renzo arbore

ARBORE MAGIQUE - RENZO FA 88 E SI RACCONTA A “ROLLING STONE”: VITA E OPERE E QUISQUILIE DEL PIU' GRANDE "CAPOCOMICO" DELLA TELEVISIONE ITALIANA -  “NON C’È PIÙ LA TV D’AUTORE. NESSUNO S’INVENTA PIÙ NIENTE. TUTTI PREFERISCONO FARE I TALK” – “QUELLI DELLA NOTTE” GRAZIE A DAGO RIMANE IL MANIFESTO DEGLI ANNI ’80 – LA RAI CENSURO' PERSINO I BEATLES (“UN COMPLESSO VOCALE INGLESE CON DIFETTI D’INTONAZIONE”) -NON HO FATTO ATTUALITÀ, SATIRA O IMITAZIONI. TUTTO IL MIO REPERTORIO, CHE NON È SOLTANTO INFINITO MA È TUTTO RIPETIBILE - ALLA MORTE CI PENSO MA NON NE PARLO...'' – VIDEO

 

Claudio Biazzetti per rollingstone.it - Estratti

 

renzo arbore rollingstone

Il salottino di casa Arbore, tra le migliaia di statuine, libri e oggetti colorati a tema principalmente musicale e accumulati in decenni, svetta sul caminetto un golfo di Napoli su tela. È un quadro di discrete dimensioni, direi 100×60, e riproduce fedelmente una vista del Vesuvio dal porto come doveva essere negli anni ’50.

 

«Era di Fred Buscaglione», dice Renzo indicando l’opera appena prima di sedercisi davanti, sfruttandola come perfetto sfondo per la video intervista. «Sua moglie, Fatima Robbins, l’ha venduto a un antiquario, che poi l’ha venduto a me».

 

(…) Ha spento 88 candeline la settimana prima, ma lo ha fatto figuratamente. Nessun festeggiamento, a parte una cena a casa con sua sorella e suo nipote. A suo dire, quando si compie una certa età, è meglio non sbandierarlo troppo.

 

ARBORE BONCOMPAGNI 4

«Il mio compleanno? L’ho passato a rispondere a chiamate d’auguri inutili da gente che manco vedevo da anni. Poi, avrei dovuto invitare cento persone. Con ’sto caldo? Ma poi 88 anni…». In ogni caso, tornando al quadro, Napoli è un elemento cardine per chi conosce anche solo un minimo di Renzo Arbore.

 

È lì che, dopo un’infanzia tra la sua Foggia e l’Abruzzo (per sfuggire alle bombe degli alleati), ha poi scoperto a fine anni ’50 il suo amore per una vita “americana”: sigarette di contrabbando, vestiti di jeans, amori consumati in Fiat 600 sul pontile del porto alle prime ore del mattino, ma soprattutto i jazz club per soldati e marinai americani. Ovvero, il luogo dove ha scoperto la musica nera, dal jazz alla musica creola di New Orleans, con tutto ciò che ci passa nel mezzo.

 

arbore quelli della notte

«C’erano anche le signorine che ti vendevano le sigarette “con lo sfizio”, cioè le tiravano fuori dal reggiseno», ridacchia seduto sulla poltrona. Indossa un gilet di seta viola, di quelli che metteva sul palco con l’Orchestra Italiana, uno dei tantissimi pezzi della sua collezione che comprende anche cravatte e orologi che dire eccentrici è poco. «Era un’altra Napoli, non c’era la camorra. C’era il contrabbando, certo, ma era un’altra città. Si respirava jazz. In via Partenope c’era un locale dove ho sentito gente come Dave Brubeck».

 

Poi, nonostante la sbandata per la vita notturna, a Napoli è riuscito nell’impresa iniziale di laurearsi. Non in Odontoiatria come avrebbe voluto il padre dentista («Non sopporto la vista del sangue, dopo un paio di svenimenti ho capito che non faceva per me»), ma in Giurisprudenza. Non che poi gli sia servita a molto anche questa, dato che nel 1964, vinto per il rotto della cuffia un concorso in RAI, la sua vita è cambiata radicalmente, creando una delle figure più importanti e influenti della musica italiana dal dopoguerra a oggi. Se non la più importante, per tutta la gente che effettivamente ha scoperto.

