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ADELPHI ASPETTA NUOVI “FRATELLI” - CALASSO SPIEGA L’USCITA DALLA MONDAZZOLI: “NON HO SOCI OCCULTI” - ADELPHI NELLA GALASSIA GEMS? - IL RAPPORTO CON LADY AGNELLI E L’ANTIPATIA MAI DISSIMULATA CON CASA BERLUSCONI

ADELPHIADELPHI

1. CALASSO: “MA QUALI SOCI OCCULTI? L’ADELPHI L’HO RICOMPRATA IO”

Antonio Gnoli per “la Repubblica”

 

Il pezzo più pregiato della collezione è restato fuori dalla lunga ed estenuante trattativa che si è conclusa con l’acquisto da parte della Mondadori della Rcs libri. Adelphi è tornata ad essere un’isola. Roberto Calasso, presidente e nuovo proprietario della casa editrice, mostra un’aria rilassata. Non sembra neanche la persona che ha dovuto condurre in porto una partita non facile.

 

A operazione conclusa si può parlare di libertà?

«Mi pare una parola eccessiva. Non mi sembra che la situazione rispetto a prima sia cambiata ».

 

In che senso?

«Continuerò a fare esattamente quello che ho fatto da più di quarant’anni: trovare certi libri e pubblicarli in un certo modo, ben distinguibile, pensando alle copertine, alla carta, ai caratteri, alla lingua. E calcolando bene le tirature».

 

L’editoria sta vivendo un momento di “ gigantismo”. Ritiene che la tendenza sia più economia di scala, più razionalizzazione dei costi, creazione di prodotti meno incerti?

CALASSO 1CALASSO 1

«Il mio accordo con la Rcs è un fatto che va contro alla tendenza in atto da vari decenni nell’editoria mondiale: la concentrazione in grandi gruppi. Ma perché sorprendersi? Si tratta di un fenomeno normalissimo in tutta l’industria e perciò anche in quel suo ramo minore che è l’editoria».

 

È innegabile che questa sia la tendenza. Come la giudica?

«È un fenomeno che può dare risultati pessimi o ottimi, a seconda delle circostanze, dei marchi, delle persone (sia direttori editoriali sia manager). Per esempio, la più grossa di queste fusioni, fra Penguin e Random House, non mi sembra abbia dato finora risultati negativi. Lo dico per esperienza diretta, perché in questo gruppo ci sono due miei editori: Cape e Penguin, in Inghilterra. Il guaio dei grandi gruppi è che spesso tendono a darsi obiettivi di crescita irrealistici. Questo può condurre a disastri».

 

Ne “L’impronta dell’editore” — che sta uscendo in edizione inglese e americana — lei definisce il Novecento il secolo dell’editoria. Perché?

MONDAZZOLI MONDAZZOLI

«Certamente è stato un secolo di grande editoria, ben più dell’Ottocento. Tra la fine dell’Ottocento e gli anni Trenta del Novecento figure come Kurt Wolff, Gaston Gallimard, Alfred Vallette, Ernst Rowohlt hanno inventato profili nuovi per l’editoria in genere. Con loro ha inizio, spesso in una ristretta cerchia di amici, un gusto, un modo di intendere e di giudicare che prima non esisteva ».

 

Sono figure che spesso oscillano tra l’azzardo, il rischio e la seduzione.

«È un mestiere pericoloso, dove è facilissimo perdere soldi. Ma dove ci si può anche molto divertire ».

 

Sono stati, per lei, più frequenti i momenti di apprensione o di divertimento?

«Decisamente questi ultimi. Continuo a pensare che fare Adelphi in Italia sia stata una fortuna, perché qui esiste uno strato di lettori che ha voluto seguirci anche sulle vie più arrischiate, accettando una certa variegatezza che forse altrove sarebbe stata meno capita».

 

Quando dice “variegatezza” immagino intenda riferirsi alla forza del catalogo.

«Adelphi ad oggi ha pubblicato circa 2500 titoli. E fra questi, 2300 sono tuttora acquistabili. Questo vuol dire che quasi tutto il catalogo è vivo, a differenza di quello che spesso succede con certi grandi editori, soprattutto in Inghilterra e in America, che hanno una backlist piuttosto misera, in confronto con la loro potenza. E questo accade perché non osano ristampare.

 

Considerano persi per sempre molti dei libri che hanno pubblicato. Comunque, se nei 2500 titoli Adelphi un lettore non trova di che nutrirsi, vorrà dire che è un lettore inappetente in modo grave. Come presenza di generi, siamo differenziati all’estremo. Nel catalogo si trova di tutto: dai testi di fisica ai classici orientali, dalla letteratura all’antropologia, dalla filosofia alla poesia e all’inchiesta giornalistica».

