ho persino rivalutato il turpiloquio quando un tal Napoleone mi ha spiegato che «sarà il Popolo a giudicare, questa è una "guerra", non l'ha scelta né Grillo né chi milita in questo movimento!! L'ha scelta chi ha ridotto il paese in queste condizioni..!».

Quindi mi è tornato agli occhi l'ancheggiare spavaldo di un teppista mafiosetto, che avevo conosciuto quando lavoravo al giornale l'Ora, leggendo Victorio Pezzolla da Milano: «Non si tratta di usare le pallottole, ma ai giornalisti che mentono, come agli stronzi di regime, una qualche rappresaglia un mio amico - non io - dice che la farebbe. Tipo strisciare le loro macchine con la chiave. Non bisogna farlo però. Però però ...».

Io sono vecchio del mestiere, ne ho viste tante e non è la prima volta che mi insolentiscono e mi minacciano, proprio come diceva ieri il solo tweet grillino che mi ha fatto simpatia: «Caro Merlo, per farti insultare non avevi bisogno della lista di Grillo». Voglio dire che sono un polemista e mi piace pure la faziosità consapevole, onesta e dichiarata, perché accende la critica, turba e frastorna, suscita sentimenti e passioni, mobilita altre leali faziosità. Insomma ho sempre pensato che le polemiche sono il sale della democrazia.

E però non mi pare un polemista ma solo un vigliacco l'uomo (o donna? chi può dirlo?) che nel chiuso della sua stanzetta, più nascosto di un black bloc con il passamontagna, sotto lo pseudonimo di Antonio Augusto pigia i tasti del suo computerino: «Bisognerebbe appostarsi e, appena passa Merlo, lanciargli secchi di merda di porco». Un tal Giovanni più pulito mi vuole «al rogo!» perché sono «un servo di Letta» e io immagino che parli del nipote. Gio66 invece spera che repubblica mi «epuri quanto prima». Fabio Giarratana dice che sono «un mangiapane a tradimento».

La firma Lorenzo apre il dibattito sulla pena da infliggermi: «Non che il giornalista debba essere gambizzato o ucciso, ma costretto a zappare la terra in un letamaio» dove, profetizza Giampaolo da Lisbona, rimarrò, «piccolo uccellino, a gracchiare solo e maledetto». Igor invece leggendomi è stato colto «da improvvisa sciolta intestinale» e perciò «stampa la pagina e ...».

Non ho ovviamente paura di nessuno di questi sporcaccioni che presi uno a uno sono ridicoli e innocui. Mi impressiona però il numero e l'altra sera mi sembrava di sentire marciare i loro tasti, come la tarantella di Morricone nel film "Allonsafan" quando battono i forconi. Solo che quelli erano i contadini poveri e questi sono gli incappucciati
digitali.

Dunque ad un certo momento le contumelie, i «caro testa di cazzo...» arrivavano da tutti i lati, e non riuscivo più a seguirne l'origine. Dal blog, dal twitter, dal mio indirizzo mail, dai commenti nel sito dove archivio i miei articoli, le ingiurie crescevano come le coppie di conigli nel famoso rompicapo matematico del Fibonacci. Ma era come se gli insulti stimolassero la mia coscienza. Non cambiavo di umore perché mi offendevo, ma perché capivo il pericolo e capivo che è un pericolo al tempo stesso vecchio e nuovo.

A questo punto, con la tecnica dell'estraniamento, mi sono staccato da me stesso. E mi sono chiesto da dove veniva quella pioggia di ingiurie e di oltraggi viscerali.
Dunque era accaduto che il mio articolo in difesa della collega Maria Novella Oppo, finita nella gogna di Grillo, mi aveva guadagnato, a mia volta, un secondo posto in gogna. E però tutto quel diluvio di scaracchi era figlio di una sola nuvola: l'editoriale di Marco Travaglio sul Fatto quotidiano che è purtroppo la casa nobile di cotanta indecenza.

In simbiosi con i picciotti dell'odio, che sono ammaestrati pavlonianamente, Marco Travaglio possiede la tecnica di innesco. E dunque domenica nel suo editoriale, dopo un premessa critica verso Grillo e a favore della Oppo che, non solo ai miei occhi esperti, è subito parsa finta, ha indicato alla truppa dei grillini l'obiettivo da colpire e ha fornito loro anche il lessico.

Scrive Travaglio: «Per gli house organ del Pd Formigoni era un corrotto e Alfano un incapace finché stavano con Berlusconi: ora che si sono messi in proprio (così almeno si crede) per sostenere il governo Napoletta diventano le reincarnazioni di Quintino Sella e Camillo Cavour». Travaglio non osa dire che repubblica è un house organ del pd agli ordini di Alfano ma lo insinua: «la prova sul campo» di questa «parodia di dialettica» è arrivata l'altroieri «con le reazioni smodate all'attacco del blog di Grillo alla Oppo: solidarietà pelose di indignati speciali, tanto smemorati quanto spudorati».

