dean martin

TU VUO’ FA L’ITALIANO – LA METAMORFOSI DI HOLLYWOOD: AVERE ORIGINI LATINE NON È PIÙ UNA VERGOGNA – ALL’INIZIO DEL '900 MENTRE I REGISTI RIVELANO CON LA “DESINENZA IN VOCALE” L'ORIGINE LATINA, ATTORI E MUSICISTI PREFERIVANO NASCONDERSI DIETRO UNO PSEUDONIMO PER NON FARSI CONFINARE IN RUOLI ETNICI – MA È PROPRIO NEL CINEMA CHE GLI ITALIANI SI CONQUISTANO IL RISPETTO LAVORANDO DURO RIBALTANDO GLI STEREOTIPI E CAMBIANDO L’APPEAL DEL BELPAESE…

Sergio Toffetti per “La Stampa”

 

dean martin e la sua famiglia

Dietro l'orchestra di Glenn Miller che suona Chattanooga choo choo - quanto di più classicamente «born in the Usa» possa venire in mente - troviamo un italo-americano: il compositore Harry Warren si chiama in realtà Salvatore Guaragna, 11 nomination e 3 Oscar, autore nel 1933 del primo grande musical, Quarantaduesima strada. Mentre i registi - da Frank Capra a Gregory La Cava - rivelano tranquillamente con la «desinenza in vocale» l'origine latina, gli attori e molti musicisti preferiscono nascondersi dietro uno pseudonimo per non farsi confinare in ruoli etnici.

martin scorsese robert de niro casino

 

Così, Mario Bianchi, Dino Crocetti, Anna Italiano, Ermes Borgino diventano Monty Banks, Dean Martin, Anne Bancroft, Ernst Borgnine. Il passaggio da «Mastro Ciccio dint' o' muvinpiccio» (protagonista di una canzoncina Anni 20 in stretto «broccolino») alle star di oggi - Madonna, Martin Scorsese, Abel Ferrara - che costruiscono il loro appeal globale sulle radici italo-americane, ce lo racconta ora Giuliana Muscio in Napoli / New York / Hollywood (Dino Audino Editore, 239 pagine, 29 euro).

gina lollobrigida frank sinatra

 

Agli inizi del 900, il cinema - che pure tanta influenza ha nel costruire l'identità americana - è in buona parte una faccenda da immigrati, ebrei e italiani in prima fila, che ancora prima di sbarcare cantano la loro nostalgia: «E 'nce ne costa lacrime st' America, a nuje napulitane; pe nuie ca 'nce chiagnimmo o cielo e' Napule, comme è ammaro stu' pane». Tra i piccoli mestieri con cui arrangiarsi c'è il cinema. Attività che, per il basso profilo sociale, si apre ai membri di una comunità etnica di incerta appartenenza alla razza bianca, perché secondo l'ufficio statistico degli Usa gli italiani sono Caucasian, non White Caucasian come gli europei del nord.

 

robert de niro e martin scorsese sul set di the irishman 1

Una diversità, anche di stazza fisica, magistralmente impersonata da Angelo Maggio, piccolo malavitoso di Brooklyn interpretato nel 1953 da Frank Sinatra in Da qui all'eternità di Fred Zinnemann. Ed è proprio il cinema il terreno dove gli immigrati (circa 5 milioni a cavallo del 900) rafforzano il senso di comunità, intavolando un dialogo con l'America per combattere gli stereotipi mafia, pizza e mandolino.

 

DEAN MARTIN E JERRY LEWIS

Gli immigrati italiani diventano italo-americani sullo schermo, oltre che combattendo nella IIGuerra Mondiale ( il più numeroso gruppo nazionale dell'esercito americano) e conquistandosi il rispetto col lavoro, come nei romanzi di John Fante o negli esordi alla regia di John Turturro in Mac (1992), storia di una famiglia di muratori; e di Robert De Niro, guidatore d'autobus in Bronx (1993) che tenta di tenere lontano il figlio dagli ambienti criminali.