ARBORE BONCOMPAGNI 9

 

A differenza della vita del sopracitato Buscaglione, che è stata veloce, pericolosa ed eccessiva come la Ford Thunderbird lilla che stava guidando quando si è schiantato contro un camion di mattoni nella sua ultima mattina, il 3 febbraio 1960, quella di Renzo Arbore è stata ed è un’esistenza lunga e stimolante.

 

Dalle prime trasmissioni radio di Bandiera gialla e Alto gradimento (insieme all’amico Gianni Boncompagni condivide il titolo di primo dj italiano) ai successi televisivi di Indietro tutta! o Quelli della notte (che quest’anno compie quarant’anni), il maestro pugliese ha intrattenuto, a metà tra un musicista e un comico, intere generazioni di contribuenti al canone di viale Mazzini.

dago renzo arbore

 

Insomma, la sua vita sarà anche stata lunga ma continua senza sosta, seppur a un ritmo più consono all’età. La collezione immensa di cimeli a casa sua, per esempio, dai mandolini ottocenteschi alle statuette del suo idolo Louis Armstrong, verrà interamente donata alla città di Foggia, dando vita così alla casa-museo Renzo Arbore (dovrebbe inaugurare in autunno, ma Renzo è più realisticamente convinto del periodo di Natale).

 

Dopodiché, dal 10 luglio, ogni giovedì in seconda serata su Rai 3 si festeggiano i 100 anni di Radio Rai, compiuti lo scorso 6 ottobre, riproponendo proprio l’intero ciclo del classico arboriano Cari amici vicini e lontani, a sua volta trasmesso nel 1984 in occasione del 60esimo anniversario della radio italiana.

arbore marenco bracardi boncompagni

 

E che mi dici del locale dove suonavi tu a Napoli a fine anni ’50?

Quello me lo ricordo molto bene. Si chiamava USO, come United Services Organization. È un locale che c’è sostanzialmente in tutti i porti di mare in cui è stazionata la US Navy nel mondo. Era anche un posto dove trovavi le signorine, però erano taxi girl, ovvero signorine che non la danno, parlano inglese e sono intrattenitrici. Dame di compagnia napoletane. Poi, alcune si sposavano con qualche militare, ma il loro lavoro era ballare, parlare, fare compagnia. Guai a provarci.

 

RENZO ARBORE MARIANGELA MELATO resize

Quindi comunque erano selezionate da organi governativi?

Come no! Certo. C’era l’USIS, United States Information Service, che gestiva queste cose. Gli americani stavano ancora al porto di Napoli all’epoca, poi negli anni ’60 si sono trasferiti a Bagnoli. Ma ai tempi di Napoli stavano ancora in un quartiere che io frequentavo facendo finta di essere americano. Giravo proprio con un crew cut ai capelli, un taglio distintivo della ciurma di una nave americana. Con un altro amico, Gerardo Gargiulo, andavamo vestiti all’americana, non alla napoletana, in via Caravaggio. Lì c’erano tutti i locali americani. Il nostro sfizio era avvicinarci alla biglietteria e dire “two tickets, please” alla cassiera napoletana.

renzo arbore 45

 

(…)

 

Che gilet incredibile!

Grazie. Questo, come molti altri, lo ha fatto in seta Fausto Sarli, un grandissimo stilista d’alta moda che aveva una passione per l’Orchestra Italiana.

 

Be’, chi non ce l’ha?

E invece ti dico che l’Orchestra italiana è stata penalizzata dal mio successo radiofonico e televisivo. E anche un po’ cinematografico. Tutti hanno sempre parlato di Quelli della notte, Indietro tutta!, questo nonostante io abbia fatto nella vita ben 21 format. Poi ho cominciato in televisione con Speciale per voi, dove tra gli altri ho lanciato Battisti. E ho fatto anche L’altra domenica. Poi sono stato sospeso per cinque anni.

arbore marenco

 

Giusto, per quella gag con troppi rotoli di carta igienica?

Sì, con Bracardi. Ci dicevano che eravamo bravi in radio ma non andavamo bene per la televisione. Capito com’era la RAI?

 

Ti sei sempre scontrato sin dall’inizio con i perbenismi e il pensiero conservatore di stampo democristiano, no?

