fabrizio lombardo harvey weinstein

ALT! PARLA FABRIZIO LOMBARDO: ‘NON PORTAVO LE DONNE A WEINSTEIN’ - L’EX CAPO DI MIRAMAX ITALIA SMENTISCE IL RUOLO CHE GLI HA DATO RONAN FARROW SUL ‘NEW YORKER’, RIBADITO DA ASIA ARGENTO: ‘LEI MI FU PRESENTATA DA WEINSTEIN A CANNES, UNA VITA FA. I MESSAGGI MINACCIOSI ARRIVATI AL SUO TELEFONO? MI SONO PARTITI PER SBAGLIO’ - ‘IO CHE GETTO LA MIA EX CLAUDIA GERINI TRA LE SUE BRACCIA? SIAMO PAZZI?’

 

Paola Jacobbi per www.vanityfair.it

 

FABRIZIO LOMBARDO E HARVEY WEINSTEIN

L’ex presidente di Miramax Italia, Fabrizio Lombardo, mi accoglie in abito blu e senza cravatta nello studio romano del suo avvocato Bruno Della Ragione. Ricorda il periodo in cui ha lavorato con Harvey Weinstein, l’ex divinità di Hollywood trascinato nel fango dalle sue stesse pulsioni e dalle rivelazioni di decine di attrici, alla stregua di uno dei più entusiasmanti della sua vita: «O almeno così pensavo, fino a una settimana fa. Fino a quando non è iniziato quest’incubo».

 

Visto da fuori, quest’uomo che parla cinque lingue e si è laureato in Scienze Politiche, sembra quasi un uccellino spaventato. È nervoso. Ha i capelli grigi e corti. Negli occhi, brilla un evidente lampo di preoccupazione.

 

Lombardo per raccontare il suo rapporto con Weinstein, da dove iniziamo?

«Dal principio. All’epoca, circa vent’anni fa, con il mondo del cinema non c’entravo nulla. Mi occupavo di immobiliare e facevo affari a New York. Conobbi Giuseppe Tornatore e fu proprio Giuseppe, “Peppuccio”, a portarmi per la prima volta al cospetto di Harvey».

 

Per quale motivo?

«Per discutere del progetto di un film, “L’uomo delle stelle”, da girare in Sicilia. Tornatore cercava capitali americani e Weinstein, che conosceva bene Giuseppe per aver distribuito, fin da “Nuovo Cinema Paradiso”, i suoi film precedenti con Miramax pensò che l’occasione fosse propizia per aprire un ufficio in Italia. Poco tempo dopo me lo affidò».

FABRIZIO LOMBARDO

 

 

Perché Weinstein decise di aprire un ufficio in Italia?

«Perché fino a quel momento Miramax, la sua società, aveva venduto i suoi pacchetti, i suoi titoli, a Vittorio Cecchi Gori. Quando alla morte di Mario il patriarca, Cecchi Gori cominciò ad avere seri problemi economici con il gruppo che guidava, Miramax si trovò scoperta. E decise di mettersi in proprio senza delegare più la vendita dei propri prodotti a nessuno».

 

Se ne occupò direttamente lei?

«Quando aprì Miramax in Italia, la società era già stata venduta da Weinstein alla Disney. Non a caso il mio stipendio era pagato da “Buena Vista”, la società che distribuiva i film Disney».

 

Nel 2004 Miramax Italia chiuse i battenti. C’era chi scrisse che al tramonto dell’esperienza italiana, lei fosse stato licenziato dallo stesso Weinstein.

«Falso. Non solo non sono mai stato licenziato, ma sono andato via, di comune accordo, senza sbattere alcuna porta, nel momento in cui Weinstein decise di chiudere la società. Avevo un contratto a tempo indeterminato, avrei potuto comportarmi diversamente. Ma come le dicevo, in qualche modo, io non ho mai davvero lavorato per il cinema in senso stretto».

Chiara Geronzi e Fabrizio Lombardo

 

Che cosa vuol dire?

«Che mi sono occupato della parte commerciale di alcuni film come “Malèna”, il primo di cui mi sono occupato, “Gangs of New York”, “The Heaven” e “Pinocchio” di Roberto Benigni, ma non mettevo bocca in nessuna questione artistica».

 

Pinocchio ebbe una lavorazione travagliata?

«Non direi. Ma ricordo che stavamo per chiudere un contratto con Johnny Depp per il ruolo di Lucignolo e che all’ultimo istante, non ricordo per quale ragione, Depp fu sostituito da Kim Rossi Stuart».

 

In che cosa consisteva il reale potere di Miramax Italia?

andrea preti claudia gerini 7

«Confermo quello che ha detto Russell Crowe: riuscivamo a raccogliere, a catalizzare i voti degli italiani, degli spagnoli e dei francesi, una cinquantina di persone in tutto, che votavano per gli Oscar. Harvey aveva la sua influenza e nell’impresa riusciva benissimo».

 

Lei dava una mano?

«Aiutavo Harvey con la mia rete di relazioni».

 

C’è chi giura che Bob Weinstein, il fratello di Harvey, fosse molto contrario, per usare un eufemismo, all’apertura di una filiale italiana di Miramax.