VINCINO MONDAZZOLIVINCINO MONDAZZOLI

Se il Novecento è stato il secolo dell’editoria libraria, come va accolto questo nuovo quindicennio?

«Il paragone è decisamente sfavorevole per i nostri anni. Perciò tentiamo di andare contro alla tendenza del nuovo millennio, che ha ristretto invece di allargare l’area del pubblica- bile. Basta pensare alle University Press americane, che in certi casi hanno mezzi enormi e invece limitano il proprio programma a tematiche piuttosto anguste ».

 

Cosa significa aver riacquistato la maggioranza delle azioni?

«Ho sempre pensato che la proprietà di una casa editrice fosse un elemento non trascurabile della sua qualità, così come lo è il numero di copie vendute dei libri che si pubblicano. Il caso di una coincidenza fra la conduzione editoriale e la maggioranza è in questo senso esemplare. Quando la proprietà della maggioranza coincide con chi decide quali libri fare e in che modo, l’esposizione al rischio è massima e non ci sono scuse dietro cui trincerarsi. Ed è una bella sfida».

 

In questi mesi di confronti e trattative è circolata più volte la voce che Adelphi avrebbe rilevato la maggioranza grazie alla presenza di un socio occulto. Cosa può dire nel merito di questa notizia?

«Intanto che non è una notizia. Ma una sciocchezza. Tutto quello che c’era da pagare per rilevare la quota di Rcs è pagato da me».

In che misura è proprietario dell’Adelphi?

«Lo sono all’incirca per il settanta per cento. 71 per l’esattezza ».

gianni e Marella Agnelligianni e Marella Agnelli

Questo la mette al riparo da ingerenze esterne.

«Nella sua storia, che dura ormai da più di cinquant’anni, Adelphi non ha mai subito interferenze. Merito innanzitutto di Luciano Foà, fin quando c’è stato, e del suo amico Alberto Zevi, che ha sostenuto la casa editrice fin dagli inizi. Ma anche di alcune persone che sono state decisive in vari momenti: Giulia Falck, Alberto Falck, Carlo Caracciolo, Gianni Agnelli.

 

E nella collaborazione con grandi gruppi, cominciata nel 1975 con l’Efi per finire con la Rcs, non c’è stato un solo caso di intervento editoriale. E oggi — per completare il discorso sulla composizione proprietaria — mi trovo nella singolare e piacevole situazione di avere come soci di minoranza e coinvolti nella casa editrice due vecchi amici: Francesco Pellizzi e Elisabetta Zevi».

 

Siete tornati ad essere un’isola. Che valore dà all’indipendenza?

«Trovo abbastanza penoso il discorso sulle case editrici dipendenti o indipendenti. Ci sono anche case indipendenti di scarsa qualità e case di grandi gruppi che fanno un lavoro eccellente ».

 

Siete “isola” anche in un altro senso. Cioè una specie di unicum. Cosa vi ha reso e vi rende diversi dagli altri editori?

CALASSOCALASSO

«Non sono io la persona più adatta a risponderle. Una riflessione generale però è possibile farla. Lei ricorda cos’era l’Italia negli anni Sessanta, quando l’Adelphi è nata? C’erano tre fronti: marxista, cattolico e laico. Questa divisione, insieme culturale e ideologica, fin dall’inizio non ci riguardava e non ci interessava. Quasi tutto il meglio stava fuori da queste categorie. È stata la nostra diversità, che abbiamo conservato nel tempo. Lei mi chiedeva all’inizio se ci sentiamo più liberi. Per una casa editrice è questa la vera discriminante: la libertà e la capacità di dire no. E pubblicare solo le cose che ci piacciono. Se possibile, che ci piacciono molto».

 

2. STORIA MITOLOGIA (ED ECONOMIA) DI ADELPHI, LA CASA EDITRICE CHE ORA DIVENTERA’ UNA BANDIERA DELLA DIVERSITA’

Maurizio Crippa per “il Foglio”

 

ROBERTO CALASSO ROBERTO CALASSO

Si separarono per colpa di Nietzsche. Così vuole non la leggenda, bensì l’archeologia culturale italiana (chi mai si separerebbe più, oggi, per Nietzsche o per Lukács? Nemmeno nel Pd). Luciano Foà non riuscì a ottenere da Giulio Einaudi le garanzie economico-ideologiche per avviare la pubblicazione nei Millenni dell’opera omnia del filosofo tedesco.

