IL VOLO PIÙ PAZZO DEL MONDO – VIRATE, CAMBI DI ROTTA, UN BUCO DI 7 ORE E UNA META ‘IMPOSSIBILE’: PER IL BOEING MALESE TORNA L’IPOTESI DIROTTAMENTO - SOSPETTATI I DUE PILOTI E L’INGEGNERE DI BORDO

Guido Olimpio e Guido Santevecchi per ‘Il Corriere della Sera'

Una fila di fronte al «gate»: sul tabellone la scritta MH370 Kuala Lumpur-Pechino. Un volo come tanti, una scena che conosciamo tutti, con la hostess che controlla la carta d'imbarco e augura buon volo. Ma il Boeing 777 della Malaysia Airlines decollato alle 00.41 di sabato 8 marzo non è mai arrivato a Pechino alle 06.30 come prevedeva l'orario. È finito in mezzo all'Oceano Indiano meridionale intorno alle 08.11 di quella mattina. Dopo ore di un volo ancora senza spiegazioni. Un viaggio quasi alla fine della Terra. L'aereo brucia il carburante, quindi finisce in mare seguendo le istruzioni dei computer, infine sparisce avvolto dall'acqua.

Il più grande mistero nella storia dell'aviazione civile inizia alle 2.15 dell'8 marzo. A quell'ora un radar militare malaysiano traccia il jet sulla rotta P628, direzione Nordovest, in avvicinamento al punto aeronautico «Igrex» (waypoint) e non lontano dalle isole Andamane, India. Il «poi» si affida alle interpretazioni e ai segnali captati dal satellite a intervalli regolari. È in questa area geografica che il 777 vira ancora, questa volta verso Sud. Un lungo sentiero che lo porterà molte ore più tardi oltre l'Australia.

Il primo interrogativo è chi ha impostato le coordinate geografiche. Il secondo perché, ossia il motivo di quell'inquietante percorso. Dopo il decollo il jet ha compiuto diverse manovre non previste che lo hanno portato lontano dalla sua meta. L'ormai famosa deviazione a Ovest, la discesa a 12 mila piedi, l'impennata fino a 45 mila. Cambiamenti inattesi e anormali rispetto ad un volo tradizionale. Su questo tutti sono d'accordo. Poi le analisi si complicano.

L'interpretazione di alcuni investigatori, sostenuti anche dagli esperti, è che nella cabina di pilotaggio sia avvenuto un evento criminale. Le autorità hanno ribadito ieri che nessuno dei passeggeri ha offerto spunti investigativi o lati oscuri. Di conseguenza i sospetti sono tornati sui due piloti e l'ingegnere di bordo. Uno di loro - è la tesi per ora senza prove certe - ha dirottato il jet.

Con spostamenti che hanno seguito i «waypoint», lungo vie ben note a chi vola. Interessante, rileva l'esperto David Cenciotti, l'avvicinamento a «Igrex»: «Potrebbe indicare la volontà di andare a Nord e non certo al Polo Sud. Inoltre c'è la coincidenza che alle 2.15 il jet malaysiano si è trovato nello stesso punto di un altro 777, l'Emirates EK343, diretto a Dubai». Voleva usare la scia dell'aereo "gemello"?».

Tutto avviene in silenzio radio, con il transponder muto e spostamenti eseguiti da mano esperta. Che, però, ad un certo momento inserisce nel sistema di navigazione i «numeri» che portano l'aereo dove nessuno mai avrebbe immaginato. Ma perché dovrebbe dirottare un jet in un angolo di mondo privo di piste d'atterraggio? Voleva uccidersi facendo sparire per sempre il velivolo e puntando magari sull'impossibilità di recuperare il relitto?
L'alternativa è un imprevisto nei piani del dirottatore.

Quando il jet è nei pressi di «Igrex» si verifica un evento inatteso e drammatico. Qualcuno «ri-dirotta» il 777 ponendolo con la prua rivolta a Sud. Un percorso che non sembra avere una spiegazione plausibile. E questo offre argomenti a coloro che pensano ad una situazione mai vista. A causarla problemi tecnici insormontabili, difficoltà tali da impedire anche la più breve delle comunicazioni radio. La rotta Sud è l'ultimo gesto del pilota, forse doveva essere seguito da un altro solo che non riesce più a farlo perché privo di sensi o morto.

All'incertezza della meta, definita «impossibile», si unisce quella sulle condizioni dei passeggeri. Mentre il jet proseguiva la sua Odissea erano ancora in vita? Probabilmente erano già stati asfissiati dalla decompressione. Nel caso si sia trattato di un dirottamento si sono ribellati? Dopo l'11 settembre tutti sono pronti a vender cara la pelle. Interrogativi che prendono allo stomaco.

E per restare ai dubbi c'è quello sull'intelligence. Magari ha in mano qualcosa di più. Non la soluzione completa del mistero ma degli indizi. Informazioni riservate nascoste dietro i comunicati ufficiali di Inmarsat, l'agenzia britannica che ha decifrato i ping del radar usando sistemi «mai provati prima di oggi». In questi ultimi due anni ne abbiamo sentite di storie su cosa siano in grado di ascoltare l'Nsa americana e la sua controparte cinese, non proprio sorda e cieca.

Senza costruire miti o complotti, non è azzardato pensare che una mezza idea se la siano fatta. Comunque sanno dove guardare. Infatti, come ha rivelato il Wall Street Journal , statunitensi e britannici hanno fornito delle dritte. Ora tutti sperano che si possano prima trovare, poi recuperare le scatole nere. Alle loro batterie restano meno di 15 giorni di vita. E poi non è detto che contengano tutte le risposte alle domande che ci stiamo facendo dall'8 marzo.

 

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