jane fonda tom hayden

L’ULTIMO LEONE DEI RUGGENTI ANNI ’60 - ADDIO A TOM HAYDEN, L’ICONA PACIFISTA CHE SPOSÒ JANE FONDA E LOTTO’ CONTRO LA GUERRA DEL VIETNAM - PER L'FBI ERA UN ARRUFFAPOPOLO COMUNISTA E LO AVEVA MESSO SOTTO OSSERVAZIONE COSTANTE. MA LUI SI DEFINIVA UN “NON ANTICOMUNISTA”

JANE FONDA TOM HAYDENJANE FONDA TOM HAYDEN

Vittorio Zucconi per la Repubblica

 

L’ultimo leone dei “Ruggenti Anni ‘60”, quel Tom Hayden che della California visse, incarnò e più di ogni altro interpretò la rivolta di una generazione “inquieta e annoiata” contro l’America perbene, è morto, proprio in quest’anno che ha visto celebrare con un Nobel colui che il suo tempo cantò, Bob Dylan.

 

Se il suo nome diceva ormai molto poco ai giovani del 2016, alla generazione dei

Millennial nati attorno all’anno Duemila che al massimo lo associavano all’ex moglie Jane Fonda, il repertorio delle parole e delle inquietudini che agitano i nostri giorni risalgono direttamente a quel tempo e a personaggi come Hayden.

 

Ambientalismo e antipolitica, democrazia diretta contro democrazia rappresentativa, movimentismo contro organizzazione, pacifismo contro militarismo, mescolati ed esaltati nel culto dello scontro di piazza con i pig, i porci in divisa blu visti come pretoriani del “sistema”, gli ingredienti delle periodiche agitazioni che vanno e poi ritornano erano già tutti presenti nell’attività e nel pensiero di Hayden.

 

Come tanti degli aspiranti rivoluzionari bianchi della sua generazione ruzzolati lungo il piano inclinato dell’America che conduce alla California, anche Tom veniva dal più banale e quieto Midwest, dal cuore della nazione. Era nato 76 anni or sono a Chicago, figlio di un funzionario della Chrysler e di una bibliotecaria, «nel comfort, nella noia e nel disagio esistenziale per il futuro» di una famiglia dignitosamente conservatrice e repubblicana, soprattutto nel padre, che per decenni non gli rivolse più la parola, per riconciliarsi soltanto negli ultimi giorni di vita.

TOM HAYDENTOM HAYDEN

 

Anche per lui furono gli Anni ’60 e la doppia carica esplosiva della rivolta per i diritti civili dei neri e della guerra in Vietnam a trasformare il figlio di un venditore di automobili supercromate in un rabble rouser, in un arruffapopolo comunista, come lo aveva catalogato lo Fbi, mettendolo sotto osservazione costante. Il suo faldone, nell’età pre-informatica, avrebbe raggiunto 22mila pagine formando un obelisco di carta accanto al quale Hayden amava farsi fotografare.

 

Ma comunista non fu mai, preferendo definirsi un “non anticomunista”, il che bastava per assimilarlo ai nemici dell’America agli occhi di J. Edgar Hoover e dello Fbi. I suoi viaggi nel Sud-Est asiatico, già nel 1965 quando la grande tragedia albeggiava, con i compagni della Sds, l’associazione degli Studenti per una Società Democratica che lui aveva fondato, lo portarono in Cambogia e poi a Hanoi, per denunciare una guerra che lui definiva «insensata» e che riassumeva in una frase efficace: «Mandiamo i nostri figli vicini ad ammazzare i figli di un popolo lontano».

 

Nel corso dei suoi viaggi, e delle manifestazioni contro la guerra, ottenne di liberare e portare a casa quattro prigionieri americani e incrociò più volte un’attrice già famosa, Jane Fonda, che lo sposerà, avendo lei trovato in lui un uomo «capace di accendere la mia curiosità e di sfidare la mia intelligenza», oltre che «affascinante». Conferma che anche la dura militanza antisistema può avere le sue gratificazioni.

 

TOM HAYDEN 4TOM HAYDEN 4

La lotta raggiunse lo zenit naturalmente nel 1968, l’anno realmente horribilis nel quale la guerra lontana si congiunse alla guerra interna, con l’assassinio di Bob Kennedy e di Martin Luther King. Con le Pantere Nere di Bobby Seale e i suoi della Sds, Hayden lanciò l’assedio alla Convention Democratica di Chicago per protestare contro il designato Hubert Humphrey, un’occasione che il sindaco Daley sfrutto per dare una lezione agli odiati “Sessantottini”.

Ne uscì un carnaio, che l’inchiesta governativa definirà «una sommossa di polizia», e un processo farsa ai sette leader, i “Chicago Seven”, con condanne tutte annullate per la sfacciata faziosità del giudice anti-dimostranti. L’effetto più immediato fu la vittoria di Richard Nixon, votato in massa dalla maggioranza degli americani come il padre di Hayden, terrorizzati dalla minaccia alla “legge e ordine”.