«Non lo so, ma che abbiano discusso mi pare persino normale. Magari per uno dei due fratelli l’apertura dell’ufficio romano non era una cosa opportuna. Ma cosa c’è di strano? Vista freddamente e soprattutto retrospettivamente, l’operazione nel suo complesso portò a ottimi risultati».

 

Perché Harvey Weinstein aveva bisogno di una persona di fiducia a Roma?

«Perché come spesso capita quando le società straniere vogliono creare un avamposto in altri paesi che hanno lingue, culture e costumi diversi, c’è bisogno di una sorta di mediatore culturale. Voglio dire una cosa però».

 

Dica Lombardo.

asia argento harvey weinstein

«Sono molto orgoglioso degli anni in cui ho lavorato per Miramax. Fino a qualche giorno prima che scoppiasse questo casino, ero felicissimo. Ma il cinema per me è il passato remoto. Sono inattivo dal 2004, mi occupo d’altro. L’ultima cosa che ho fatto, quasi per caso, è stato portare il copione di “Perfetti sconosciuti” alla Weinstein Company allo scopo di mettere in piedi un remake del film. Appaio come produttore esecutivo, ma il vero produttore dell’operazione sarà Gianni Nunnari».

 

Passiamo a qualche domanda più difficile?

«Prego».

 

Lei è sposato da tredici anni. Prima di incontrare sua moglie è stato fidanzato con Claudia Gerini. Secondo qualcuno, addirittura, lei avrebbe gettato tra le braccia di Weinstein la sua fidanzata di allora.

«Ma siamo pazzi? Chi può aver detto una cosa del genere?».

 

I TWEET DI ASIA ARGENTO SUL CASO WEINSTEIN

Forse gli stessi che sostengono che fosse stato proprio lei ad accompagnare Asia Argento a quella famosa festa-non festa all’Hotel Du Cap in cui al posto degli invitati, come ha raccontato al New Yorker, Argento trovò il deserto e il solo Weinstein nella sua stanza d’albergo.

«Non è vero, smentisco categoricamente. Durante il Festival di Cannes, all’Hotel Du Cap, venivano organizzate regolarmente feste frequentate da centinaia di persone. Sa qual è la verità?».

 

Qual è?

«Che io, le stesse cose che sto raccontando a lei, le avevo già dette a Ronan Farrow. Sfortunatamente il signor Farrow, nel suo pezzo per il New Yorker, non ha ritenuto di lasciar spazio alle mie parole».

 

Asia Argento sostiene di aver ricevuto da lei messaggi vagamente minacciosi.

«Sono partiti per sbaglio, dal mio telefonino. Avrebbero dovuto essere spediti in una chat in cui scambio video divertenti con alcuni amici. Le dico una cosa: la signora Argento mi fu presentata una vita fa, a Cannes, da Harvey stesso. Non la frequento da tantissimo tempo. Negli ultimi tre anni l’avrò incontrata due volte per sbaglio».

leonardo dicaprio e il produttore harvey weinstein

 

Come giudica allora le dure dichiarazioni dell’attrice nei suoi confronti?

(Interviene l’avvocato Dalla Ragione, ndr) «Ci riserviamo di valutare le necessarie azioni a tutela della nostra onorabilità».

 

Lombardo, lei ha mai frequentato Harvey fuori dal lavoro?

«Sono stato in vacanza nella stessa isola caraibica, a Saint Barth, quando ero ancora fidanzato con Claudia Gerini. Ma un conto è stare nello stesso luogo, altro è trascorrere le vacanze insieme. Non è mai accaduto».

 

I rapporti tra Asia Argento e Harvey Weinstein com’erano?

«Per quel che posso ricordare, cordiali. Più di questo non so».

 

E quelli di Harvey con il resto del mondo?

OBAMA WEINSTEIN

«Tutte le volte che mi è capitato di essere a pranzo con lui, nei confronti di Weinstein si formava una vera e propria processione. Donne, ma anche uomini che facevano la fila per venirlo a salutare».

 

 

C’è chi l’ha descritta come un Lenone dei nostri giorni. Non solo avrebbe portato le ragazze a Weinstein, ma anche a Leonardo Di Caprio, durante la lavorazione di Gangs of New York.

(Ride nervosamente) «Ma secondo lei, Di Caprio aveva bisogno di qualcuno che gli trovasse le ragazze? È semplicemente ridicolo».

gwyneth paltrow

 

Chi è stato veramente Fabrizio Lombardo?

«Sicuramente non l’uomo che portava le ragazze ad Harvey Weinstein, né quello che organizzava feste ad hoc. Non ho mai fatto niente del genere. Ho lavorato da dirigente, ho seguito i progetti di vendita all’estero di alcuni film come “Io non ho paura”, “La stanza del figlio” o “La meglio gioventù”. Per Miramax mi occupavo anche di comunicazione e spesso i giornalisti venivano da me per chiedere informazioni sulla società».

 

Da questo punto di vista, tredici anni sembrano essere passati invano. Sente ancora Weinstein? Ha intenzione di chiamarlo se non l’ha già fatto?

(Lungo silenzio, pausa, riflessione). «No».

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