giulia ligresti

LA VITA IN CARCERE DI GIULIA LIGRESTI: “OGNI MATTINA CORREVO PER CHILOMETRI NEL QUADRATO DEL CORTILE, ANCHE QUANDO PIOVEVA. ALLE 11 SALIVO, AVVOCATI, COLLOQUI E ALLE 13 TORNAVO GIÙ E ANCORA CORSA E ALLE 16 COMINCIAVO I CORSI - A VERCELLI STAVO MALE, PENSAVO AI MIEI FIGLI. STAVO IMPAZZENDO. E HO PATTEGGIATO. ERO IN CELLA DA SOLA. FACEVO QUALCHE FLESSIONE PER MUOVERMI, MA PER 23 ORE STAVO LÌ. FRA LA TURCA E LA BRANDA. ERA AGOSTO. UN INFERNO…”

Paola Pollo per il “Corriere della Sera”

GIULIA LIGRESTI

 

Unbroken. Unbroken. Unbroken. Cioè «non farti spezzare». Lo ha scritto centinaia di volte. Per 21 giorni. In stampatello. In corsivo. A lettere piccolissime. A caratteri cubitali. Nel grande block notes a quadretti, stropicciato e con le orecchie agli angoli. «Cara bimba mia, senza di te non ce l'avrei mai fatta». E più in là: Unbroken . «Amici vi sento tutti vicini». Unbroken . Mai smettere, mai smettere, mai smettere. Di crederci. Alla giustizia, alla verità, alla famiglia. E quando le porte di San Vittore si sono chiuse alle sue spalle, quella parola-mantra è diventata un impegno: «Ciò che è accaduto a me non deve succedere a nessuno, mai più».

 

GIULIA LIGRESTI IN INDIA

Giulia Ligresti, pochi giorni dopo la sentenza che l'ha assolta dalle accuse di falso in bilancio e aggiottaggio nel caso Fonsai, annullando il patteggiamento e 62 giorni di carcere, è un fiume in piena di emozioni e sentimenti. Ma non c'è una Giulia prima e dopo la vicenda giudiziaria. Quella che si racconterà in queste righe è lei, un po' la ragazza sportiva che cercava il vento sul mare, un po' la giovane che cercava la sua strada negli impegni di famiglia, un po' la madre con in braccio (sempre) Ginny, Federico e Leonardo, un po' la persona impegnata nel sociale e, sì, un po' anche la donna alla quale piaceva fare shopping.

 

GIULIA LIGRESTI ALLA MENSA DEI POVERI

Perché no? Quello che le è successo ha aggiunto, più che tolto. Un solo desiderio, impossibile: «Che ci fosse papà (l' ingegnere Salvatore Ligresti, ndr ) e con lui ricostruire la storia: Milano non sarebbe quella che è ora se non ci fosse stata la sua determinazione e visione».

 

I ricordi cominciano dai pantaloni con la striscia bianca che indossa.

«Li portavo in carcere. Comodi vero? Ovs. Quando sono uscita ho regalato tutto. Ma non questi. E non le ciabatte, quelle bisogna buttarle; come lo spazzolino, che devi spaccare in due: è il rito del non ritorno. I primi vestiti invece me li ha rubati una detenuta che è uscita all' improvviso. Poi la mia compagna di stanza mi ha detto: "Giulia, mi stai simpatica, ma cosa pensavi? Siamo in carcere. Con me nessuno oserà più portarti via nulla. Mai più.

GIULIA LIGRESTI ALLA MENSA DEI POVERI

 

A San Vittore, ho trovato un'umanità incredibile, dalle compagne al direttore, la vicedirettrice e gli assistenti. Quando mi hanno detto che sarei andata via, ho pensato: come faccio con la partita di pallavolo contro il maschile? E le mie allieve del corso di yoga? È stato un secondo, poi è esplosa la felicità di riabbracciare i miei. Però ho promesso a tutte che le lezioni le farò. Vediamo.