 

Senza percorrere tutta la classica parabola da incendiario a pompiere, anche Tom Hayden, chiusa la decade rovente dei ‘60 e consumata la catarsi collettiva nella destituzione proprio di Nixon nel ’74, si avvicinò senza grande fortuna alla politica istituzionale, arrivando soltanto a un seggio nell’assemblea legislativa della California. Il governatore Brown, suo coetaneo e compagno giovanile di strada lo boicottava, riducendogli le dimensioni dell’ufficio a quelle di uno sgabuzzino.

 

Ma se il leone della grande stagione sessantottina era divenuto ormai il leone d’inverno nel terzo millennio, lontano ormai anche da Jane passata al fronte della battaglia salutista contro l’invecchiamento, vide le proprie idee che erano apparse sovversive divenire “mainstream”, patrimonio collettivo. Le energie rinnovabili, l’inclusione delle minoranze etniche e delle donne nella vita civile della nazione, il recupero e la protezione dell’ambiente, la diffusione dell’assistenza pubblica ai poveri sono parte, se non della realtà realizzata, almeno della retorica ufficiale.

 

JANE FONDA TOM HAYDEN 2JANE FONDA TOM HAYDEN 2

Nel 2008 il giovane che si era lanciato contro la Convention Democratica di Chicago era riuscito a farsi scegliere come delegato al Congresso di Denver che avrebbe nominato Barack Obama. «Tutti i movimenti, quando crescono, hanno bisogno di organizzazione e di strutture», disse allora «ed è più utile battersi da dentro anziché star fuori a battere i pugni sulla porta». Le spinte, le illusioni, le rabbie anti-sistema che lui aveva cavalcato sono tornate in questo 2016, nell’entusiasmo di tanti giovani per Bernie Sanders e nel rancore coagulato da Donald Trump, perché il fiume carsico della inquietudine riaffiora sempre, nelle democrazie, nell’attesa del Sessantotto prossimo venturo.

 

Ultimi Dagoreport

antonio tajani giorgia meloni neri nero bambini immigrati migranti matteo salvini

DAGOREPORT – AH, TAJANI DELLE MERAVIGLIE! RICICCIARE PER L'ENNESIMA VOLTA LO IUS SCHOLAE E, DOPO UN BATTAGLIERO RUGGITO, RINCULARE SUBITO A CUCCIA (''NON E' LA PRIORITA'"), E' STATO UN FAVORE FATTO A GIORGIA MELONI, DETERMINATA A SEMINARE ZIZZANIA TRA LE FILE LEGHISTE SPACCATE DA VANNACCI, PER CUI UNA PROPOSTA DI LEGGE PER LA CITTADINANZA AI RAGAZZI CHE COMPLETANO GLI STUDI IN ITALIA, E' PEGGIO DI UNA BESTEMMIA SULL'ALTARE - IL MINISTRO DEGLI ESTERI (SI FA PER DIRE: SUGLI AFFARI INTERNAZIONALI DECIDE TUTTO LA STATISTA DELLA GARBATELLA), UNA VOLTA APPOGGIATO IL BIANCO TOVAGLIOLO SUL BRACCIO, SI E' PRESTATO COSI' A SPARARE UN AVVISO A MATTEO SALVINI: SI PREGA DI NON TIRARE TROPPO LA CORDA, GRAZIE!

volodymyr zelensky donald trump vladimir putin

DAGOREPORT – OGGI DONALD TRUMP CHIAMERÀ VOLODYMYR ZELENSKY E GLI PRESENTERÀ “L’OFFERTA” DI PUTIN: “MAD VLAD” VUOLE IL RICONOSCIMENTO DELLE ZONE ATTUALMENTE OCCUPATE DAI SUOI SOLDATI (OLTRE ALLA CRIMEA, CHE CONSIDERA RUSSA DAL 2014). IL PIANO DEL TYCOON È CONVINCERE L’EX COMICO UCRAINO A DARE L’OK, E POI TORNARE DA PUTIN E FINIRE LA GUERRA. CON UNA SOTTESA MINACCIA: SE, NONOSTANTE LE REGIONI ANNESSE, MOSCA CONTINUASSE IL CONFLITTO, A QUEL PUNTO GLI USA SAREBBERO PRONTI A RIEMPIRE DI ARMI KIEV PER FARE IL CULO A STELLE E STRISCE ALLO ZAR DEL CREMLINO - MA QUANTO CI SI PUO' ANCORA FIDARE DELLE PROMESSE DI TRUMP, VISTE LE CAZZATE CHE HA SPARATO FINORA? 