Eh, sì. La RAI aveva bocciato i Beatles quando ho cominciato. Li avevano definiti “un complesso vocale inglese con difetti d’intonazione”. Ma poi vale lo stesso discorso che ti dicevo prima per l’Orchestra Italiana. È stata penalizzata dalla mia fama. Ma quando poi venivano a vederci cambiavano idea. Io ho fatto 1600 concerti in tutto il mondo in trent’anni di attività con l’Orchestra.

arbore

 

 

Dal 1991 al 2021, fino al Covid. Per far campare 16 persone sul palco, tutti con le rispettive famiglie, dovevamo fare 60-70 concerti all’anno. E così abbiamo fatto. Conta che l’Orchestra è sempre stata stabile, a parte un paio di membri che purtroppo sono morti.

 

Siamo rimasti sempre noi. Dall’Australia alla Piazza Rossa nella Russia di Gorbacëv, dalla Cina alla Spagna, fino al Nord America. Ci siamo tolti tutti gli sfizi che un gruppo si può togliere, tranne la piazza di Pechino. Quella non ce l’hanno data, ma solo il teatro più grande.

zeffirelli tognazzi, baudo, arbore, liza minnelli, boncompagni

 

Sarebbe stato bello suonare con l’immagine di Mao dietro. Abbiamo fatto anche dei dischi di grande successo, tanto che ormai se apri YouTube e cerchi le canzoni napoletane, gli arrangiamenti sono tutti plagiati. Tutti copiati dai miei. Ormai lo standard della canzone napoletana è quello. Ci ho messo del jazz, country, la musica di New Orleans, il tempo second line. Però non ho toccato le melodie tradizionali. Sono troppo belle nella loro semplicità. Molti invece complicano aggiungendo note. Io sono un alfiere di poche not. Vabbè, quindi, da dove vuoi partire con l’intervista, da quando ero piccolo?

 

 

De Crescenzo Arbore e Dago - anni '80

(…)

 

Quindi, la musica di Napoli a casa Arbore c’era sempre.

Sì, poi avevamo questa cameriera che non parlava bene l’italiano. Quando suonava il telefono diceva: “Pronto? Qui casa Ararb”. E allora io col clarinetto suonavo una melodia arabeggiante (ride). E poi da lì a breve è arrivato l’innamoramento per New Orleans e il jazz antico. Quella è stata la mia prima matrice. Inutile negarlo. Ancora oggi lo seguo, insieme ad alcuni superstiti come Paolo Conte o Pupi Avati.

gianni boncompagni, mario marenco, giorgio bracardi e renzo arbore 3

 

Tuo padre però non voleva che diventassi musicista, no?

Già. Lui voleva diventassi dentista come lui. Non è che però mi ostacolasse. Certo, la volta che mi sono presentato a casa con un contrabbasso mi ha detto: “Scegli, o entra lui o entri tu”. Però era un uomo spiritoso, un dentista che faceva ridere i clienti anche durante l’estrazione. Ho preso un po’ da lui la verve comica. Credo sia anche dovuta alla vita di provincia. In provincia per sconfiggere la noia la gente s’inventava scherzi di ogni tipo, ogni sera.

RENZO ARBORE - SPECIALE PER VOI

 

Tipo?

 

Ma tipo che facevamo manifesti funebri di amici o di professori ancora perfettamente vivi. Oppure andavamo a suonare la tromba sotto la caserma alle quattro di mattina per svegliare tutti i militari. Sono grato a Foggia, perché la provincia ti fa conoscere tutti, dal figlio di papà a quello con l’Alfa Romeo, da quello che ha il forno a quello che fa il custode del cimitero. E con tutti loro cammini per il corso.

 

ARBORE CARRA BONCOMPAGNI ARETHA

Questo la grande città non te lo dà. In città frequenti sempre il tuo giro, ma in provincia sei costretto a frequentare tutti. Anche lo scappato di casa. Noi avevamo anche l’inventore fasullo. Si chiamava Umberto Conte e si faceva chiamare Count Humbert. Sosteneva di aver inventato l’acqua tiepida mischiando due litri di acqua calda e due di fredda. Poi da questi personaggi allucinanti ho tratto sketch e battute per tutta la vita. E poi sono andato a Napoli.

 

arbore

Non per fare il dentista, però.

 

No, per studiare Giurisprudenza. Dopo che avevo collezionato qualche svenimento alla vista del sangue, mio padre mi disse: “Se non vuoi fare Medicina, allora vai a fare Giurisprudenza”. Sono andato a Napoli senza sapere di preciso cosa avrei fatto. Però la legge ancora mi affascina. In un’altra vita avrei fatto il magistrato.

 

melato arbore 1

Sono stato bocciato ripetutamente in Diritto Privato, che è l’ossatura della Giurisprudenza. L’ho dato sei volte. Il professore, che non amava quelli di Foggia, mi disse: “Lei è la quinta volta che viene qua. Quindi lei non studia. Io la boccio un’altra volta”. Io invece gli dicevo: “Professore, anche se sono una crapa, io magari in cinque volte qualcosa l’ho imparata”.

 

Alla fine, quando sono diventato Renzo Arbore, un giorno mi ha scritto dicendomi di aver fatto bene a bocciarmi perché ero diventato un entertainer a suo dire bravo. Però, stando comunque lì a Napoli, sono diventato un membro del Circolo Napoletano del Jazz, che allora era molto fervente perché c’erano ancora gli americani. Io lì ci ho visto suonare Louis Armstrong, Dave Brubeck, Ella Fitzgerald.

 

Ma soprattutto, ho avuto la fortuna di conoscere subito Roberto Murolo, che era il mio idolo perché cantava da crooner quando tutti cantavano con la voce alta. Grazie a lui ho scoperto le vere canzoni napoletane, quelle classiche, che sono le più belle al mondo per testi e musica. Poi ci sono anche quelle messicane che sono bellissime. Quindi questa è la mia matrice. E poi vabbè, sono arrivati i Beatles.

arbore

 

 

Quelli che non ti volevano far passare in radio. Come sei entrato in RAI nel ’64?

Il merito è di una signorina che lavorava alla portineria RAI, Vittoria. Malgrado tutte le raccomandazioni, che ci volevano e c’erano ma non sono servite, è stata lei a dirmi che il termine ultimo per presentare domanda al concorso scadeva quel giorno stesso. E quindi sono arrivato primo a questo concorso di “Maestro programmatore di musica leggera” con Boncompagni.

 

E quindi siete stati i primi dj d’Italia.

Eh sì. Conta che dovevamo fare tutti i programmi musicali della RAI. Quindi dovevo occuparmi anche di trasmissioni che si chiamavano Allegre fisarmoniche, al mattino. Oppure Ballate con noi, Musica nella sera, Musica per voi che lavorate. A seconda del programma, dovevo selezionare la musica corrispondente. Sceglievo comunque musica buona, ma un giorno sono andato dal mio superiore a lamentarmi che ci fosse poca Mina, poco Modugno.

patti pravo e renzo arbore (2)

 

 

Lui allora mi disse: “Lei li metta”. Perché all’epoca c’erano stati anche tanti programmatori musicali che si prendevano la cosiddetta ''paiola'', una mazzetta per suonare in radio un determinato brano. Solo che questa gente si faceva beccare subito e io prendevo il posto loro. Io però non ne ho mai prese di paiole. Suonavo la musica che piaceva a me. Il Venerdì Santo si suonava solo musica sacra.

UGO PORCELLI ARBORE

 

E un anno mi diedero l’incarico di curare un programma che si chiamava appunto La Settimana Santa. Siccome ero appassionato di gospel e spiritual, feci una Settimana Santa con Armstrong, Jackson e tutti i cantanti neri che piacevano a me. Questo programma piacque tanto all’allora Presidente del Senato, Bucciarelli-Ducci, che telefonò al direttore generale RAI per chiedere l’intera registrazione. Allora le mie azioni salirono vertiginosamente. Mi dettero subito credito per fare programmi firmati. Il primo è stato Le belle Cenerentole, cioè le belle canzoni che non hanno avuto successo.

 

Quindi mettevi i lati B dei dischi?

 

MARIANGELA MELATO - LUCIANO DE CRESCENZO - RENZO ARBORE

Esatto. E lì poi con Boncompagni abbiamo preso la palla al balzo e siamo andati da questo dirigente, Luciano Rispoli, per proporgli di suonare la musica nuova che stava arrivando dall’estero, quindi i Beatles, i Rolling Stones. Agli altri dirigenti non piaceva l’idea, ma Luciano, che era un amico di Gianni e aveva capito che le nostre idee alla fine funzionavano, ci diede il permesso, dandoci questo titolo Bandiera gialla.

 

Un titolo che già di suo presagiva musica fuori dall’ordinario. Fu un successo strepitoso. Con i transistor all’orecchio, tutti il sabato, che fossero al cinema o allo stadio, ascoltavano la radio per sentire chi aveva vinto a Bandiera gialla. Da lì, poi ho fatto Per voi giovani, dove a fianco alla musica beat mettevo anche italiani come Celentano, Leali.