 

Questioni di costi editoriali, intrecciate a questioni squisitamente culturali, allora più o meno come ora. Foà se ne venne a Milano, in via San Giovanni sul muro, assieme al suo amico Roberto “Bobi” Bazlen e con i soldi di Roberto Olivetti, il figlio di Adriano, e altri collaboratori eccellenti.

 

Era il 1962, il pittogramma cinese della luna nuova (“morte e rinascita”) e la grafica-non grafica delle copertine, con i suoi colori pastello che ancora oggi qualcuno definisce un “urlo sussurrato”, erano già pronti a intestarsi la storia e la mitologia di una cultura “altra”, e “alta”, rispetto a quella di Casa Einaudi, guardiana dell’ala sinistra del pensiero. Autonomia, indipendenza dal mainstream ideologizzato d’allora, capacità di forgiarsi una sorta di proprio Zeitgeist, riconoscibile dai (allora) non moltissimi lettori.

 

Marella Caracciolo Agnelli Marella Caracciolo Agnelli

Che Adelphi sarebbe rimasta fuori dall’acquisto di Rizzoli libri da parte di Mondadori non è mai stata una notizia: Roberto Calasso acquisterà il 58 per cento delle azioni in mano a Rcs, in base a un accordo siglato oltre dieci anni fa. Come sempre anche in passato, nella storia austera e un po’ altezzosa della casa editrice, la scelta culturale e l’attenzione prudente alla pecunia si sovrappongono.

 

Quando sul finire degli anni Novanta Adelphi non navigava in acque tranquille, per così dire, Rizzoli entrò nella proprietà – la grande estimatrice dei suoi volumi è da sempre Marella Agnelli – fino a una quota del 37 per cento. Quando poi, in successivi passaggi, la quota Rcs salì oltre il 50, Roberto Calasso, che è un intellettuale ma non un sognatore, chiese e ottenne da Rcs una impegnativa a veder rispettata l’autonomia editoriale (compresi i conti) e soprattutto la possibilità di riacquisto in caso di una futura vendita giudicata non gradita.

 

L’altra metà della storia è l’antipatia mai dissimulata da parte di Calasso e del suo entourage culturale per Casa Berlusconi. E ora sarà su questa resilienza, su questo orgoglioso sfilarsi dal nuovo gruppo, che si costruirà, si può esserne certi, un altro pezzo del mito di Adelphi presso il pubblico e presso tutti i preoccupati custodi della libertà della cultura (il ministro-scrittore Dario Franceschini: “Rischi per il delicato mercato del libro”).

 

ADELPHI CALASSO AGNELLIADELPHI CALASSO AGNELLI

La casa editrice dai titoli raffinati e dai colori pastello rimarrà in questo modo una delle poche medio-grandi indipendenti del panorama editoriale italiano – nel segno di una cultura sofisticata e della cura artigianale per il prodotto.

 

Non l’unica, certo. Per dimensione, artigianalità e autonomia dai grandi conglomerati ci sono case editrici che valgono quanto Adelphi, da Minimum fax a Codice edizioni. Ma nessuna vanta quel marchio, quella storia, quella noblesse. Che se ne farà, l’Adelphi di Roberto Calasso, di questo patrimonio immateriale dalle implicazioni molto materiali, una volta che avrà respinto al mittente, è sicuro anche questo, la tentazione di appropriazione indebita da parte dei mille anti mercatisti in cerca di nuove bandiere – è difficile dirlo, ma è interessante domandarselo.

 

Adelphi godrà ancora di più dell’immagine di sancta sanctorum inviolabile; una certa, dissimulata o strillata fuga di autori verso la casa dei “fratelli” è data per scontata – soprattutto dalla scuderia Bompiani, quella guidata da Elisabetta Sgarbi, dalla quale per primi si sono alzati gli alti lai contro la berlusconizzazione culturale del mercato mangia-tutto, a partire da Umberto Eco.

 

marella agnellimarella agnelli

Ovviamente, la curiosità degli operatori del settore dà la precedenza a un altro aspetto: dove recupererà il patron di via San Giovanni sul Muro, assieme ai suoi soci di minoranza, i danari per ricomprarsi il 58 per cento della sua storia?

 

La cortesia della famiglia Agnelli, Marella Caracciolo ha pubblicato per i Tipi di Calasso ben due libri in due anni, “Ho coltivato il mio giardino” e “La signora Gocà”, è da tempo la prima indiziata; al di là delle smentite ufficiose e dei non piccoli problemi di intrecci proprietari.

 

Qualche conoscitore del mercato, addirittura, già pensa che il valore del marchio e delle sue azioni sarà premiato dalla scelta di indipendenza. Ma volendo guardare un po’ più in là, e con più concretezza?