 

Partendo dalle prime ondate migratorie, Giuliana Muscio ricostruisce la rete di compagnie teatrali, giornali, stazioni radiofoniche, produzioni cinematografiche che legano le comunità italiane, accompagnandone l'integrazione e mantenendo il dialogo con la cultura di provenienza. In questa realtà multiforme, tre figure spiccano: Enrico Caruso, che agli inizi del secolo riverbera sugli immigrati il prestigio culturale della tradizione operistica; Rodolfo Valentino che impone la propria fisicità latina allo star system hollywoodiano;

rodolfo valentino 6

 

e Frank Sinatra, genio musicale dalle amicizie pericolose che media i rapporti tra il clan Kennedy e la mafia; ma anche coautore, nel 1945, di The House I Live in contro l'antisemitismo; e finanziatore della comunità afroamericana, perché come dichiara in un'intervista, riferendosi agli italiani linciati nel 1891 a New Orleans: «Non c'erano soltanto i neri appesi in fondo a quelle corde. Quando avevo cinque anni mi chiamavano dago, wop, guinea. Come se io non avessi un nome. Perciò quando mi proposero di cambiarlo, risposi: il mio nome è Frank fottutissimo Sinatra». Italoamericano sarà Jack Valenti, per 38 anni potentissimo presidente dei produttori.

 

DEAN MARTIN

Ma Hollywood arruola anche Anna Magnani, Oscar per la sua madre mediterranea nel brutto film La rosa tatuata (1955); e Virna Lisi, ingaggiata al posto di Marilyn Monroe (non la farà rimpiangere) come moglie italiana di Jack Lemmon in Come uccidere vostra moglie (1965).

 

La vera e propria egemonia creativa degli Italianamericans si impone a partire dagli Anni 70, con Mean Streets (1973) di Scorsese e la saga del Padrino (1972) di Francis Ford Coppola, vero «godfather» di una «famiglia creativa» che inizia col nonno materno Francesco Pennino, musicista e proprietario di un cinema a New York, continua col padre Carmine, noto compositore, per allargarsi ai figli Sofia e Roman, alla sorella Talia Shire, al nipote Nicolas Cage.

 

frank sinatra

Anche se oggi, forse, la figura che meglio riassume il dialogo con le proprie origini resta John Turturro che, partendo da film come Illuminata (1998) su una compagnia teatrale italiana ai primi del '900, e Passione (2010), viaggio iniziatico nella musica napoletana, intraprende una ricerca delle radici culturali che lo porta oltre il cinema, con la regia del Rigoletto, la versione teatrale delle Fiabe italiane di Italo Calvino, e soprattutto il confronto con la vicenda umana di Primo Levi nella versione cinematografica della Tregua (1997).

 

john turturro danny aiello e richard edson in fa' la cosa giusta di spike lee

Dei 5 milioni di italiani, oltre il 50% tornerà indietro. Come il trasteverino Augustarello, che racconta al giovane Alberto Sordi gli alti e bassi dell'arte: ballava il tango con Valentino nei dancing di Los Angeles. Poi, il destino decise diversamente.

DEAN MARTIN

john turturro foto di baccorodolfo valentino 5rodolfo valentino 3rodolfo valentino 4john turturro nei panni di jesus quintana grande lebowski 5john turturro nei panni di jesus quintana grande lebowski 4rodolfo valentino 10

frank sinatra ava gardnerfrank sinatramartin scorsese sul set di the irishman 1frank sinatra e gina lollobrigidajackie con frank sinatramarilyn con frank sinatrafrank sinatraava gardner e frank sinatraJF KENNEDY E FRANK SINATRAjones e frank sinatra 3frank sinatra 1frank sinatra ava gardnerDEAN MARTIN E MARILYN MONROEfrank sinatra e dean martin con i figlirobert de niro e martin scorsese sul set di the irishmanDEAN MARTIN E SUA MOGLIE JEANNE