Ecco: «Chissà dove cinguettava (che ora su Repubblica paragona Grillo ai killer di Walter Tobagi, di Pippo Fava e di Giancarlo Siani) un mesetto fa, quando il neostatista Alfano chiese al padron Silvio la cacciata di Sallusti dal Giornale perché si era permesso
di attaccarlo?».

Come si vede c'è lo spruzzo del lordume che sta per venire fuori. Dall'uso del cinguettio (quello si chiama Merlo, diamogli sotto) al delirio su una mia conversione agli interessi di Alfano, (e qui il ridicolo per un lettore di repubblica è evidente), alla mistificazione sul paragone con i killer, insomma Travaglio ha dato il la a tutto quello che poi sarebbe stato spurgato sul blog. Io non sono interessato alla fenomenologia di Travaglio, non mi importa niente dell'antropologia dei piromani, noto solo che fuoco e lerciume possono far credere di vendere qualche copia in più o di far crescere l'audience. Tutti i padri nobili del giornalismo italiano di ieri e di oggi, da Montanelli sino a Scalfari, inorridiscono.

Dunque alla fine non ridevo più quando gli insulti si moltiplicavano, trecento, quattrocento, cinquecento, seicento ..., provocandomi un magone d'impotenza. Ho capito infatti che io non c'entravo nulla, che avevano fatto di me un totem, un bersaglio; che io, per un giorno, ero il giornalismo, e proprio nel senso della fatica dello spirito critico che loro tanto odiano. Non potevo fare niente, neppure quello che ti viene in mente subito, come andare dai carabinieri a denunziare la minaccia, la diffamazione, la violenza privata, reati di varia gravità che sulla rete sono impuniti.

Non sono neppure riuscito a incollerirmi, non c'era nessuno contro cui reagire. Mai però ho avuto così chiaro che Grillo e Casaleggio non sono stati ancora circoscritti e bene identificati. È vero che non sono Alba dorata ma, in un certo senso, sono peggio perché lì almeno funziona la profilassi ideale e culturale, come è sinora accaduto in Francia con Le Pen. Mentre qui c'è una complicità diffusa e una sottovalutazione, come fossero solo troller del web e non teppisti pericolosi, goliardi ingenui e non eversori malati, comici e non drammatici.

Grillo non è un nuovo sessantotto, i grillini non sono i figli sulle barricate contro i padri. I capi sono miei coetanei inaciditi che innescano, danno fuoco alle polveri e nella black list dove oggi stanno i giornalisti domani metteranno i manager, gli artisti, le figure pubbliche..., sino a quando non arriveranno al vicino di casa.

Ecco perché di notte, mentre gli insulti continuavano a piovere, io ho sognato che quella marcia di tasti diventava un unico boato, un solo grande insulto che tornava finalmente al mittente, come uno sputo controvento.

 

 

francesco merlo FRANCESCO MERLOMarco Travaglio MARCO TRAVAGLIO AL MATRIMONIO DESPOSITO VALANZANO index beppe grillo v day genova maria novella oppoGiancarlo SianiLA MORTE DI GIANCARLO SIANI

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni gennaro sangiuliano

DAGOREPORT - LE RESURREZIONI DI “LAZZARO” SANGIULIANO NON SI CONTANO PIÙ: “BOCCIATO” DA MINISTRO, RIACCIUFFATO IN RAI E SPEDITO A PARIGI, ORA SBUCA COME CAPOLISTA ALLE REGIONALI CAMPANE - ESSÌ: DIVERSAMENTE DAGLI IRRICONOSCENTI SINISTRATI, A DESTRA LA FEDELTÀ NON HA SCADENZA E GLI AMICI NON SI DIMENTICANO MAI - DURANTE I TRE ANNI A PALAZZO CHIGI, IL “GOVERNO DEL MERITO COME ASCENSORE SOCIALE” (COPY MELONI) HA PIAZZATO UNA MAREA DI EX DEPUTATI, DIRIGENTI LOCALI, TROMBATI E RICICLATI NEI CDA DELLE AZIENDE CONTROLLATE DALLO STATO - COME POTEVA LA STATISTA DELLA GARBATELLA DIMENTICARE SANGIULIANO, IMMARCESCIBILE DIRETTORE DEL TG2 AL SERVIZIO DELLA FIAMMA? IL FUTURO “GENNY DELON” ‘’ERA SALITO TALMENTE TANTO NELLE GRAZIE DELLA FUTURA PREMIER DA ESSERE CHIAMATO A SCRIVERE PARTE DEL PROGRAMMA DEI MELONIANI, INVITATO A CONVENTION DI PARTITO E, ALLA FINE, RICOMPENSATO ADDIRITTURA CON UN POSTO DI GOVERNO’’ - E’ COSÌ A DESTRA: NESSUNA PIETÀ PER CHI TRADISCE, MASSIMO PRONTO SOCCORSO PER CHI FINISCE NEL CONO D’OMBRA DEL POTERE PERDUTO, DOVE I TELEFONINI TACCIONO E GLI INVITI SCOMPAIONO… - VIDEO