 

Quando sono uscita c'era la ola. Non ho mai smesso di crederci e ho impegnato tutto il tempo di cose. Mie e delle altre. Sempre attenta a non urtare nessuno. Una legge che devi imparare: il rispetto degli spazi che lì sono soggettivi. C'è tanta aggressività e violenza, tanta energia compressa. Il carcere non è solitudine, come erroneamente si pensa. È invece condivisione, più di qualunque altro luogo. È solidarietà, comunione, sopravvivenza, ossessione. Ogni discorso è ripetuto all' infinito, ogni novità vissuta come un evento speciale. E ogni cambiamento fa paura».

 

La prima volta vennero all'improvviso, la seconda se l'aspettava.

LO SHOPPING DI GIULIA LIGRESTI

«Era l'una di notte quando entrai in cella, per fortuna a Milano, avevo la forza dei miei figli, l'abbraccio dei miei fratelli e di tutti i nipoti. Ogni mattina, dentro, correvo per chilometri nel quadrato del cortile, anche quando pioveva. Alle 11 salivo, avvocati, colloqui e alle 13 tornavo giù e ancora "tu-tu-tu" (la corsa, ndr ) e alle 16 cominciavo i corsi: giornalismo, musica, palestra, canto gospel, sartoria. Suor Chicca mi diceva: "Giulia non ti trovo mai". E poi il mio corso di yoga. Pensavo a Vercelli e a quei 41 giorni d' inferno. A Milano ho detto a tutti "se mi muovo posso farcela". E alla sera, giocavo a carte con le altre: all' assassino, sì, ho imparato. E riso, tanto. E pianto».

 

Già, Vercelli, dove aveva deciso di non mangiare più.

LO SHOPPING DI GIULIA LIGRESTI

«Stavo male, pensavo ai miei figli. Stavo impazzendo. E ho patteggiato. Leo aveva 9 anni. Le zanzare mi massacravano. Ero in cella da sola. Facevo qualche flessione per muovermi, ma per 23 ore stavo lì. Fra la turca e la branda. Era agosto. Un inferno. Lì sì che la solitudine mi ha piegata, annientata, non trovavo una ragione. Mi sentivo innocente, ma nessuno sentiva la voce che urlava dentro di me. Uscivano notizie non controllate. E l'idea che chi non mi conosceva era lì a sputare sentenze e giudizi sulla base di ciò che veniva raccontato e scritto, spesso con un fine preciso, mi distruggeva, giorno dopo giorno. Nel mio caso, volevano farmi apparire ridicola e superficiale, nel modo più maschilista e meschino, utilizzando stereotipi del tipo shopping uguale oca ricca e viziata».

GIULIA LIGRESTI

 

La prima volta che uscì è stata rabbia o desiderio di farla pagare a tutti, o resa?

«Nulla di tutto questo. Ero felice di riabbracciare i miei figli, la mia famiglia. Mi stupì e mi stupisce ancora quanto non ci si rende conto che anche i gesti più banali e normali siano preziosi: ora trovo insopportabile chi non lo capisce. In carcere sono vite rinchiuse, ma vite con un quotidiano che è sopravvivenza alla quale nessuno è abituato.

 

GIULIA LIGRESTI

È uno zoo umano di culture, abitudini, mentalità e background sociali dove come in una babele ognuno cerca i propri simili. Ricevevo e cercavo di dare sempre qualcosa agli altri. Lì è così. Senza Elena, Anna, Giada, Michela, Radu e molte altre non ce l'avrei fatta. Quei giorni - difficilissimi - mi sono entrati nella pelle; un'esperienza fortissima, mai io non ho mai voluta una vita banale. La maggior parte delle ragazze là dentro però merita una seconda possibilità».

 

Cosa sogna ora?

GIULIA LIGRESTI

«Di tornare in India dai miei bambini della Vanaprastha Children's Home a sud di Bangalore, riprendere ad andare in Afghanistan, e nella striscia di Gaza. E voglio raccogliere attrezzature sportive per il progetto con i bambini "Sport e resilienza: una speranza per la Siria". Voglio andare a trovare mio figlio Federico a Manila. E poi c'è il mio lavoro nel design, al salone sarò in mostra con i miei oggetti "Imperfect Love". Questa ero io e questa sono io. Mai più altro».