 

Un uomo di editoria esperto e abituato a guardare “più in là” come Marco Ferrario, che è stato a lungo manager mondadoriano (Mondadori Informatica & New Media) e dal 2010 si è creato un proprio business nell’editoria online con bookrepublic.it, la più grande libreria online italiana indipendente e poi con 40k, una casa editrice nativa digitale che pubblica in cinque lingue e vende in tutto il mondo, ammette che “lo scontento di Calasso per un ingresso in casa Mondadori è evidente, come lo è la sua voglia di indipendenza”.

 

Ma poi preferisce ragionare sul fatto che si tratta di una abile mossa commerciale e di posizionamento. “Nel gruppo c’è già Einaudi, che con le dovute differenze si rivolge a un pubblico simile. Ci sarebbe una concorrenza interna e tra cataloghi e linee editoriali. Stando fuori, l’autonomia è premiata, concorrenza e riconoscibilità sono destinate a crescere. E’ una scelta giusta, logica”.

Roberto CalassoRoberto Calasso

 

Chissà se però, e qui parla l’editore digitale, Adelphi avrà mai la voglia di rischiare il proprio patrimonio di autonomia in un altro modello industriale: “Quello librario di oggi è finito: costi troppo alti, distribuzione elefantiaca per poter esistere nelle librerie, meccanismi di resa pesantissimi. Il modello della vendita online, o del print on demand, potrebbe essere il futuro dei marchi mediopiccoli di qualità. Ma non credo sarà la scelta di Calasso”. Modelli commerciali, scelte culturali.

 

3. CALASSO: “AVANTI SULLA NOSTRA LINEA” LA SUA EDITRICE VERSO GEMS?

Mirella Serri per “la Stampa”

 

Nuova vita per l’Adelphi. L’editrice di Calasso, che non è stata ceduta alla Mondadori assieme agli altri marchi della Rcs libri, è tornata a essere indipendente. «Il perimetro dell’operazione comprende l’intera quota (pari al 99,99 per cento) posseduta da Rcs MediaGroup in Rcs libri, ad esclusione del 58 per cento posseduto in Adelphi che verrà ceduto al socio Roberto Calasso», recita il comunicato che sancisce la nascita del gigante mondadoriano.

 

gems luigispagnol gems luigispagnol

Il «socio» Calasso, come viene definito, ma sarebbe meglio dire l’artifex o il demiurgo che da giovanissimo venne chiamato a dare vita e anima alla straordinaria avventura iniziata da Foà e Bazlen.

 

Lo scrittore e saggista aveva preso le redini dell’Adelphi come direttore editoriale nel 1971, nel 1999 presidente e nel 2006 aveva ceduto la maggioranza della società alla Rcs libri. Ma ora l’editore - che ha esercitato un’opzione di riacquisto della sua quota - deve decidere in che modo camminare con le proprie gambe. La sua brillante sigla, sotto la cui egida si collocano le opere di Arbasino e Gadda, di Nietzsche e di Oliver Sacks, è un boccone che fa gola a tanti. 
 

Interessata a diventare un «fratello» editoriale («Adelphi» in greco significa «fratelli, sodali» ed esprime «la comunanza d’intenti tra i soci fondatori») sembra esserci in prima linea la Gems. La galassia Mauri Spagnol potrebbe essere il sito adatto a Calasso, poiché accoglie una varietà di importanti marchi, dalla Longanesi alla Guanda e alla Garzanti. Alla Gems guardano intanto alla faccenda con occhio molto attento: «Il nostro gruppo è interessato a valutare se ci sono marchi o autori che cercano una nuova casa», dichiara Stefano Mauri, presidente e amministratore delegato del gruppo.

 

Le sorprese che l’Adelphi può riservare, però, sono anche altre: si mormora che il prezzo richiesto a Calasso per la maggioranza della casa editrice sia alquanto modesto, intorno ai due milioni, e comunque per garantirgli un appoggio si starebbero mobilitando in molti, dal finanziere Francesco Micheli (indicato nelle scorse settimane come possibile supporter della Marsilio, ora rientrata negli acquisti mondadoriani) ad alcune fondazioni o banche desiderose di investire in cultura.

stefano mauri stefano mauri

 

Mentre dunque per le altre editrici che dal gruppo Rcs libri sono passate a Segrate (Marsilio, Bompiani, Bur) si aspetta il disco verde dell’Antitrust, per Adelphi si attendono nuovi «fratelli». Del doman non v’è certezza, ma su un punto Calasso non ha dubbi: «Quello che sta succedendo mi sembra la prova evidente che abbiamo voglia di andare avanti secondo la nostra linea di sempre. Ci divertiamo a seguirla e pensiamo che per Adelphi vi siano ancor molte cose da fare».

 

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