BATTISTI ARBORE MELATO

 

È vera la storia del B-side di Battisti e Mogol?

È tutto vero. La verità è che quando facevamo la scaletta di Bandiera gialla, noi dovevamo farla approvare ai nostri capi. Era l’anno della musica yéyé, ma non volevamo chiamarla così, perché yéyé era tipo Rita Pavone.

 

Datemi un martello.

roberto d'agostino aldo grasso renzo arbore (2)

Proprio quella roba lì. La partita di pallone. Allora io dissi a Gianni: “Rubiamo il termine beat”. Sapevamo bene che quel preciso movimento voleva dire beat generation, quindi Kerouac, Ferlinghetti e San Francisco. Però noi ce ne siamo fregati e telefonammo ai direttori delle testate musicali dell’epoca, che erano Big, Ciao amici e Giovani, dicendo: “Noi vogliamo partire con questa musica nuova che si chiama BITT: va bene lo stesso?”. E loro ci dissero: “Sì”.

 

ARBORE MELATO 1

Quindi con questa definizione che abbiamo palesemente rubato partì poi la moda bitt, la musica bitt, che poi arrivò anche in Francia dall’Italia. Tutto il fenomeno bitt è colpa nostra: Dik Dik, Equipe 84, Camaleonti, Corvi e praticamente tutti gli animali dell’Arca di Noè. Ora, io ero l’unico abbonato in Italia a Billboard, che come sai pubblicava la classifica Hot 100. Lo pagavo parecchio l’abbonamento, a spese mie. Ogni settimana mi arrivavano i pezzi più freschi. Sono stato il primo ad avere James Brown, Aretha Franklin. Poi nel ’69 arriviamo a quella che dici tu di Battisti e Mogol.

 

Come mai hai fatto un sorrisino su Mogol?

LIBRO RENZO ARBORE E SE LA VITA FOSSE UNA JAM SESSION

Perché Mogol ha una buona memoria, ma questa cosa non se la ricorda mai. Non dice che non è vero, semplicemente non lo ricorda. Però io mi ricordo che venivano a portarci i loro nuovi dischi, le lacche. Ci chiedevano: “Questo ti piace? E questo?”. E quando fu il turno di Acqua azzurra, acqua chiara loro in realtà volevano spingere Dieci ragazze. Io la sentii e dissi: “Ma che è ’sta canzone? È bella ma è strana per Lucio”. Anzi, se posso essere sincero, dissi una cosa più pesante: “Questa roba è Cuore matto per ricchi”. Mogol fece finta di non capire.

 

 

Mi diceva che “Lucio non vende”. Allora gli chiesi di farmi sentire il lato B, che era Acqua azzurra, e decisi di lanciare quella su Speciale per voi. E loro preoccupatissimi: “No! Ma tu ci rovini così! La canzone a metà si ferma su ‘Son le quattro e mezza ormai’! L’altra è più ballabile!”. Però avevo già deciso. Fu un successo tale che anche le edizioni le chiamarono Acqua azzurra, acqua chiara. Fu un periodo bellissimo, tutti insieme al Piper.

ARBORE BONCOMPAGNI BANDIERA GIALLA

(…)

 

Poi c’è quella storia per cui un pezzo di Battisti-Mogol sia ispirato a un tuo amore.

Eccoci qua. Sì, è vera anche quella. Nella mia stessa casa all’epoca abitava Alberto Durante, il direttore della Ricordi, ma ci abitava anche Franco Califano, e anche altre ragazze molto brillanti. Quindi il direttore di Ricordi ospitava spesso a pranzo Mogol e Lucio.

 

Ora, Alberto aveva questa fidanzata di nome Anna, che è stata una vera fonte di ispirazione per Lucio. Il ricordo più bello che ho di lui è che lui non andava mai da nessuna parte: un giorno che era da Durante, io gli dissi che dovevo andare a una festa da Agostina Belli. Gli dissi: “Lucio, io vado a questa festa con Mariangela Melato, una giovane attrice”. E lui: “Ma io non esco mai!”.

renzo arbore orchestra italiana

 

E allora io gli promisi che non gli avrei fatto toccare la chitarra, che non lo avrei obbligato a cantare. A un certo punto siamo alla festa, Lucio vede una chitarra, la prende in mano e dice: “Ti faccio sentire la mia ultima canzone: Io vorrei… non vorrei… ma se vuoi…“. Questa è la canzone del mio amore per Mariangela. Lo dico un po’ commosso perché in questi giorni le intitoliamo una strada qui a Roma, vicino alla Casa del Cinema. E nacque così la nostra storia d’amore.

 

E tutti questi dischi promozionali che hai ricevuto nei decenni dove sono?

ARBORE AL CLARINETTO 384

Stanno in un’altra casa qui a Roma. Io dal ’65 al ’95 ho ricevuto ininterrottamente gratis tutti i dischi che uscivano. Persino quelli della Deutsche Grammophon. Però ora in quella casa vive mio nipote Marco e so che se li sta vendendo. Sono dischi molto preziosi, alcuni introvabili.

 

E il salto dalla radio alla Tv come è avvenuto?

l altra domenica 4

È venuto a vederci in radio un direttore della televisione e mi ha chiesto se volessi fare Tv. Io ovviamente ho risposto: “Magari!”. E allora è nato Speciale per voi, che è praticamente il primo talk show televisivo in Italia. Non c’erano cose del genere. C’era solo un momento breve di Enzo Biagi che si chiamava Dicono di lei, un breve programmino. Peraltro, Speciale per voi era libero, perché i ragazzi del pubblico potevano letteralmente fare le domande che volevano, una cosa inconcepibile allora. Specie perché molti erano attivisti. Tant’è vero che dopo due anni mi hanno tolto la trasmissione e l’hanno affidata a un democristiano. Da lì è vissuta ancora un annetto e poi è morta.

 

l altra domenica 5

 

Hai sempre sofferto un po’ questa cosa della censura, dei perbenismi di una certa Italia, vero?

Be’, sì. Questa cosa c’è sempre stata.

 

Forse è di famiglia: tua madre non è imparentata con Carlo Cafiero, l’anarchico che per primo tradusse in italiano il Capitale di Marx?

Imparentata sì, ma alla lontana. È più una leggenda di famiglia. La famiglia Arbore era un po’ repubblicana, un po’ monarchica, sicuramente anche un po’ aristocratica. Tante cose. Sicuramente lo spirito ribelle e antisistema ce l’ho sempre avuto. Io ho sempre cercato di fare l’altro. L’altra domenica era il corrispettivo irriverente a Domenica in di Corrado. Il primo quiz a casa, il primo gruppo di musicisti di strada messo in Tv, il primo trio a travestirsi da donna – le sorelle Bandiera – il primo gruppo di ragazze che parlavano invece che fare le vallette.

sorelle bandiera

 

 

Erano Isabella Rossellini, Silvia Annachiarico e Milly Carlucci. Tutte quelle primogeniture erano l’altro intrattenimento, in contrasto con quello noioso e conservatore. Io poi non avevo grandi numeri di ascolti, ma avevo un pubblico di qualità. I grandi numeri non li ho fatti con Quelli della notte o con L’altra domenica. Li ho fatti con i programmi in prima serata tipo Il processo a Sanremo o questo che tornerà a breve in onda, Cari amici vicini e lontani.

 

Quelli della notte rimane una delle cose più famose degli anni ’80 italiani.

Davanti il camerino di Renzo Arbore

Sì, grazie a Roberto D’Agostino rimane il manifesto degli anni ’80. Noi arrivavamo dagli anni ’70 che sono stati comunque un guaio. Erano anni terribili. Accendevi la radio e sentivi di tutto. Erano gli anni di piombo. Io poi vivevo in Piazza Navona con Mariangela. Sentivo i katanga che sfilavano sotto la finestra nella piazza. Quelli della notte è stato un ritorno al poter ridere, si può fare made in Italy, la Milano da bere, Craxi e l’abbondanza degli anni ’80. Sono stati anni piacevoli. Si è tornati a sorridere. Si poteva sfoggiare la camicia nuova senza essere tacciati di infamare il popolo. In quegli anni con Bracardi e Marenco abbiamo fatto ridere tanto, noi stessi in primis.

l altra domenica 6

 

 

Comunque mi hai praticamente elencato il cast di uno dei tuoi due film da regista, Il pap’occhio. Rimane iconica la scena della guardia svizzera che chiede: “Il signore è con voi?”, e tu pensi che stia parlando di Marenco.

Poi anche il Papa lo dice e io faccio la parte dell’ignorante. Marenco è stato uno dei più grandi umoristi con cui io abbia mai avuto a che fare, insieme a Paolo Villaggio. Comunque anche Il pap’occhio fu vittima di censura. Un procuratore della Repubblica dell’Aquila che pare non avesse manco visto il film, si chiamava di Bartolomei, fermò per 40 giorni la proiezione del film per vilipendio alla religione di Stato.

 

Dal Vaticano non abbiamo avuto mai nessun problema. Quando alla fine ho conosciuto il capo ufficio stampa dell’Opus Dei, lui mi ha sdoganato Il pap’occhio. Mi disse che quel film non offende per nulla la religione cattolica. Anzi, ha tuttora molti fan nel Vaticano. Voglio dire, Benigni nella parte di Giuda…

 

mogol battisti

 

Come ti sembra l’entertainment di oggi?

Non c’è più il varietà. Manco negli Stati Uniti, non ai livelli di Ed Sullivan o Dean Martin, che è un mio grande idolo. Ci sono dei tentativi miseri. Ma il varietà vero è sofferente. Tutti preferiscono fare i talk show. Non c’è più la televisione d’autore. Nessuno s’inventa più niente.

 

Una volta trovata una formula si va avanti con quella per sempre. Io ogni tanto guardo la televisione, soprattutto i talk show, ma non molte fiction, che comunque sono fatte perlopiù bene. Naturalmente, oggi c’è molto gossip, che è una cosa che non mi piace molto. Il pettegolezzo. Sono andato via dalla mia città perché ero l’oggetto dei gossip. Ma non mi occupo delle cose degli altri, per educazione. Nel nostro ambiente, dei grandi esponenti fingono amicizia per poi parlarti alle spalle. “Please don’t talk about me when I’m gone“.

mariangela melato renzo arbore

 

Inteso quando sei assente o quando non ci sarai più?

No, quando sono assente. Alla morte ci penso ma non ne parlo. Però ti devo dire la verità: alcuni amici hanno messo da parte praticamente tutto il mio repertorio, che non è soltanto infinito ma è tutto ripetibile. Perché io dolosamente ho fatto sempre tutto perché sopravvivesse alla mia vecchiaia. Non ho fatto attualità, satira o imitazioni che potessero legarmi a un preciso periodo storico. A parte rarissimi casi.

 

Hai fatto solo evergreen! Saggio.

Ho sempre pensato a cose che non hanno riferimenti con l’attualità. Così non puoi collocarle in un periodo preciso, non possono invecchiare mai.

renzo arborerenzo arbore sorelle bandieraMarisa Laurito con Renzo Arbore

 

IL PEGGIO DI NOVELLA 2000 - RENZO ARBORE ROBERTO DAGOSTINOil papocchio 5il papocchio 4

renzo arbore dalida e gianni boncompagni foto marcello geppetti:foto marcello geppetti:mgmcrenzo arbore gigi proiettimara venier renzo arborerenzo arbore adriano celentanoarbore quelli della notterenzo arbore roberto benigni

IL PAPOCCHIOArbore e Dago, presentazione de "Il peggio di Novella 2000" - 1986andy luotto e renzo arbore

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DAGOREPORT - DONALD TRUMP È STATO CHIARO CON ZELENSKY: SE CEDE LE QUATTRO REGIONI OCCUPATE DAI RUSSI, OLTRE LA CRIMEA, A PUTIN, USERÀ IL SUO SÌ PER MINACCIARE MOSCA. SE “MAD VLAD” NON ACCETTA DI CHIUDERE SUBITO IL CONFLITTO, ARMERÀ FINO AI DENTI KIEV – IL TYCOON PUTINIZZATO FINGE DISTANZA DALLO ZAR DEL CREMLINO: "VUOLE ANDARE FINO IN FONDO, CONTINUARE A UCCIDERE, NON VA BENE...". MA È SCHIACCIATO SULLE PRETESE DI MOSCA: HA PROMESSO A PUTIN CHE L’UCRAINA INDIRÀ ELEZIONI UN ATTIMO DOPO IL CESSATE IL FUOCO – LA RISATA DA VACCARO DEL CALIGOLA DI MAR-A-LAGO DI FRONTE ALLA CONFERENZA PER LA RICOSTRUZIONE BY GIORGIA MELONI: MA COSA VUOI RICOSTRUIRE SE C’È ANCORA LA GUERRA?