Ultimi Dagoreport

francesco milleri andrea orcel carlo messina nagel donnet generali caltagirone

DAGOREPORT - COSA FRULLA NELLA TESTA DI FRANCESCO MILLERI, GRAN TIMONIERE DEGLI AFFARI DELLA LITIGIOSA DINASTIA DEL VECCHIO? RISPETTO ALLO SPARTITO CHE LO VEDE DA ANNI AL GUINZAGLIO DI UN CALTAGIRONE SEMPRE PIÙ POSSEDUTO DAL SOGNO ALLUCINATORIO DI CONQUISTARE GENERALI, IL CEO DI DELFIN HA CAMBIATO PAROLE E MUSICA - INTERPELLATO SULL’OPS LANCIATA DA MEDIOBANCA SU BANCA GENERALI, MILLERI HA SORPRESO TUTTI RILASCIANDO ESPLICITI SEGNALI DI APERTURA AL “NEMICO” ALBERTO NAGEL: “ALCUNE COSE LE HA FATTE… LUI STA CERCANDO DI CAMBIARE IL RUOLO DI MEDIOBANCA, C’È DA APPREZZARLO… SE QUESTA È UN’OPERAZIONE CHE PORTA VALORE, ALLORA CI VEDRÀ SICURAMENTE A FAVORE” – UN SEGNALE DI DISPONIBILITÀ, QUELLO DI MILLERI, CHE SI AGGIUNGE AGLI APPLAUSI DELL’ALTRO ALLEATO DI CALTARICCONE, IL CEO DI MPS, FRANCESCO LOVAGLIO - AL PARI DELLA DIVERSITÀ DI INTERESSI BANCARI CHE DIVIDE LEGA E FRATELLI D’ITALIA (SI VEDA L’OPS DI UNICREDIT SU BPM), UNA DIFFORMITÀ DI OBIETTIVI ECONOMICI POTREBBE BENISSIMO STARCI ANCHE TRA GLI EREDI DELLA FAMIGLIA DEL VECCHIO RISPETTO AL PIANO DEI “CALTAGIRONESI’’ DEI PALAZZI ROMANI…

sergio mattarella quirinale

DAGOREPORT - DIRE CHE SERGIO MATTARELLA SIA IRRITATO, È UN EUFEMISMO. E QUESTA VOLTA NON È IMBUFALITO PER I ‘’COLPI DI FEZ’’ DEL GOVERNO MELONI. A FAR SOBBALZARE LA PRESSIONE ARTERIOSA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SONO STATI I SUOI CONSIGLIERI QUIRINALIZI - QUANDO HA LETTO SUI GIORNALI IL SUO INTERVENTO A LATINA IN OCCASIONE DEL PRIMO MAGGIO, CON LA SEGUENTE FRASE: “TANTE FAMIGLIE NON REGGONO L'AUMENTO DEL COSTO DELLA VITA. SALARI INSUFFICIENTI SONO UNA GRANDE QUESTIONE PER L'ITALIA”, A SERGIONE È PARTITO L’EMBOLO, NON AVENDOLE MAI PRONUNCIATE – PER EVITARE L’ENNESIMO SCONTRO CON IL GOVERNO DUCIONI, MATTARELLA AVEVA SOSTITUITO AL VOLO ALCUNI PASSI. PECCATO CHE IL TESTO DELL’INTERVENTO DIFFUSO ALLA STAMPA NON FOSSE STATO CORRETTO DALLO STAFF DEL COLLE, COMPOSTO DA CONSIGLIERI TUTTI DI AREA DEM CHE NON RICORDANO PIU’ L’IRA DI MATTARELLA PER LA LINEA POLITICA DI ELLY SCHLEIN… - VIDEO

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE AMERIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO