miniere criptovalute

MAI DIRE MINER: LE CRIPTOVALUTE SONO UN GROSSO RISCHI OPER L'AMBIENTE - IL VICEPRESIDENTE DELL'AUTORITÀ EUROPEA DEGLI STRUMENTI FINANZIARI E DEI MERCATI, ERIK THEDÉEN, CONTRO L'INQUINAMENTO CAUSATO DAI "MINATORI" DI MONETE VIRTUALI:  "DOBBIAMO DISCUTERE SUL PASSAGGIO DEL SETTORE A UNA TECNOLOGIA PIÙ EFFICIENTE" – LA PROPOSTA? DI VIETARE L’ESTRAZIONE E LA CIRCOLAZIONE IN EUROPA DI CRIPTOVALUTE CHE UTILIZZINO L’ALGORITMO “PROOF OF WORK”...

Pasquale Agizza per www.dday.it

 

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Vietare l’estrazione e la circolazione in Europa di criptovalute che utilizzino l’algoritmo Proof of Work e incentivare il Proof of Stake. È questa la proposta portata sul tavolo della Commissione Europea da Erik Thedéen, Vicepresidente dell'Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA).

 

Secondo il dirigente, le enormi quantità di energia elettrica consumate durante le operazioni di mining sarebbero un ostacolo verso il raggiungimento dell’obiettivo della UE di ridurre, in maniera importante, l’inquinamento da gas serra.

 

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Attualmente, due delle più importanti criptovalute - Bitcoin ed Ethereum - utilizzano algoritmi di tipo Proof of Work e potrebbero essere, dunque, passibili di ban in Europa se la proposta dovesse trasformarsi in un regolamento.

 

Da segnalare, però, che la proposta di Erik Thedéen non vuole essere punitiva col mondo delle criptovalute in generale. Come detto, si parla di un ban solo per quelle che utilizzano l’algoritmo Proof of Work, che potrebbero però continuare a trovare terreno fertile in Europa qualora passassero - come ha già in programma Ethereum - all’algoritmo Proof of Stake, molto meno dispendioso dal punto di vista energetico.

 

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L'ALGORITMO PROOF OF WORK: ECCO PERCHÈ IL MINING CONSUMA COSÌ TANTA ENERGIA

Volendo semplificare al massimo il concetto di Proof of Work, possiamo affermare che consiste nella realizzazione, da parte dei componenti di una rete, di un lavoro molto gravoso in termini di potenza computazionale, allo scopo di accedere ad una ricompensa.

 

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È la cosiddetta operazione di mining, in cui i diversi partecipanti di una blockchain competono tra loro impiegando tutta la loro potenza per la risoluzione di un problema affidato dalla rete cui partecipano. Il problema deve essere sufficientemente complesso da scoraggiare attacchi all'integrità della blockchain, ma allo stesso tempo non così tanto da rallentare l'operatività della rete. Come si può immaginare, è questa la parte critica dell’intero funzionamento della blockchain: utilizzare tutta la potenza possibile vuol dire anche consumare tantissima energia elettrica.

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Una volta risolto il rompicapo, il client condivide il risultato con la rete per la verifica e, con la conferma che l'attività è stata completata, il client ottiene quindi l’agognato “premio”, tipicamente un’unità di una criptovaluta o una porzione di essa.

 

Il sistema del Proof of Work è stato studiato per assicurare l'integrità della blockchain e incentivare la partecipazione dei nodi nel processo di validazione delle transazioni, ma come visto, ha anche un grande svantaggio: il lavoro ad alta intensità di calcolo di un algoritmo Proof of Work comporta il consumo di grandissime quantità d'energia elettrica da parte dei computer che partecipano al mining.

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Per dare una misura concreta all’affermazione "grandi quantità di energia elettrica", basti pensare che, secondo un rapporto dell’Università di Cambridge, l'estrazione di bitcoin in tutto il mondo lo scorso anno ha consumato più elettricità rispetto a quella consumata dall’intera Argentina. In termini di inquinamento, si parla della stessa quantità di gas serra prodotti, in un anno, da una nazione delle dimensioni del Kuwait.

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L'INIZIATIVA PUÒ ESSERE LODEVOLE, MA L'EUROPA È SOLO UNA PICCOLISSIMA PARTE DEL PROBLEMA

Sembra chiaro, quindi, che ad un sempre maggior successo delle criptovalute che utilizzano sistemi di questo tipo corrisponda un’importante impennata dei gas serra prodotti, una situazione che non fa altro che allontanare la UE dal suo ambizioso progetto di ridurre le emissioni di gas serra del 55% entro i prossimi dieci anni.

 

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Da segnalare, in chiusura che, nonostante l’appello di Erik Thedéen tocchi una parte fondamentale del mondo delle cripto, l’Europa rappresenta al momento una fetta molto piccola nel campo del mining.

 

Se sommiamo il numero di operazioni di mining effettuate in Germania, Francia, Svizzera ed Italia si arriva infatti a mala pena al 5% delle intere operazioni di mining mondiali.

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