È MORTO IL GRANDE FOTOGRAFO GABRIELE BASILICO - 69 ANNI, CELEBRE PER I SUOI PAESAGGI URBANI IN BIANCO E NERO: “CON LA FOTOGRAFIA NON PUOI GIUDICARE IL MONDO, MA PUOI FARE UNA COSA MOLTO PIÙ NECESSARIA: MISURARLO. PRENDERE LE MISURE DEI LUOGHI DA NOI CREATI È PIÙ IMPORTANTE, PIÙ URGENTE CHE GUARDARLI. PER QUESTO VADO NEI LUOGHI MODIFICATI DELLA CIVILTÀ CON UNO SGUARDO SCIENTIFICO, SOGGETTIVO E POLITICO”…

Da http://smargiassi-michele.blogautore.repubblica.it

Una notizia che non avrei voluto darvi. Gabriele Basilico ci ha lasciati, nel primo pomeriggio di oggi, dopo un breve ricovero ospedaliero. Era ammalato da poco più di un anno, ma aveva continuato a lavorare con l'energia e lo slancio di sempre.

La fotografia italiana e internazionale ha perso uno dei suoi più grandi autori, un maestro della misurazione dello spazio e dell'analisi dell'ambiente urbano, un intellettuale impegnato e profondo, una bandiera della nostra cultura visuale.

Fotocrazia lo aveva intervistato alcuni mesi fa. Un abbraccio forte a Giovanna Calvenzi, la sua compagna, e a tutti i suoi più cari amici.


Intervista di Michele Smargiassi a Gabriele Basilico per "Repubblica-Sera" del 14 marzo 2012

«Le fotografie si fanno con i piedi». Si fanno misurando lo spazio con passi lenti prima di piantare il cavalletto, e poi aspettando con pazienza, con sguardo lento, che la pancia della macchina, obbediente, rumini e digerisca l'immagine.

Gabriele Basilico, un caposcuola internazionale della fotografia del paesaggio urbano, lavora così da oltre trent'anni, «nei luoghi modificati dalla civiltà urbana, nei territori che diventano un'altra cosa, chiedendomi ogni volta: cosa succede qui, dove prima c'era qualcos'altro? Solo la fotografia può gettare su questi luoghi uno guardo che è assieme scientifico, soggettivo e politico».

Basilico, esiste uno sguardo fotografico italiano?

«Se ne esiste uno, non l'abbiamo creato noi italiani. La fotografia italiana è sempre stata costruita culturalmente sotto l'influenza di miti stranieri. Sono le opinioni sull'Italia fuori dall'Italia a definire cos'è una fotografia tipica italiana. Le fotografie di Letizia Battaglia per esempio sono riconosciute come italianissime perché raccontano la mafia, che è un cliché dell'italianità per il mondo. I curatori stranieri promuovono quel che pensano sia tipico italiano, cercano immagini che rievochino il neorealismo, oppure un certo surrealismo felliniano. Negli anni Ottanta un curatore americano, Charles Traub, mi chiese stupito come mai non ci fossero grandi fotografi italiani di cibo, "con la vostra cucina..."».

Ma nelle sue fotografie di scenari urbani forse c'è un pezzo di tradizione italiana, la fotografia di paesaggio, i monumenti...

«Gli Alinari, intende? Ma anche loro non hanno inventato nulla di specificamente italiano. La fotografia di veduta era un genere europeo, erede delle incisioni del Grand Tour, i turisti dovevano poterla comprare dovunque andassero, e l'Italia era invasa dai turisti. Italiano fu semmai un certo loro modo di organizzarsi commercialmente, ma gli stili e le tecniche di ripresa rispondevano agli elevati standard dell'immaginario internazionale».

Allora, in Italia fotografi senza patria?