giorgia meloni sigfrido ranucci elly schlein bomba

DAGOREPORT – DOBBIAMO RICONOSCERLO: GIORGIA MELONI HA GESTITO IN MANIERA ABILISSIMA IL CASO DELL'ATTENTATO A RANUCCI, METTENDO ANCORA UNA VOLTA IN RISALTO L'INETTITUDINE POLITICA DI ELLY SCHLEIN - GETTARE INDIRETTAMENTE LA RESPONSABILITA' DELL'ATTO TERRORISTICO ALLA DESTRA DI GOVERNO, COME HA FATTO LA SEGRETARIA DEL PD, È STATA UNA CAZZATA DA KAMIKAZE, ESSENDO ORMAI LAMPANTE CHE LE BOMBE SONO RICONDUCIBILI AL SOTTOMONDO ROMANO DEL NARCOTRAFFICO ALBANESE, OGGETTO DI UN'INCHIESTA DI "REPORT" - E QUELLA VOLPONA DELLA PREMIER HA RIBALTATO AL VOLO LA FRITTATA A SUO VANTAGGIO: HA CHIAMATO RANUCCI PER MANIFESTARGLI SOLIDARIETÀ E, ANCORA PIÙ IMPORTANTE, HA INVIATO TRE AUTOREVOLI ESPONENTI DI FRATELLI D’ITALIA (TRA CUI BIGNAMI E DONZELLI) ALLA MANIFESTAZIONE INDETTA DAL M5S PER RANUCCI E LA LIBERTÀ DI STAMPA - DOPO L’ATTENTATO, NESSUNO PARLA PIÙ DI UN POSSIBILE PASSAGGIO DI "REPORT" A LA7: SIGFRIDO, ORA, È INTOCCABILE… - VIDEO

giorgia meloni antonio tajani maurizio casasco marina pier silvio berlusconi salvini

DAGOREPORT - TAJANI, UNA NE PENSA, CENTO NE SBAGLIA. IL SEGRETARIO DI FORZA ITALIA CI HA MESSO 24 ORE AD ACCORGERSI CHE GIORGIA MELONI HA STRACCIATO UNO DEI SUOI CAVALLI DI BATTAGLIA IN EUROPA: IL SUPERAMENTO DEL DIRITTO DI VETO. IL MINISTRO DEGLI ESTERI È RIUSCITO A PARTORIRE SOLO UNA DICHIARAZIONE AL SEMOLINO (“HA DETTO LA SUA OPINIONE, IO PENSO INVECE CHE SI DEBBA FARE QUALCHE PASSO IN AVANTI”), MENTRE È STATO ZITTO DI FRONTE ALLE INVETTIVE ANTI-RIARMO E CONTRO L’UE DEI PARLAMENTARI LEGHISTI. IL POVERINO È ANCORA STORDITO DALLA PROMESSA, SCRITTA SULLA SABBIA, CON CUI L'HA INTORTATO LA DUCETTA: SE FAI IL BRAVO, NEL 2029 TI ISSIAMO AL QUIRINALE AL POSTO DI MATTARELLA (E CI CREDE DAVVERO) – IN TUTTO QUESTO BAILAMME, TAJANI PROVA A METTERE LE MANI SULLA CONSOB CON UNA MOSSA DA ELEFANTE IN CRISTALLERIA: NOMINARE IL DEPUTATO AZZURRO MAURIZIO CASASCO. MA SI È DIMENTICATO DI COORDINARSI CON LA FAMIGLIA BERLUSCONI, CHE NON L’HA PRESA BENE…