vincent bollore john elkann andrea pignataro

CHE NELLA TESTA DI JOHN ELKANN FRULLI L’IDEA DI VENDERE “LA REPUBBLICA”, NON È UN MISTERO. GIÀ UN ANNO FA SI SPETTEGOLÒ DI TRATTATIVE A TORINO CON UNA CORDATA DI IMPRENDITORI E BANCHE MILANESI - ELKANN, COSÌ CHIC E COSÌ SNOB, AVREBBE GRADITO LA PRESENZA NELLA CORDATA DI UN NOME INTERNAZIONALE. ED ECCO SPUNTARE L’IMPOSSIBILE: VINCENT BOLLORÉ, PATRON DI VIVENDI E DELLA DESTRA OLTRANZISTA FRANCESE – L’ULTIMA INDISCREZIONE ACCREDITA UNA VOGLIA DI CARTA AL BOLOGNESE ANDREA PIGNATARO, SECONDO MILIARDARIO D’ITALIA - VERO, FALSO, INVEROSIMILE? QUELLO CHE È CERTO È CHE LA CRISI MONDIALE DELL’INDUSTRIA AUTOMOBILISTICA STA DIVENTANDO UN ‘’DRAMMA ECONOMICO’’, CON MINACCIA DI CHIUDERE LE FABBRICHE STELLANTIS, E LA LINEA ANTI-GOVERNATIVA DI “REPUBBLICA” È UNA FONTE DI GUAI, NON ESSENDO PER NULLA GRADITA (EUFEMISMO) DAI “VENDI-CATTIVI” DELLA FIAMMA MAGICA DI PALAZZO CHIGI….

alessandro giuli lucia borgonzoni manuela cacciamani mazzi rampelli giulio base film albatross 2025albatross angelo mellone perla tortora paolo petrecca alma manera

DAGO-CAFONAL! - DAI FRATELLI WARNER DI HOLLYWOOD AI FRATELLI D’ITALIA DI CINECITTÀ, IL CIAK È A DESTRA! - E VOILÀ! DOMANI SUGLI SCHERMI DEL BELPAESE ARRIVA "ALBATROSS", IL NUOVO IMMAGINARIO CAPOLAVORO DI GIULIO BASE, MARITATO TIZIANA ROCCA - ALL’ANTEPRIMA ROMANA, GOVERNO IN PRIMA FILA: TAPPETO ROSSO PER IL MINISTRO GIULI-VO DEL “PENSIERO SOLARE”; AVANTI I DIOSCURI RAI, ROSSI E MELLONE, FATE LARGO AL “GABBIANO SUPREMO” DI COLLE OPPIO, FABIO RAMPELLI, CON MOLLICONE DI SCORTA - NEL FOYER DEL CINEMA SI SBACIUCCHIANO PAOLO PETRECCA, DIRETTORE DI RAI SPORT, E L’AMATA ALMA MANERA - SE LUCIA BORGONZONI TIMBRA IL CARTELLINO PER LA LEGA, A TENERE ALTO IL PENNONE DI FORZA ITALIA C’È MAURIZIO GASPARRI, NEL '70 SEGRETARIO PROVINCIALE DEL FRONTE DELLA GIOVENTÙ – PER I DUE PRODUTTORI, PAOLO DEL BROCCO (RAI CINEMA) E GENNARO COPPOLA (COMPAGNO DI MANUELA CACCIAMANI, PRESIDENTE DI CINECITTA'), ‘STO “ALBATROSS” DI GIULIO BASE DEVE SUSCITARE VERAMENTE “GRANDE ATTENZIONE” VISTO CHE IL 18 GIUGNO SCORSO SAREBBE AVVENUTA UNA PROIEZIONE PRIVATA DEL FILM ALLA PRESENZA DI IGNAZIO LA RUSSA E DI SISTER ARIANNA MELONI…

cetrioloni per l italia - meme by edoardo baraldi giorgia meloni economia crisi soldi

DAGOREPORT - GIORGIA MELONI PUÒ FARE TUTTE LE SMORFIETTE CHE VUOLE MA A NATALE RISCHIA DI TROVARE SOTTO L'ALBERO UN'ITALIA IN GRANDE DIFFICOLTA' ECONOMICA. E SE I CITTADINI TROVERANNO LE TASCHE VUOTE, ANCHE IL PIU' INCROLLABILE CONSENSO PUO' SGRETOLARSI - IL POTERE D'ACQUISTO AUMENTA DELLO 0,9% ORA, MA NEGLI ULTIMI ANNI È CROLLATO DEL 20% - DA UN LATO L'INFLAZIONE TORNA A CRESCERE, DALL'ALTRO IL PIL CALA. E DAL 2026, CON LA FINE DEL PNRR, CHE HA "DROGATO" IL PRODOTTO INTERNO LORDO, LA SITUAZIONE NON POTRÀ CHE PEGGIORARE. SENZA CONSIDERARE L'EFFETTO TSUNAMI DEI DAZI DI TRUMP SU OCCUPAZIONE ED EXPORT - SE CI FOSSE UN'OPPOSIZIONE DECENTE, MARTELLEREBBE OGNI GIORNO SU QUESTI TEMI: SALARI DA FAME, TASSE CHE CONTINUANO A SALIRE, ECONOMIA CHE RISTAGNA. MA LA PRIORITÀ DI SCHLEIN SONO I GAY UNGHERESI E QUELLE DI CONTE E' FARE IL CANDIDATO PREMIER DEL CAMPO LARGO...