ambra angiolini

“NELL’ULTIMA PUNTATA DI ‘NON È LA RAI’, ERO NEL PIENO DELLA BULIMIA. IL MIO CORPO SI ERA TRASFORMATO, VENIVA PRESO IN GIRO” – AMBRA ANGIOLINI RACCONTA LA SUA LOTTA CONTRO I DISTURBI ALIMENTARI CHE L’HANNO TORMENTATA PER ANNI: “HO SCOPERTO DI ESSERE BULIMICA NELLA LIBRERIA DI UN AEROPORTO. MI SENTIVO STRANA MA FUNZIONAVO, AVEVO SUCCESSO. PRENDO UN LIBRO. LO APRO. LEGGO: ‘VOMITO TUTTO QUELLO CHE MANGIO’. MI SPAVENTO. LÌ HO CAPITO” – IL RAPPORTO CON LA FAMA: “OGGI SI DIVENTA FAMOSI PER UN RUTTO IN DO MAGGIORE. ESSERE FAMOSI NON È UN LAVORO..."

Estratto dell’articolo di Arianna Finos per “la Repubblica”

https://www.repubblica.it/spettacoli/tv-radio/2025/07/20/news/ambra_angiolini_giffoni_film_bulimia_libro_infame_disturbi_alimentari-424741167/

ambra angiolini

 

[…]Ambra Angiolini, che significa incontrare i ragazzi del Festival di Giffoni ?

«Come fare un tagliando. Magari c'è chi va sperando di insegnare qualcosa, io lo faccio per mettermi in crisi. Non penso mai di essere arrivata da qualche parte, mi piace farmi smontare un po'. È un momento stupendo, una sorta di luna park: c'è un po' tutto quello su cui io, da "imprenditrice emotiva" quale sono, lavoro ancora oggi».

 

[…] Il suo libro "InFame", in cui ha raccontato come ha affrontato la bulimia, diventerà un film.

«È una storia personale, una ferita che mi ha insegnato tanto. Quando l'ho scritto ho capito quanto fosse tragicomico, e a tratti pericoloso, ciò che avevo vissuto. Ora, con la distanza giusta, mi rendo conto che è uno sguardo per chi pensa – da dentro – di non poter guarire mai. Sto scrivendo da sola, come mi ha chiesto il produttore Roberto Proia».

 

ambra angiolini ultima puntata di non è la rai

[…] Era giovanissima quando ha iniziato a soffrire di bulimia, e sotto i riflettori. Non facile da gestire.

«Su Instagram ho pubblicato molti articoli e servizi in cui il mio corpo, che si era trasformato, veniva preso in giro. Anche vent'anni fa, in Rai, andò in onda un servizio che ho poi ripubblicato: mi definivano "generazione XXL". Ho scelto di non sottrarmi, di non rifiutare quella porcata. Ho deciso di affrontarla. Non l'ho mai vissuta da vittima. Mi sono ripresa tutto, anche le ferite. So che può far male a chi ha provato a fermarmi nella vita, ma non ci sono riusciti. Mi hanno solo fatto conoscere una donna più interessante di quella che avrei potuto essere se avesse prevalso la superficie».

 

[…] Il momento difficile?

«Se guarda l'ultima puntata di Non è la Rai, ero nel pieno della malattia. Ero una ragazzina. E quella malattia ti frega, se non capisci da dove arriva. Oggi, a 48 anni, posso dire che sento tutto in modo speciale. Anche cose che non mi riguardano. Forse è per questo che sono arrivata a spiegarmi quella malattia come qualcosa che parte dalla "taverna" che ho dentro, nel corpo. Non è più una malattia, oggi è un aggettivo».

ambra angiolini

 

Quando si è scoperta bulimica?

«Nella libreria di un aeroporto. Mi sentivo strana ma funzionavo, avevo successo. Prendo un libro, Tutto il pane del mondo di Fabiola De Clercq. Lo apro. Leggo: "Vomito tutto quello che mangio". Mi spavento. Lo chiudo. Lo compro. Lì ho capito. Ho dato un nome a quel male. Ero un animaletto tirato fuori da una tana, buttato in mezzo agli aeroporti, alle stazioni. Gigantesco tutto, mentre io a malapena mettevo insieme un congiuntivo. Anzi, li sbagliavo. Il momento più imbarazzante della vita: in diretta, Boncompagni in auricolare, sbaglio un congiuntivo e lui: "Ambra, con tutti i soldi per farti studiare…", e continua a mangiare una brioche; perché era così: tenero e crudele allo stesso tempo. Ma il bello è che alla fine ridevamo. In regia, con il pubblico. Non c'erano i social. Altrimenti sarei stata distrutta».

ambra angiolini

 

Come ci convive oggi?

«Non vomito più, ma quella parte c'è. È diventata una forma di coscienza, un modo di sentire il mondo. Sono bulimica nel senso profondo, negli affetti, nel lavoro. Ho bisogno di abbracciare e di essere abbracciata. Di comunicare. Ho bisogno di verità».

 

[…] Il rapporto con la fama?

«Oggi si diventa famosi per niente. Per un rutto in do maggiore, come dico spesso. Essere famosi non è un lavoro. Io ero famosa ma non avevo un mestiere. Lì ho capito: devo costruire qualcosa. Solo lavorando ho trovato senso».

 

[…] Ha detto tanti no?

«Ho lavorato per costruire la fortuna di poterlo fare. Aiuto tante donne costrette in situazioni in cui il problema non è dire "devi lasciarlo", ma "dove vai dopo?". Dobbiamo costruire anche il dopo, per tutte. A teatro porto Oliva Denaro, La reginetta di Leenane di Martin McDonagh e torno a casa con centinaia di abbracci».[…]

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