donald trump vladimir putin benjamin netanyahu volodymyr zelensky

DAGOREPORT – TRUMP HA FINALMENTE CAPITO CHE NON POTEVA PERMETTERSI, COME È SUCCESSO A FERRAGOSTO IN ALASKA, DI FARSI PRENDERE DI NUOVO PER CULO IN MONDOVISIONE DA PUTIN - L’INCONTRO DI BUDAPEST NON POTEVA ASSOLUTAMENTE FINIRE CON UN NUOVO FALLIMENTO, MA DI FRONTE AL NIET DI MOSCA A OGNI COMPROMESSO, HA DOVUTO RINUNCIARE – ORA CI SONO DUE STRATEGIE: O RIEMPIE KIEV DI TOMAHAWK, MISSILI IN GRADO DI COLPIRE IN PROFONDITÀ LA RUSSIA, OPPURE SCEGLIE LA STRADA MORBIDA CHE VERRÀ LANCIATA DOMANI DAL CONSIGLIO EUROPEO (L’INVIO A KIEV DI 25 BATTERIE DI MISSILI PATRIOT) – L’INNER CIRCLE “MAGA” LO PRESSA: “L’UCRAINA? LASCIA CHE SE NE OCCUPI L’UE” –  IN USA MONTA L’ONDATA DI SDEGNO PER LA SALA DA BALLO ALLA CASA BIANCA - LA STRIGLIATA A NETANYAHU DEL TRIO VANCE-WITKOFF-KUSHNER… - VIDEO

niaf francesco rocca daniela santanche arianna meloni claudia conte zampolli peronaci

DAGOREPORT: METTI UNA SERA A CENA…I FRATELLI D’AMERICA! -SEMBRAVA DI ESSERE IN UN FILM DEI VANZINA AL GRAN GALA DEL NIAF, 2180 INVITATI, 218 TAVOLI DA 150MILA DOLLARI OGNUNO, OCCUPATI DAI BOSS DELLE PARTECIPATE DI "PA-FAZZO CHIGI" (DONNARUMMA, CATTANEO, FOLGIERO, ETC.), JOHN ELKANN CHE HA TRASFORMATO IL GIARDINO DELL'AMBASCIATA IN UN AUTOSALONE (TRA MASERATI E FERRARI, TRONEGGIAVA UN TRATTORE!), FINANZIERI VARI E DE LAURENTIIS, IL GOVERNATORE ROCCA E SANTANCHÉ - CAUSA SHUTDOWN DEL GOVERNO USA, NON C'ERA ALCUN TIRAPIEDI DI TRUMP: DELUSI COLORO CHE SOGNAVANO, ATTRAVERSANDO L'ATLANTICO, DI BANCHETTARE CON SUA MAESTÀ "THE DONALD" E LA SUA "RAGAZZA PONPON" GIORGIA MELONI - QUELLI DEL NIAF HANNO "COPERTO" IL BUCO DELLE AUGUSTE PRESENZE INVITANDO ARIANNA MELONI, UNICO SEGRETARIO POLITICO PRESENTE, CHE HA COSÌ RICEVUTO IL SUO BATTESIMO NELL'AGONE INTERNAZIONALE - NON POTEVA MANCARE L’ONNIPRESENTE CLAUDIA CONTE CHE SI È FATTA RITRARRE INSIEME ALL’AMBASCIATORE PERONACI, GIA’ CONSIGLIERE DIPLOMATICO DI PIANTEDOSI, E A QUEL MARPIONE DI PAOLO ZAMPOLLI, INVIATO SPECIALE DI TRUMP - LA PASTA SCOTTA E L’ESIBIZIONE DEL PREZZEMOLONE BOCELLI - VIDEO

matteo salvini alberto stefani luca zaia

DAGOREPORT - LUCA ZAIA MINACCIAVA DI DIVENTARE UN SERIO “PROBLEMA” PER MATTEO SALVINI E FORSE LO SARÀ: NON POTENDO IL “DOGE”, PER ORDINE DI SALVINI IN COMBUTTA CON MELONI, GUIDARE UNA LISTA A SUO NOME, UNA VOLTA SBATTUTO A CAPOLISTA IL SUO ENTUSIASMO POTREBBE SCEMARE E LA LEGA IN VENETO CORRE IL RISCHIO DI UN SORPASSO DI FRATELLI D'ITALIA - EVENTUALITA' CHE METTEREBBE DI NUOVO IN DISCUSSIONE LA LEADERSHIP DEL "CAPITONE" - I RAS LOCALI HANNO CRITICATO PER ANNI SALVINI, SENZA MAI AVERE IL CORAGGIO DI SFIDUCIARLO. QUESTA VOLTA, TRA UN VANNACCI CHE SI PRENDE I PIENI POTERI NEL PARTITO E I MALUMORI PER LA "CESSIONE" DELLA LOMBARDIA A FDI, UN FLOP IN VENETO POTREBBE ESSERE LA GOCCIA CHE FA TRABOCCARE IL VASO - SE SALVINI NON RIDE IN VENETO, ELLY SCHLEIN POTREBBE PIANGERE IN CAMPANIA: IL GRILLONZO ROBERTO FICO NON ENTUSIASMA E FA INCAZZARE DE LUCA CON LE SUE LEZIONCINE ETICHE SUI CANDIDATI. TANT'E' CHE TRA I FEDELISSIMI DI DON VICIENZO È PARTITO IL FUGGI FUGGI VERSO LE SIRENE DELLA DESTRA DI POTERE...