«Questo è un paese delle diversità, o almeno lo è stato. Mille campanili, mille visioni. Certo qualcosa di comune volendo si trova tra Migliori, Donzelli, Monti, Roiter, ma chi li conosce bene vede le differenze più che il "genere". Forse solo con la generazione di Ghirri e con il suo Viaggio in Italia, della cui avventura feci parte anch'io, ci fu uno sforzo di cercare un linguaggio nuovo, comune, aderente al nostro paesaggio. Ma uno sguardo "nazionale" forse andrebbe con pazienza cercato studiando il gusto medio evoluto dei fotoamatori».

Lei è stato uno di loro?

«No, non ho mai fatto fotografie alla domenica, non sono mai stato "di scuola"... Vengo dagli studi di architettura, iniziai fotografando interni, oggetti di design, arredi, per uso funzionale... Io nasco sotto l'influsso di Blow-Up di Antonioni, che disegnò una figura di fotografo snob, anarchico, cercatore, che è più anglosassone che italiano. Però erano anni in cui la coscienza politica ti imponeva altro, e allora uscivo e fotografavo il "sociale": manifestazioni, cortei, periferie... E già lì cominciavo a intuire il ruolo degli spazi nella società. Poi un giorno vidi una mostra dei Becher, con quelle loro collezioni maniacalmente ripetitive di manufatti industriali, come album di figurine, e fu una folgorazione. Capii allora un principio che resta fondamentale per il mio lavoro ancora oggi: con la fotografia non puoi giudicare il mondo, ma puoi fare una cosa molto più necessaria: misurarlo. Prendere le misure dei luoghi da noi creati è più importante, più urgente che guardarli».

Lei è stato l'unico italiano convocato dal più grande progetto pubblico moderno di censimento fotografico di un paese, la missione francese della Datar: fu chiamato per questo?

«Fui chiamato perché uno dei curatori, Bernard Latarjet, vide i miei Ritratti di fabbriche a Milano, non credo gli importasse il mio passaporto, voleva uno sguardo che, come quello degli altri autori del progetto, leggesse un paesaggio che gli amministratori pubblici non capivano più, e lo facesse fuori dall'aneddoto e dal reportage. Credo di avere partecipato alla definitiva chiusura di un'epoca, quella del reportage umanista stile Cartier-Bresson, che era ormai in difficoltà nel mondo post-industriale, dopo la caduta delle grandi ideologie».

Lei è considerato il Piranesi della civiltà urbana: almeno questa è un'eredità italiana che riconoscerà...

«Mi sono confrontato anche di recente con la sua visione, e qualcosa abbiamo in comune: il desiderio di dominare lo spazio con lo sguardo, di vederlo come un insieme ma anche in ogni suo dettaglio. Per me però è più importante la lezione di Walker Evans: il rispetto, non indifferente ma etico, della realtà che ti sta davanti agli occhi».

 

Ritratti di Architettura Gabriele Basilico Gabriele Basilico Gabriele Basilico gabriele basilico Gabriele Basilico Gabriele Basilico Gabriele Basilico Roma Gabriele Basilico Monaco

Ultimi Dagoreport

elly schlein giuseppe conte goffredo bettini gaetano manfredi piero vincenzo de luca roberto gualtieri silvi salis vincenzo decaro michele emiliano

DAGOREPORT - IL PD GUIDATO DA ELLY SCHLEIN? E' COME "'A PAZZIELLA 'MMAN 'E CRIATURE". IL GIOCATTOLO STA IN MANO AI BAMBINI. E LORO CHE FANNO? CI GIOCANO, SO' BAMBINI. E LO FANNO A PEZZI - CONFONDENDO LA LEADERSHIP CON L'AMBIZIONE, LA SEGRETARIA DEL PD SI E’ RINTANATA IN UN BUNKER: DIFFIDA DI TUTTI E SI CIRCONDA SOLO DEI SUOI “PASDARAN”: BONAFONI, ALIVERNINI E TARUFFI - NON SOPPORTA L’ASSE TRA CONTE E BETTINI; VIVE CON LA PAURA CHE BONACCINI VOGLIA SOSTITUIRLA AL PRIMO PASSO FALSO E CHE SILVIA SALIS LE FREGHI LA SEGRETERIA – SOSPETTI VERSO IL SINDACO DI NAPOLI GAETANO MANFREDI, POSSIBILE “PAPA STRANIERO” DEL “CAMPO LARGO” – ELLY DIFFIDA (EUFEMISMO) DI PRODI, CHE NON LA VEDE CANDIDATA PREMIER, E DI FRANCESCHINI, CHE LA PENSA ALLO STESSO MODO MA NON LO DICE - IL FASTIDIO VERSO MISIANI, GUALTIERI, MANCINI E ONORATO - VOLEVA ELIMINARE I ''CACICCHI'' MA HA RINCULATO CON DE LUCA E SOFFRE LE SMANIE DI EMILIANO IN PUGLIA - QUALCHE ANIMA PIA SPIEGHI ALLA GRUPPETTARA DI BOLOGNA CHE NON SIAMO ALL’OCCUPAZIONE DEL LICEO, NÉ TANTOMENO SUL CARRO DEL PRIDE DOVE SI È ESIBITA IN MODALITÀ “CUBISTA” SULLE NOTE DI “MARACAIBO” (VIDEO)

beppe grillo marco travaglio giuseppe conte elly schlein eugenio giani

DAGOREPORT: IL CONTE TRAVAGLIATO - DI BOTTO, SIAMO RITORNATI AI TEMPI DI BEPPE GRILLO: SULL’OK ALLA CANDIDATURA IN TOSCANA DEL DEM EUGENIO GIANI, CONTE NON TROVA IL CORAGGIO DI METTERCI LA FACCIA E RICICCIA IL ''REFERENDUM'' ONLINE TRA GLI ISCRITTI, L’UNO VALE UNO, LA “BASE” DA ASCOLTARE - MA L'EX "AVVOCATO DEL POPOLO" NON DOVEVA ESSERE IL LEADER CHE I 5STELLE NON HANNO MAI AVUTO, QUELLO CHE SI IMPONE E TRACCIA LA VIA AL SUO PARTITO? - DATO CHE GIANI, PER VINCERE, PUO' FARE A MENO DEI VOTI 5STELLE, NEL PD S'INCAZZANO CON LA SUBALTERNITÀ A CONTE DI ELLY SCHLEIN CHE HA ACCETTATO E PROMOSSO LA CANDIDATURA DEL 5STELLE ROBERTO FICO IN CAMPANIA: "QUESTI INGRATI È MEGLIO LASCIARLI CHE PRENDERLI" - MA TRA ELLY E PEPPINIELLO, C’È DI MEZZO LA COLONNA DI PIOMBO DI MARCO TRAVAGLIO, CHE DETTA OGNI MATTINA I DIECI COMANDAMENTI DELL'IDEOLOGIA M5S, CONVINTO COM'È CHE IL "CAMPOLARGO" PD-M5S SIA UNA DISGRAZIA PEGGIORE DELL''ARMATA BRANCA-MELONI...

netflix disney plus streaming

DAGOREPORT - “TOPOLINO” HA FAME - DISNEY SCUCE 3 MILIARDI DI DOLLARI PER COMPRARSI LE ATTIVITÀ MEDIA DELLA NFL, LA LEGA DEL FOOTBALL AMERICANO. QUALE SARÀ IL PROSSIMO PASSO? UN CONSOLIDAMENTO NELLO STREAMING È INEVITABILE (IL MERCATO È SATURO DI SERVIZI E CONTENUTI) E C’È CHI SI SPINGE A UN’ACQUISIZIONE DI PESO, COME NETFLIX - LA PIATTAFORMA CAPITALIZZA IL DOPPIO MA FATTURA UN TERZO DELLA DISNEY  – RUMORS ANCHE SU UN INTERESSE DI AMAZON PER SPOTIFY: LÌ I SOLDI NON SAREBBERO UN PROBLEMA (IL SERVIZIO DI E-COMMERCE DI BEZOS CAPITALIZZA 2MILA MILIARDI CONTRO I 130 DELLO STREAMING MUSICALE)...

matteo piantedosi giorgia meloni carlo nordio giusi bartolozzi alfredo mantovano almasri

DAGOREPORT - GIORGIA MELONI RISCHIA DI BRUTTO SUL CASO ALMASRI: PRENDERSI LA RESPONSABILITÀ DELLA SCARCERAZIONE E DEL RIMPATRIO (CON VOLO DI STATO) DEL TORTURATORE LIBICO EQUIVALE A UNA PUBBLICA SCONFESSIONE DEI MINISTRI NORDIO E PIANTEDOSI, CHE IN AULA HANNO MINIMIZZATO CON BUGIE LA QUESTIONE ATTACCANDO I GIUDICI – IL TRIBUNALE DEI MINISTRI, SCAGIONANDO LA STATISTA DELLA GARBATELLA E RINVIANDO A GIUDIZIO I DUE MINISTRI E IL SOTTOSEGRETARIO ADDETTO AI SERVIZI SEGRETI, HA APERTO UNA BOTOLA DOVE, DALL'ALTO DEL SUO DILENTATTISMO, MELONI È CLAMOROSAMENTE CADUTA - LO "SCUDO" PER SALVARE GIUSI BARTOLOZZI NON ESISTE: NON ESSENDO STATA RINVIATA A GIUDIZIO, IL GOVERNO NON PUÒ  ESTENDERE "IL CONCORSO" NEL REATO COL MINISTRO NORDIO. COSI', IL PARLAMENTO PUO' NEGARE L'AUTORIZZAZIONE A PROCEDERE CONTRO PIANTEDOSI, NORDIO E MANTOVANO, MA LA PROCURA DI ROMA NON AVRÀ ALCUNO OSTACOLO A RINVIARE A GIUDIZIO LA BARTOLOZZI, CON CONSEGUENTI ''RICADUTE POLITICHE'' SU MELONI - PERCHE' NON HANNO MESSO IL SEGRETO DI STATO...

donald trump volodymyr zelensky steve witkoff vladimir putin

DAGOREPORT - È FINALMENTE LA VOLTA BUONA PER LA PACE TRA RUSSIA E UCRAINA? – L’INVIATO SPECIALE DI TRUMP A MOSCA, STEVE WITKOFF, DOPO TRE ORE DI FACCIA A FACCIA, HA CONVINTO PUTIN A INCONTRARE IL TYCOON, CONSIGLIANDOGLI DI PRESENTARSI CON UN “REGALINO” DI BUONA VOLONTA': COME LA FINE DEGLI ATTACCHI DI DRONI E AEREI – IL FACCIA A FACCIA, CHE SI TERRÀ DOPO FERRAGOSTO NELLA TURCHIA DI ERDOGAN, HA OTTENUTO IL VIA LIBERA DA ZELENSKY, MERZ, STARMER E RUTTE (NON COINVOLTI IL GALLETTO MACRON E LA "PONTIERA SENZA PONTE'' MELONI) - MA PER FARLA FINITA, PUTIN DEVE PORTARE A MOSCA IL BOTTINO DEL VINCITORE: NON VUOLE E NON PUO' PERDERE LA FACCIA DOPO TRE ANNI DI GUERRA - TRUMP HA RASSICURATO ZELENSKY CHE L'UCRAINA NON VERRA' UMILIATA DALLA RUSSIA - IN VISTA DEL VOTO DI MID-TERM 2026, PER IL TEPPISTA DELLA CASA BIANCA LA PACE VALE COME UN GOL IN ROVESCIATA...