Ultimi Dagoreport

francesco milleri andrea orcel carlo messina nagel donnet generali caltagirone

DAGOREPORT - COSA FRULLA NELLA TESTA DI FRANCESCO MILLERI, GRAN TIMONIERE DEGLI AFFARI DELLA LITIGIOSA DINASTIA DEL VECCHIO? RISPETTO ALLO SPARTITO CHE LO VEDE DA ANNI AL GUINZAGLIO DI UN CALTAGIRONE SEMPRE PIÙ POSSEDUTO DAL SOGNO ALLUCINATORIO DI CONQUISTARE GENERALI, IL CEO DI DELFIN HA CAMBIATO PAROLE E MUSICA - INTERPELLATO SULL’OPS LANCIATA DA MEDIOBANCA SU BANCA GENERALI, MILLERI HA SORPRESO TUTTI RILASCIANDO ESPLICITI SEGNALI DI APERTURA AL “NEMICO” ALBERTO NAGEL: “ALCUNE COSE LE HA FATTE… LUI STA CERCANDO DI CAMBIARE IL RUOLO DI MEDIOBANCA, C’È DA APPREZZARLO… SE QUESTA È UN’OPERAZIONE CHE PORTA VALORE, ALLORA CI VEDRÀ SICURAMENTE A FAVORE” – UN SEGNALE DI DISPONIBILITÀ, QUELLO DI MILLERI, CHE SI AGGIUNGE AGLI APPLAUSI DELL’ALTRO ALLEATO DI CALTARICCONE, IL CEO DI MPS, FRANCESCO LOVAGLIO - AL PARI DELLA DIVERSITÀ DI INTERESSI BANCARI CHE DIVIDE LEGA E FRATELLI D’ITALIA (SI VEDA L’OPS DI UNICREDIT SU BPM), UNA DIFFORMITÀ DI OBIETTIVI ECONOMICI POTREBBE BENISSIMO STARCI ANCHE TRA GLI EREDI DELLA FAMIGLIA DEL VECCHIO RISPETTO AL PIANO DEI “CALTAGIRONESI’’ DEI PALAZZI ROMANI…

sergio mattarella quirinale

DAGOREPORT - DIRE CHE SERGIO MATTARELLA SIA IRRITATO, È UN EUFEMISMO. E QUESTA VOLTA NON È IMBUFALITO PER I ‘’COLPI DI FEZ’’ DEL GOVERNO MELONI. A FAR SOBBALZARE LA PRESSIONE ARTERIOSA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SONO STATI I SUOI CONSIGLIERI QUIRINALIZI - QUANDO HA LETTO SUI GIORNALI IL SUO INTERVENTO A LATINA IN OCCASIONE DEL PRIMO MAGGIO, CON LA SEGUENTE FRASE: “TANTE FAMIGLIE NON REGGONO L'AUMENTO DEL COSTO DELLA VITA. SALARI INSUFFICIENTI SONO UNA GRANDE QUESTIONE PER L'ITALIA”, A SERGIONE È PARTITO L’EMBOLO, NON AVENDOLE MAI PRONUNCIATE – PER EVITARE L’ENNESIMO SCONTRO CON IL GOVERNO DUCIONI, MATTARELLA AVEVA SOSTITUITO AL VOLO ALCUNI PASSI. PECCATO CHE IL TESTO DELL’INTERVENTO DIFFUSO ALLA STAMPA NON FOSSE STATO CORRETTO DALLO STAFF DEL COLLE, COMPOSTO DA CONSIGLIERI TUTTI DI AREA DEM CHE NON RICORDANO PIU’ L’IRA DI MATTARELLA PER LA LINEA POLITICA DI ELLY SCHLEIN… - VIDEO

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE AMERIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO